Il plot twist dell‘episodio precedente si è rivelato in realtà un fuoco di paglia visto che Yemos è ancora vivo, mentre il ritorno in grande stile di Amulius era facilmente prevedibile. Non proprio una puntata eccelsa a livello di sceneggiatura ma, comunque, non mancano gli spunti interessanti.
I SABINI
La devozione cieca e totale della popolazione e, soprattutto, dell’esercito nei confronti del loro Re è guidata dall’idolatria: Titos infatti è riuscito a imporsi come figlio del Dio Sancos e questo gli conferisce un potere assoluto che nessuno osa mettere in dubbio.
La caratterizzazione di Titos, interpretato da Emanuele di Stefano, continua a non convincere a pieno, poiché nonostante gli aspetti interessanti di questo mix tra potere monarchico e aspetto religioso, spesso i dialoghi del character non risultano essere all’altezza, con il risultato finale di un personaggio a tratti macchiettistico.
Anche il ritorno di Amulius, datosi alla fuga in “Superbos“, è apparso molto scontato sin dal secondo episodio e il suo nuovo ruolo di capo dell’esercito sabino potrebbe presagire una nuova scalata al potere come era stata durante la prima stagione. Un personaggio sicuramente importante e ben riuscito, motivo per cui si è scelto di lasciarlo in vita, ma che si spera abbia uno sbocco narrativo meno prevedibile rispetto ad un ipotetico ritorno al potere.
IL VIAGGIO DI WIROS
“La città che ha due re alla fine dovrà piangere il suo sovrano. Di due, ne rimarrà solo uno in vita. Il falso re troverà la morte, il vero re invece vivrà e il suo nome da quel momento sarà per sempre legato a quello della città: Romulus, perché regnerà su Roma.”
La profezia della Sacerdotessa del Dio Sancos per ora sembra non si sia avverata con un inversione di ruoli tra Yemos e Wiros nel finale di puntata, dove ora è il secondo a rischiare la vita.
Risulta interessante l’evoluzione di Ersilia, la sacerdotessa sabina che puntata dopo puntata sta legando con Wiros e inizia a intuire l’importanza del legame tra i due Re che con la loro duplice reggenza stanno cambiando tutte le convenzioni monarchiche, anche se la profezia incombe sempre su Roma.
Da sottolineare le location suggestive intraviste durante il viaggio di Wiros, sintomo anche di un aumento del budget a disposizione, e pienamente in linea con la storia ambientata intorno all’ VIII secolo A. C..
Per quanto riguarda invece la missione intrapresa da Wiros, se da un lato si può riscontrare una certa importanza ontologica del viaggio che lo porterà a salvare il fratello/Re, bisogna anche dire che vi sono una serie di forzature evidenti, prima fra tutte l’aspetto medico del salvataggio di Yemos, anche se vista l’ambientazione arcaica non si può pretendere troppo realismo in tal senso.
Resta ora da capire il ruolo di Ilia che sembra sia stata catturata e in che modo volgerà la guerra tra Roma e Cures, temporaneamente sospesa in questo quarto appuntamento stagionale per lasciar spazio ad un aspetto più mistico della narrazione.
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Un buon episodio per la serie di casa Sky ma caratterizzato da diverse criticità che ne compromettono la piena riuscita e la valutazione complessiva che non si attesta oltre una sufficienza piena. Giunti esattamente a metà di questa seconda stagione Romulus ha comunque confermato di essere un ottimo prodotto televisivo del suo genere, una scommessa per una produzione italiana che ora però risulta ampiamente vinta.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.