Cosa potrebbe mai andare storto in una puntata in cui Richie viene mandato a fare uno stage di una settimana presso un ristorante stellato? Probabilmente molto meno di quanto si pensi perché, in fondo, c’è un motivo se Richie è ancora un membro dello staff e no, non è perché è cugino di Carmy.
Se “Honeydew” è stata la puntata di Lionel Boyce e del suo Marcus (e di Will Poulter), questa “Forks” è quella in cui la star è Ebon Moss-Bachrach (e una sorprendente Olivia Colman che compare giusto prima dello scoccare del gong). Moss-Bachrach aveva già sorpreso più che positivamente nella scorsa stagione ma in questo episodio, anche grazie ad un’ottima sceneggiatura firmata da Alex Russell (sempre suo lo script di “Just Not All At The Same Time” di Beef), eleva ulteriormente il suo character portandolo ad un’evoluzione insperata che getta delle nuove basi da cui poter rinascere.
Chef Terry: “He believes in you.”
Richie: “What makes you think that?”
Chef Terry: “He told me. He said you’re good with people. He is not wrong.”
IL CAMBIAMENTO CHE NON TI ASPETTI
Richard “Richie” Jerimovich non è una personalità facile. È fondamentalmente considerato come inutile all’interno del ristorante visto che non sa cucinare, prende spesso decisioni sbagliate e ha un carattere piuttosto forte che si scontra con tutti perché è convinto di avere sempre ragione. Eppure, sotto sotto, è fondamentalmente travagliato, insicuro, alla ricerca di uno scopo nella vita che non ha mai veramente trovato e che sembra costantemente irraggiungibile. Vedasi la richiesta fatta a Cicero nell’episodio flashback ma soprattutto la chiamata ricevuta in questa puntata dall’ex moglie Tiffany che gli annuncia il suo “sì” per una nuova proposta di matrimonio arrivata dall’attuale fidanzato.
Come spesso accade, è proprio nei momenti più bui che si trova la luce più brillante, una luce che magari viene indicata da un amico o un famigliare (Carmy in questo caso) ma che non può essere trovata se la persona che ha toccato il fondo non vuole veramente cercarla (Richie sempre in questo caso). Ed è esattamente durante tutto l’arco della puntata che si può appurare il cambiamento di Richie che passa dal percepire questa esperienza come una punizione all’essere dispiaciuto che la settimana sia già terminata.
Garrett: “I used to work for this guy who used to say that taking care of people at the highest level was like working at a hospital. […] I think that’s why restaurants and hospitals use the same word: hospitality.“
EVERY OROLOGIO COUNTS
In The Bear il tempo è una componente fondamentale della narrazione. Nel clamoroso “Review“, quell’episodio che andrebbe insegnato in ogni scuola di cinema per essere un solo incredibile piano sequenza, c’è una lotta contro il tempo per essere pronti prima dell’apertura del ristorante, il che porta ad avere una pressione psicologica non indifferente.
L’accezione “negativa” dell’avere una scadenza che è utilizzata da Christopher Storer per accelerare il ritmo e mettere più pressione psicologica assume un connotato quasi “positivo” in questo episodio portando sia Richie che lo spettatore a venire a patti con il tempo. “EVERY SECOND COUNTS” recita il motto sotto l’orologio nella cucina di Chef Terry, è un motto che Carmy ha rubato fatto suo e che Richie interiorizza anticipando l’orario della sveglia giorno dopo giorno. È un piccolo dettaglio che fa riflettere ma che ha una profondità enorme sia dal punto di vista personale che narrativo, perché trasforma la frenesia in cucina in un’arma che bisogna saper padroneggiare e non temere.
Si, ogni secondo conta ed è esattamente la ragione che può fare la differenza tra un ristorante di successo e uno mediocre, tra uno chef rispettabile e uno che lo fa solo per i soldi, tra un Richie prima della settimana con Chef Terry e dopo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Forks”, un po’ come “Fishes“, è un episodio praticamente perfetto sotto ogni aspetto: è profondo, tocca corde inaspettate e fondamentalmente rende giustizia ad un character che ha un potenziale inespresso oscurato completamente da un carattere burbero. E forse questo è l’episodio della sua svolta.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.