Nell’era della santificazione a reti unificate della cucina (sia stellata che popolare) The Bear sin dal pilot ha provato a proporre qualcosa di radicalmente diverso, mostrando quanto il mondo in cucina possa essere violento, stressante e tossico per chi ci lavora quotidianamente.
La cucina allora è diventata uno strumento narrativo per trattare tematiche molto importanti come l’alcolismo, la tossicodipendenza, le famiglie disfunzionali e tutti i traumi psicologici che ne conseguono.
La sfida è stata ampiamente superata visto il largo seguito che ha ottenuto lo show, grazie anche alla ottima performance attoriale di Jeremy Allen White.
ASPETTI TECNICI
Appare evidente come dopo il successo ottenuto dalla prima stagione in casa FX abbiano deciso di aumentare notevolmente il budget e gli effetti sono ben visibili agli occhi degli spettatori, dalla qualità del lato tecnico, superiore rispetto al primo ciclo stagionale, al potersi permettere di ambientare un’intera puntata in una capitale europea.
La regia di Rami Youssef è perfetta in ogni inquadratura e impreziosita da un’ottima colonna sonora, mentre il montaggio serrato presente a inizio episodio è ormai una certezza consolidata puntata dopo puntata e agisce come countdown sulla fatidica apertura del nuovo locale, sempre più in bilico a dire il vero.
Da non sottovalutare poi la splendida fotografia che restituisce allo spettatore tutto il fascino e la tranquillità di Copenaghen, nella quale Marcus sembra vivere quasi in un mondo alternativo rispetto alla caotica Chicago dove tutto è frenetico e in continuo cambiamento.
COPENAGHEN
Il cambio di location si fa apprezzare e non solo per la bellezza della capitale danese, ma anche perchè si esce dalla cucina del “The Original Beef of Chicagoland”, dove è stata ambientata praticamente tutta la prima stagione, per esplorare nuovi luoghi, come già successo nell’episodio precedente.
Marcus, ben interpretato dal semisconosciuto Lionel Boyce, è un personaggio secondario a cui è stato dedicato poco screen time e la scelta di dedicargli un’intera puntata è sicuramente felice, dando finalmente al character un background famigliare e lavorativo, approfondimento necessario per l’evoluzione del personaggio.
In questa puntata la serie, dopo aver sempre mostrato tutti i lati peggiori del mondo della cucina, con un’inversione di tendenza prova a mostrare un universo lavorativo più sano e sostenibile e lo fa grazie allo chef Luca e al suo modo di trattare il collega di Chicago, insegnandogli i trucchi del mestiere senza mai vessarlo o porsi su un livello superiore.
Il cuoco, interpretato per l’occasione dal noto Will Poulter, propone a Marcus una sua idea di cucina diversa dove non bisogna essere per forza il numero uno per essere bravi nel proprio mestiere, con l’ossessione del primato tipica di quel mondo, approcciandosi con meno pretese assolutistiche ma consci della proprie potenzialità, per poter crescere sia a livello professionale che umano.
Il risultato finale sembra ampiamente positivo per Marcus che come tutti i personaggi della serie sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti e forte crescita, che lo rende uno dei character più interessanti della serie con ancora un ampio margine di sviluppo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una puntata semplicemente perfetta in tutte le sue componenti, da quelle tecniche a quelle narrative, focalizzata su un personaggio secondario come Marcus che meritava sicuramente più spazio all’interno dello show. La valutazione non può che essere il massimo dei voti, primo Bless stagionale per The Bear, figlio anche di episodi precedenti ampiamente positivi. La sensazione è che questa seconda stagione non deluderà le grandi aspettative che ci sono su questo prodotto seriale. Fino ad ora sono state ampiamente ripagate e con ancora sei episodi a disposizione l’hype è sicuramente notevole.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.