The Last Days Of Ptolemy Grey 1×06 – PtolemyTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Last Days Of Ptolemy Grey 1x06 recensioneUna delle caratteristiche più funzionali delle miniserie è ovviamente quella di condensare in pochi episodi un intero arco narrativo, senza fronzoli vari o dirottamenti inutili di trama. Una storia breve e coincisa che arriva in maniera netta e immediata all’obiettivo.
The Last Days Of Ptolemy Grey rientra perfettamente in tale descrizione, riuscendo in un totale di appena sei episodi a raggiungere lo scopo prefissatosi sin dall’inizio. Il tutto adattando, come sottolineato già nella recensione del pilot, il racconto del romanzo di Walter Mosley con le intenzioni di Samuel L. Jackson.

“If you had a free day, rent paid, money in the bank… what would you do?”

PTOLEMY


Rispettando la presentazione di ogni episodio, ognuno con il titolo dedicato ad un personaggio diverso ma a loro modo fondamentali nella vita del protagonista, la serie conclude il suo viaggio giustamente concentrandosi sullo stesso Ptolemy.
La fine del percorso si ricollega inevitabilmente al primo episodio, quando la serie era iniziata proprio da un flashforward che mostrava un Ptolemy in piena fase di vendetta. A tal proposito, va detto che questo evento ha un po’ sviato l’idea iniziale della serie. Durante i primi minuti di “Reggie”, infatti, tutto lasciava presagire uno sviluppo più mirato ad un regolamento di conti che ha poi assunto contorni più concreti alla scoperta della morte di Reggie. Quello che ci si aspettava, quindi, era un ultimo episodio più incentrato sull’azione e la violenza, una faida in piena regola per portare Ptolemy ad ottenere la vendetta per la morte del nipote. A posteriori, però, il risultato finale assume un senso decisamente più profondo. The Last Days Of Ptolemy Grey si mantiene così non incentrato sull’azione, bensì sull’introspezione del suo protagonista, analizzando nel dettaglio tutti quegli elementi che Samuel L. Jackson voleva portare sullo schermo.
“Ptolemy” è l’ultimo viaggio di mr. Grey, così come da lui stesso preventivato, solo che la sua fine assume contorni molto più drammatici di una “semplice” morte. Da ammirare è la costruzione dell’intera puntata che si divide in maniera organica dando un giusto spazio a tutti gli elementi che andavano presi in considerazione. L’ultimo giorno vissuto davvero da Ptolemy si divide ripercorrendo i desideri passati con la sua Sensia, tra visite culturali e passeggiate in riva al lago, per poi dedicarsi all’obiettivo primario ormai rimasto nella mente del protagonista: la vendetta. Vendetta che si presenta in maniera estremamente dolceamara perché in modo brutale coincide con la fine dell’effetto del medicinale miracoloso. Ed è qui che la serie riscopre le proprie carte, riportando alla mente dello spettatore quale fosse il suo obiettivo reale.

EFFETTO ROBYN


La resa dei conti con l’assassino di Reggie si conclude praticamente a metà episodio, lasciando il finale tutto dedicato alle conseguenze della malattia di Ptolemy. Ed è qui che la serie raggiunge nuovamente uno standard elevato grazie alle eccellenti interpretazioni dei suoi due protagonisti. Fenomenale è ovviamente Samuel L. Jackson che nelle scene finali ripropone quelle drammatiche sfumature dei primi episodi, dove un Ptolemy confuso e in balia della sua stessa mente fa nuovamente fatica a concepire la realtà che lo circonda e la situazione in cui ormai si trova costretto.
Ma la seconda parte dell’episodio è utile per dare il giusto spazio anche alla figura di Robyn, sia da un punto di vista di trama, con la questione eredità, ma soprattutto da un punto di vista umano. La presenza di Robyn nella serie è stata fondamentale sin dall’inizio per accompagnare il cammino di Ptolemy. Quest’ultimo, infatti, ha seguito due percorsi differenti: il primo nella propria mente, guidato dal “fantasma di Coydog” presente come una sorta di grillo parlante; il secondo quello nella realtà, dove ad indicare la direzione è stata proprio Robyn. Essenziali, dunque, risultano le ultimissime scene dei due protagonisti, che regalano attimi ad altissimo impatto emotivo, oltre a confermare l’ottima intesa tra i due attori: oltre Samuel Jackson, infatti, rilevantissima è stata anche la performance di Dominique Fishback per tutto il corso della serie.

OBIETTIVO RAGGIUNTO


Precedentemente si sottolineava come lo show avesse raggiunto l’obiettivo primario impostosi da Samuel L. Jackson con la scelta di tale produzione (delle sue personalissime motivazioni si è già accennato nella recensione del pilot).
A serie finita non si può che confermare la piena riuscita del progetto. Come detto, la messa in secondo piano della vendetta di Ptolemy non ha fatto altro che aumentare l’attenzione su quello che era il concetto essenziale dello show: la perdita di sé stessi e il declino umano causato dalla malattia. E la nuova perdita della stabilità mentale di Ptolemy negli attimi clou del confronto finale serve proprio a dare enfasi a tutta la storia e al suo significato sin dall’inizio.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Samuel L. Jackson regala un’interpretazione straordinaria
  • Dominique Fishback bravissima 
  • Il rapporto tra Ptolemy e Robyn fino alla fine 
  • La serie raggiunge il suo scopo: dare enfasi alla perdita della propria stabilità mentale. E la performance di Samuel Jackson ne esalta senz’altro la drammaticità 
  • Aspettative sul flashforward un po’ deluse
  • L’episodio perde un po’ di verve narrativa in fase intermedia 

 

Una storia dai risvolti strazianti per l’animo umano che colpisce ancora più nel segno grazie ad un Samuel L. Jackson completamente calato nella parte.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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