Clarice 1×05 – Get Right With GodTEMPO DI LETTURA 4 min

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Recensione Clarice 1x05

Clarice è una serie che si sviluppa in maniera non troppo differente rispetto a molti altri thriller polizieschi. Ciò su cui realmente si costruisce gran parte dell’attrattiva nei confronti di questo serial televisivo è il suo diretto collegamento a uno dei film più amati di sempre: The Silence Of The Lambs.
Clarice si fa forza di questo legame, essendo le vicende narrate direttamente in continuità con quelle trattate nella pellicola, e sfrutta la trama della serie per rievocare e riesumare in qualche modo gli eventi del film di ispirazione.
Nessun episodio probabilmente ha avuto tanti rimandi a The Silence Of The Lambs quanto “Get Right With God”. Se però è vero che i fan si aspettano giustamente molti riferimenti, è altrettanto vero che una dipendenza così stretta a una pellicola rischia di penalizzare la serie, impedendole di trovare un’identità propria.

LO STATO PSICOLOGICO DI CLARICE


Clarice: “Why did I burn the letters?”
Maresciallo Starling: “I don’t know, Reesey. Maybe you thought I could read smoke signals. Or maybe there was something in what you wrote that scared you. Something you saw.”
Clarice: “…In the barn.”
Maresciallo Starling: “What’d you see in the barn?”

Come già è stato mostrato nei precedenti episodi, la serie tiene molto all’approfondimento psicologico della protagonista. Che sia attraverso dialoghi con criminali, psicologi veri e propri o altri agenti federali, la Starling ha sempre ricevuto un approfondimento della propria mentalità e struttura di pensiero.
Molto del suo personaggio si fonda sui traumi passati, tanto in relazione a Buffalo Bill quanto alla propria infanzia e alla perdita del padre.
“Get Right With God” sviluppa la propria trama proprio attorno alle allucinazioni e i sogni di Clarice, facendo sì che sia il suo stesso inconscio a farle da interlocutore stavolta. L’episodio affronta i due più grandi punti di svolta del passato della donna, riportando quest’ultima mentalmente nelle stesse situazioni traumatiche. Vale a dire riconducendola nella fossa in cui Buffalo Bill teneva prigioniere le proprie vittime o di fronte al padre.
E’ quest’ultimo scenario il più interessante, sia perché mostra allo spettatore qualcosa di relativamente nuovo rispetto a ciò che già conosce, sia perché le dinamiche stesse sono particolari. Clarice sembra infatti sia conscia che ignara di star in realtà dialogando con se stessa e non realmente con suo padre, rendendo la scena molto accurata dal punto di vista psicologico e onirico e investendo maggiormente lo spettatore.

LO STATO FISICO DI CLARICE


Stavolta Clarice è vittima diretta della tortura fisica e psicologica di una criminale. La serie infatti non si limita ad utilizzare questo espediente narrativo per approfondire psicologicamente il personaggio principale, ma pone effettivamente Clarice nella posizione di vittima indifesa. Significativo, in tal senso, è il parallelismo con Catherine: durante il suo viaggio illusorio, Clarice si ritrova infatti intrappolata nella fossa di Jame Gumb (AKA Buffalo Bill).
Questo proprio a rimarcare il suo sentirsi effettivamente prigioniera e intrappolata per mano di un criminale pericoloso, rivivendo sulla propria pelle ciò che avevano subito le vittime di Gumb.
Va detto però che la serie esagera nella resa teatrale e spettacolare, andando a rompere la coerenza logica del rapporto tortura-stato fisico di Clarice pur di intrattenere lo spettatore e alimentare il pathos scenico.
Se da una parte certamente la suspense riesce ad essere mantenuta e il senso di angoscia è palpabile, dall’altra la resa sommaria perde di credibilità, mostrando una Clarice troppo stabile nonostante tutti i traumi subiti. Questa non è una colpa che va per forza attribuita a Rebecca Breeds, interprete del personaggio, ma probabilmente alla scrittura stessa dell’episodio. Per fare un semplice esempio, Clarice è troppo tranquilla dopo aver subito diverse scariche da un defibrillatore, riuscendo comunque a pensare e a parlare lucidamente, con a malapena un po’ di fiatone.

RICHIAMI E CITAZIONI


Come già affermato, “Get Right With God” è forse l’episodio con più riferimenti all’opera originale, pellicola o romanzo che sia.
Scelta perfettamente comprensibile, essendo questo un episodio in buona parte incentrato sui traumi di Clarice e sui conti che la donna deve fare col proprio passato. Quasi tutti i richiami presenti riguardano il personaggio di Buffalo Bill, effettivamente prima fonte di reale trauma per la donna. Molto apprezzata è anche la citazione all’ultima iconica frase pronunciata da Gumb nel romanzo prima di morire: “How does it feel to be so beautiful?”.
Se per ora la serie riesce a reggersi bene sulle spalle solide del successo dell’opera di riferimento, va chiarito che la stessa debba però riuscire a trovare in fretta una propria stabilità e una propria identità. Il rischio è che Clarice possa essere ricordata come la dimenticabile serie spin-off di “The Silence Of The Lambs”, senza realmente lasciare un’impronta permanente nella memoria degli spettatori.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Approfondimento psicologico di Clarice
  • Clarice come vittima e parallelismo con Catherine
  • Riferimenti all’opera originale
  • Realismo altalenante nella resa dello stato fisico e mentale di Clarice
  • Episodio forse tirato un po’ troppo per le lunghe, pur rimanendo godibile
  • La serie deve ancora trovare una propria identità

 

Un episodio apparentemente monotono e povero di eventi, ma in realtà molto interessante nonostante la lunga durata. Tutto sommato “Get Right With God” è una buona puntata, ma che non riesce comunque a far spiccare la serie nel vasto catalogo di thriller già presenti in televisione.

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