“Loaaaaaa!”
(Isabelle che chiama Laurent ogni tanto)
The Walking dead ha saputo spremere spaziare per tutto il suo universo narrativo, proponendo di tutto: serie antologiche, antefatti come fu l’inizio di Fear The Walking Dead, addirittura roba ambientata in un futuro e in una società riorganizzata. Ci può stare approfondire personaggi singoli resi celebri dalla serie madre, come è stato per Maggie e Negan, o come effettivamente era lecito fosse per Daryl. Sempre nell’ottica di ampliare l’universo narrativo di The Walking Dead, volendo ammettere sia lecito continuare a sfornare prodotti narrativi ambientati durante un’apocalisse zombie, cambiare totalmente location poteva essere un ulteriore spunto interessante.
Ma non mandando Daryl in Francia. Non ha nessun senso. Guardando The Walking Dead: Daryl Dixon sembra come quando si sbaglia irrimediabilmente ingrediente in una portata, come quando si mischiano compagnie diverse e incompatibili che si sceglie di frequentare in contesti diversi.
A questo punto aspettiamoci Carol in Umbria.
STRUTTURA A “ODISSEA”
Daryl come moderno Ulisse sbarca in Francia. E si è già capito che questa cosa ha lasciato perplessi. La struttura dello show per ora non sembra quella di classica staticità, con un nemico alla porta da respingere/combattere, come spesso The Walking Dead ha abituato. Come un moderno Ulisse, Daryl si sposta con il suo intero carrozzone (che durante l’episodio si arricchisce) attraverso una Francia brulicante di disagio.
Avrebbe meritato maggior spazio, o forse no, il folle direttore d’orchestra che dirige dei walkers malamente legati a strumenti. Se a questo scenario si aggiunge il night club, non si può non applaudire alla varietà scenica che va ad arricchire il già frastagliato universo narrativo (dove in uno dei tanti spin-off ad un certo punto si parla pure di birra!). Tuttavia si torna sempre allo stesso punto: Daryl ha qualcosa a che vedere con tutto ciò?
Vista la sua voglia enorme di tornare a casa si può pensare a lui anche come una specie di Dorothy. Con la Francia come il suo regno di Oz. Se non altro però lì il tornado che portava la protagonista lontano da casa era più credibile.
STEREOTIPI A PIOGGIA
C’è poi quel problemino di quando si prova a raffigurare l’Europa dal punto di vista degli Stati Uniti: gli stereotipi. Ecco quindi che i personaggi che Daryl incontra (non esattamente ad inizio apocalisse) sono tutti dediti all’arte, alla cultura, alla vita notturna, alla rivoluzione. Il tutto in salsa zombie. Sarebbe come se sul The Walking Dead originale, visto che è ambientato negli USA, tutti fossero pieni di pistole. Ah no, aspetta…
Scherzi a parte, come se da un punto di vista europeo stessero sempre a mangiare hamburger e pancakes in caffetterie. No. C’è un’apocalisse e si cambia stile di vita.
Ad un certo punto un personaggio dice una cosa come “voi siete un paese giovane, sai quante ne abbiamo già passate noi?” solo per giustificare la presenza di un bunker in cui era stato costruito un night club. Interessante punto di vista, soprattutto con i teschi risalenti al tempo della peste nera. Certo poi si ricade nell’esibizione musicale in perfetto stile “night parigino“. Uno scenario che la figura minimal di Daryl non meritava.
ALL’IMPROVVISO LA SOAP
Poi, nel finale, con la casualità per cui TWD ha fatto scuola, avviene l’incontro tra Isabelle e il suo ex. Che guarda caso è a capo di tutto. Nell’arco di pochissime battute arrivano a raffica colpi di scena degni del lavoro secolare di alcune soap opere. Quinn se l’era fatta con Lily, la sorella di Isabelle, e quando scopre che questa aveva avuto un figlio se la prende con la ex cornificata (che non sapeva di essere tale) perché non le aveva detto di Laurent. Come faceva la povera Isabelle a sapere di avere questo dovere morale?
La scena con inseguimento finale regala un po’ di pathos a questo dispersivo terzo episodio e se non altro dà la sensazione allo spettatore che le divagazioni saranno comunque poche, visto l’esiguo numero di episodi. Per fortuna.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Si fatica a seguire con attenzione la narrazione di questo ennesimo spin-off. Rimane il clima forse un po’ suggestivo, ma paragonare Daryl a Jim Morrison non darà un senso allo sbarco del personaggio in terre d’oltralpe.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.