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“There are people who fly every weekend from L.A. to Vegas. This is their story.”
(log-line iniziale)
Il pendolariato è una pratica che molti studenti universitari e lavoratori conoscono bene. Si tratta di fare ogni giorno un tragitto più o meno lungo (quasi sempre con mezzi pubblici) per arrivare al proprio posto di lavoro/studio. Una situazione esistenziale che, se vista con occhio distaccato e ironico, può potenzialmente dare vita a numerose situazioni “da commedia” data la concentrazione di umanità varia in uno spazio esiguo. Tanto più se questo spazio esiguo è un aereo. E, più precisamente, l’aereo che fa la spola ogni giorno tra Los Angeles e Las Vegas (ebbene sì, c’è bisogno dell’aereo per andare in questi due posti).
Già da questa premessa si capisce come LA To Vegas abbia tutte le carte in regola per diventare una delle sit-com più originali di quest’anno proprio per il fatto che sfrutta un’ambientazione che finora, stranamente, era stata trattata solo di sfuggita e non si capisce bene come mai nessuno ci avesse pensato prima (una sit-com simile è stata prodotta dalla Rai qualche anno fa, ma con scarso successo).
In questo pazzo micromondo si svolgono le vicende di Ronnie (Kim Matula), una giovane e ambiziosa hostess della compagnia aerea Jackpot (un nome che è già una garanzia) che sogna di passare a una compagnia aerea più prestigiosa e magari girare di più il mondo, invece che fare i soliti 435,2 km al giorno tra Los Angeles e Las Vegas. Nell’introduzione dell’episodio è sicuramente lei il motore di tutte le principali gag, sia fisiche (la corsa forsennata per raggiungere l’aereo) sia dialogiche con il collega gay Bernard (Nathan Lee Graham), portatore sano di acidità verso tutto e tutti.
Insieme a loro completano il cast di presenze fisse: il vanitoso capitano Dave Prantman (Dylan McDermott) e i due passeggeri abituali Artem (Peter Stormare) e Nichole (Olivia Macklin); questi ultimi due si confermano come le vere macchiette comiche dello show, sicuramente le più funzionali allo scopo.
È interessante notare come la maggior parte di questo cast sia composto da attori provenienti per lo più da serie tv drama. Kim Matula, infatti, è una delle attrici di Beautiful, Dylan McDermott ha recitato in ben due American Horror Story, mentre Peter Stormare è stato una delle rivelazioni migliori di quest’anno in American Gods nei panni del dio Chernobog (anche se in quel caso l’accento straniero ci stava bene, qui sembra non azzeccarci molto). Questo va sicuramente a loro favore in quanto è sicuramente una bella prova di versatilità da parte degli attori. Ma è anche una sorpresa per lo spettatore che potrebbe così essere interessato a vederli recitare in un ruolo completamente diverso dal solito.
Per il resto la puntata scorre abbastanza velocemente e ha una struttura abbastanza classica in cui i vari input narrativi vengono annunciati fin da subito e incastrati alla perfezione tra di loro fino ad arrivare alla soluzione finale per il “caso di puntata”.
Sono talmente azzeccati che, dopo un po’, diventano molto prevedibili e lo show rischia di finire più volte incasellato come “già visto” abbattendo tutta quella che era stata l’originalità della serie.
I personaggi, in effetti, sono cliché triti e ritriti (la ragazza acqua e sapone, l’amico gay, lo svitato simpatico…), già visti in altrettante sit-com e semplicemente inseriti in un contesto particolare che rende il tutto ancora più assurdo.
Certo una sit-com non deve per forza essere sempre sperimentale e innovativa, ma semplicemente far ridere. E questa, soprattutto, è il classico prodotto di intrattenimento puro, ottimo se si vuole passare una serata senza pensieri. Ma la prevedibilità dello show rischia di diventare il suo più grande, e grave, limite in quanto rischia di atrofizzarne la comicità che, se ben giocata, può essere davvero originale.
E sarebbe davvero un peccato poiché il potenziale ce l’ha tutto per piacere: buona regia e cast, musiche di sottofondo eccezionali (Elvis in apertura è una chicca che non poteva mancare) e un’ambientazione non ancora sfruttata appieno.
Per questo il Save dato a questo episodio pilota non deve per forza essere letto negativamente ma solo per quello che effettivamente rappresenta: una puntata che fa ridere ma che, almeno per il momento, non riesce a catturare l’attenzione, anche se non è detto non possa migliorare in futuro.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nuova sit-com targata Fox che cerca di far ridere utilizzando attori da drama. Bella per idea e impegno da parte del cast ma il risultato sa comunque di già visto.
Pilot 1×01 | 3.76 milioni – 1.1 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!