Better Call Saul 1×01 – UnoTEMPO DI LETTURA 5 min

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I’ll get your case dismissed. I’ll give you the defense you deserve. Why? Because I’m Saul Goodman, attorney-at-law. I investigate, advocate, persuade, and, most importantly, win! Win…win…win! Better call Saul.

In qualche modo si può dire che sia partito tutto da qui ma, soprattutto, tutto da lui: Jimmy McGill.
L’atteso, quanto rischioso, spin-off di Breaking Bad era atteso al varco dalla più grande mole di fan e detrattori che la storia ricordi ed il perché è dettato dal fatto che la serie madre è ormai diventata un fenomeno di costume conosciuto anche da chi non bazzica abitualmente i meandri del tubo catodico a stelle e strisce. La creazione di Better Call Saul è stata quindi caratterizzata da una difficoltà in più: compiacere gli adoratori della serie di Walter White e al contempo essere compiacente di fronte ad un pubblico molto mainstream. Con così tanta pressione psicologica sulle spalle, il rischio di commettere errori e quello di focalizzarsi troppo sul “piacere al pubblico” viaggiano sullo stesso binario, fortunatamente da quanto visto in questi 52 minuti però non è qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci.
L’attenzione al dettaglio per Vince Gilligan non è mai stata un problema, al contrario è un valore aggiunto per raccontare al meglio ogni scena anche senza dei dialoghi portanti; nella nascita del suo secondogenito, il parto non è stato ovviamente privato di tutta la meticolosità con la quale Gilligan ha sempre decorato il suo prodotto, stavolta però dietro la macchina da scrivere non c’è solo lui ma anche Peter Gould, il padre biologico di Saul Goodman. Il risultato delle quattro mani impegnate nella stesura dello script è altalenante, imprevedibile ma estremamente godibile, se non altro perché “Uno” riesce a toccare le corde giuste, nei momenti più inaspettati e con il modus operandi che lo spettatore brama: quello di Breaking Bad.
I primi minuti del pilot sono un’enorme occhiolino ai fan di Breaking Bad ma sono anche i più difficili da capire. La scelta di girare le scene in bianco e nero, le inquadrature di un baffuto Saul Goodman e l’utilizzo di una tecnologia (VHS) unite ad un arrendo estremamente kitsch potrebbero far pensare ad un posizionamento antecedente a Breaking Bad come linea temporale, potrebbero. In realtà Gilligan e Gould l’hanno fatta grossa perché, quello che ci viene spacciato per prequel, è in realtà un sequel di quanto visto nella serie madre. “If I’m lucky, a month from now, best-case scenario, I’m managing a Cinnabon in Omaha.” è la frase di commiato che Saul Goodman recitava in “Granite State” e, fatalità, è praticamente la stessa situazione in cui lo ritroviamo. Saul non è più un avvocato, non è più ad Albuquerque e non è più sereno: la visione dei suoi vecchi spot in tv, la mestizia della sua casa, la diffidenza nel prossimo ed il terrore di essere riconosciuto lo hanno profondamente cambiato rendendolo un pallido esemplare di uomo medio oltre la cinquantina che aspetta solo la morte mentre si riguarda in cassetta i suoi momenti di gloria.
Better Call Saul, a differenza di quanto si poteva ipotizzare e pur partendo 6 anni prima di Breaking Bad, non inizia direttamente con un Saul in carriera ma, al contrario, ci viene presentato in una situazione con diverse analogie a quella del suo futuro, anche qui è un uomo che fatica a sbarcare il lunario e viaggia sul depresso andante, tuttavia rispetto al suo Io post incontro con Walter White gode di alcune differenze uniche: non ha i baffi, si chiama Jimmy McGill ed è ancora un avvocato. Frasi come “Don’t let false allegations bully you into an unfair fight. Hi, I’m Saul Goodman, and I will do the fighting for you. No charge is too big for me. When legal forces have you cornered, better call Saul!” ora come ora sono impossibili da pronosticare per un uomo nella posizione di Jimmy, però tutto sta per cambiare.
“Uno” gode di un rispettabilissimo flashforward iniziale che traina di diritto lo spettatore fino a fine episodio. Di per sè l’introduzione della vita fallimentare di Jimmy non è il massimo: per certi versi un po’ lenta, per altri quasi troppo maccheronica, è “sopportabile” solamente perchè il personaggio di Bob Odenkirk è già un volto noto al pubblico (che lo adora) ed ha un carisma eccezionale. La voglia di emergere dal mare di sfiga e povertà in cui sguazza è l’arma vincente di Saul Goodman Jimmy McGill, è la forza motrice che, inconsapevolmente, darà vita a tutta quella serie di eventi che si concludono con “Felina” ma che iniziano qui, sull’uscio di casa di Tuco Salamanca. Già, Tuco Salamanca. Il finale, così come l’inizio dell’episodio, dimostra come, per apprezzare appieno la visione del pilot, bisogna essere degli attenti spettatori della serie madre, altrimenti, chicche come queste, rischiano di perdersi nel mare di dettagli posizionati ad hoc da Gilligan e Gould. Tuco e Mike appaiono in momenti ed in “posizioni” molto distanti da quelle che conosciamo, una scelta, questa, che genera una sensazione di straniamento mista a curiosità che aumenta di minuto in minuto proprio per l’imprevedibilità che accompagna ogni scena, oltre ovviamente per il coraggio di partire da una situazione apparentemente impossibile. In sei anni le cose cambiano molto velocemente, lo sappiamo già, infatti la potenza narrativa di Better Call Saul si trova praticamente tutta lì, nell’evoluzione di un personaggio, Jimmy, da avvocato che si nasconde dietro l’insegna dello studio del fratello a tutore della legge con il proprio studio di successo, Saul.
Siamo orgogliosi e eccitati nel riavvolgere quel VHS per vedere dove tutto è cominciato:

Do you feel doomed? Have opponents of freedom wrongly intimidated you? Maybe they told you that you’re in serious trouble and there’s nothing you can do about it. I’m Saul Goodman, and I’m here to tell you that they’re wrong. It’s never too late for justice. Better call…

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Flashforward iniziale che si ricollega alla frase premonitrice detta da Saul stesso in “Granite State”
  • Finale a sorpresa con l’introduzione di Tuco Salamanca
  • Attenzione spasmodica ai dettagli
  • Regia (di Vince Gilligan) eccelsa
  • Bob Odenkirk è amabile e bravo come sempre, addirittura meglio del solito senza battute
  • I fan di Breaking Bad apprezzeranno riferimenti e atmosfere
  • Introduzione nella vita di Jimmy a volte un po’ troppo sopra le righe

 

Better Call Saul non sbaglia la prima, sorprende, si fa amare e soprattutto non fa rimpiangere la serie originale, al più le regala ancora maggiore profondità grazie a quella che sembra una serie sulle origini dell’intero “universo” di Breaking Bad. Better call Jimmy.

 

Uno 1×01 6.9 milioni – 3.4 rating

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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