“There aren’t two Brians. There’s you. Sure, you can do more when you’re on the pill, but, either way… it’s your character.
The first time you took the pill, what did you do? You helped your dad.
Do you think most people, if they could got their hands on a pill that would let them do just about anything, the first thing they would do would be for someone else?”
L’espressione “Deal with it” è ormai di dominio pubblico e non è raro sentirla in qualche conversazione, addirittura in italiano quando qualcuno vuole fare il figo tra amici. Si può tradurre con un blando “abituati” ma è più corretto renderlo con un “fattelo andare bene” o “mettiti il cuore in pace che è così”. Cosa c’entra quest’espressione con la serie? Semplice: “Deal with it” è il leitmotiv di Limitless, è il leitmotiv di Brian Finch.
Sicuramente è presto per dirlo ma l’impostazione della serie sembra essere ormai abbastanza chiara: caso del giorno, battute irriverenti con Mike & Ike, riunione con il capo dell’FBI, questioni personali da risolvere con l’NZT ed infine leggera evoluzione della trama orizzontale prima di chiudere l’episodio. È uno schema abbastanza semplice, perfettamente riscontrabile nel 90% dei procedurali (Person Of Interest rigorosamente escluso), uno schema che funziona sia a giudicare dagli ascolti sia a giudicare da quanto si è visto in “Badge! Gun!” ed in “The Legend Of Marcos Ramos”. Si potrebbe dire che Limitless abbia raggiunto, già dopo 3 episodi, un suo ecosistema narrativo entro cui muoversi e spaziare. D’altronde le potenzialità date dall’NZT e dalle trame costruibili su di esso sono infinite, bisogna solo adattarle nella maniera corretta, cosa che Craig Sweeny insieme a Marc Webb ed il team degli sceneggiatori stanno facendo. Spontaneamente poi sorge una domanda: quanto si potrà protrarre questo gioco? Guardando NCIS e CSI si potrebbe dire all’infinito, osservando Limitless però potrebbe esserci una fine già prestabilita. Ovviamente lontana. Ovviamente ascolti permettendo.
Nella fase iniziale di sviluppo di una serie l’attenzione è riposta tutta nello caratterizzazione dei personaggi, con il solo scopo di permettere al pubblico di empatizzare con i protagonisti. È una legge del piccolo schermo, prendetela per buona. Limitless la sta indubbiamente seguendo, a modo suo ma la sta seguendo. Il perchè è abbastanza ovvio: oltre al personaggio interpretato da Jake McDorman, quelli che attirano di più il pubblico sono Mike & Ike, di Rebecca Harris nemmeno l’ombra. Ed è questo il vero e proprio tallone da killer d’Achille dello show: non c’è un altro protagonista. Se vogliamo parlare di Limitless come un “one-man show” facciamolo, ma allora diciamolo sin dall’inizio.
Senza alcuna ombra di dubbio McDorman si trova completamente a suo agio nel nuovo ruolo e la sua simpatica faccia da schiaffi aiuta molto nel farlo prendere in simpatia, l’opera di empatizzazione del personaggio era bella che conclusa già alla fine del “Pilot” ma ora è certamente completata. E funzionante. Vivere i suoi sogni lucidi da spia dell’FBI che riproduce scene alla 007 con tanto di cattivo con la benda da pirata fa parte del piano per renderlo amabile, così come i baloons stile fumetto e altri effetti visivi. Davvero niente da dire a riguardo, anche perchè aiutano molto a diversificare Limitless da procedurali simili. Il vero problema è che, se si guarda oltre al character di Brian, c’è il nulla cosmico e la colpa è di Jennifer Carpenter. È lei la “seconda in carica” all’interno dello show ma a conti fatti è semplicemente uno dei tanti burattini dell’FBI che si esprime per frasi fatte ed esegue gli ordini. Poco importa se (forzatamente) nel finale si sfocia nel “beer clock” perchè Rebecca Harris potrebbe anche non comparire per tutto l’episodio e nessuno si lamenterebbe della sua assenza. Anzi. Bisogna davvero lavorare sul personaggio e sull’interpretazione della Carpenter perché al momento “recitare” è un verbo sopravvalutato per la sua performance.
Limitless funziona bene e nella sua interezza diverte e si fa guardare piacevolmente. Un occhio attento avrà già capito che è ormai una pratica certa quella di costruire la trama verticale di ciascun episodio come una matrioska: scelta intelligente e funzionale alle caratteristiche di Brian. Il ritmo abbastanza veloce degli episodi convince e viene supportato degnamente dalle battute del ragazzo sotto NZT oltre che dagli eventi relativi alla trama orizzontale. Infatti non si potrà non continuare a chiedersi come funzioni quel blocco dell’elettricità che si innesca quando su Google si cerca “Senator Edward Morra NZT”, oppure quali siano le vere intenzioni di Morra: sono piccoli input che continueranno a ronzare nella testa per molto tempo e, proprio per questo motivo, fanno funzionare la serie.
Gli ascolti, praticamente flat, rispetto alla series premiere sono un chiaro indizio di quanto il pubblico stia apprezzando la serie, e noi con loro. C’è molto potenziale, bisogna avere il tempo che esploda, in fondo “non ci sono limiti”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pilot 1×01 | 9.86 milioni – 1.9 rating |
Badge! Gun! 1×02 | 9.73 milioni – 1.9 rating |
The Legend Of Marcos Ramos 1×03 | 9.57 milioni – 1.7 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.