Il paradigma dell’eroe che vuole portare sulle sue spalle tutto il peso del mondo per non gravare sugli altri è risaputo. Da Spider-Man ad Arrow, passando per Daredevil, un po’ tutti i supereroi “soffrono” di questo egocentrismo cronico, si può dire che sia quasi una caratteristica insita che ritorna prepotentemente a farsi sentire a fasi alterne nelle varie epopee fumettistiche e seriali. Ovviamente è un discorso che vale fino ad un certo punto perché il rischio di ammorbare il pubblico con quest’auto-flagellazione è alto e quindi, nei momenti più importanti, si fa riscoprire questo lato del carattere. Normalità. Ora è il turno di Flash, ovviamente.
“Fast Enough” aveva chiuso la 1° stagione con un’enorme mole di interrogativi, principalmente dovuti alle conseguenze dell’apertura di un buco spazio-temporale che avrebbe distrutto Central City e, presumibilmente, il Mondo. Ci eravamo lasciati con un Barry Allen diretto nell’occhio del ciclone per provare a fermare il vortice e già pregustavamo le realtà alternative entro cui saremmo potuti finire: niente di più sbagliato. Berlanti/Kreisberg/Johns hanno optato per rimanere con i piedi per terra anche, se non soprattutto, per non destabilizzare completamente il DC Universo televisivo, probabilmente troppo complicato da gestire e magari rinviabile come decisione a fra un paio d’anni. Si riprende quindi la narrazione esattamente 6 mesi dopo e, di fatto, sembra davvero tutto cambiato: Flash “lavora” da solo, Cisco è un consulente della polizia e si festeggia il Flash Day. Un bel cambio rispetto a quando in Central City si vociferava di un nuovo supereroe.
“The Man Who Saved Central City” è un titolo audace e ambivalente per ovvi motivi. La gratificazione di un’intera città che si è vista la morte in faccia viene espressa tramite una festa e una gratitudine che qualsiasi supereroe vorrebbe ricevere, un sogno praticamente, peccato che la realtà dei fatti sia veramente lontana da quanto è passato ai media. Tramite un flashback si viene a scoprire che a fermare il vortice in realtà sia stato Firestorm, con il sacrificio estremo di Ronnie, e non Flash, inoltre, a pensarci bene, anche contro Reverse-Flash non c’è stata una vera e propria vittoria per merito di Barry visto che Eddie si è suicidato per fermarlo. Alla luce dei fatti reali, l’esistenza di un Flash Day è quindi quanto di più sbagliato ci possa essere e non si può non notarlo leggendo la frustrazione nello sguardo di Grant Gustin.
Nella scorsa stagione abbiamo sottolineato più e più volte come Barry Allen non fosse in grado di sostenere uno scontro con un metaumano da solo e di come soltanto con l’aiuto del suo Team Flash riuscisse ad ottenere un lieto fine. La cosa ovviamente ci può stare perché tra la giovinezza e l’inesperienza in tema supereroistico il tutto poteva essere giustificato, ora non più, non dopo 1 anno e svariati scontri. Vedere Flash combattere presentarsi di fronte ad Atom Smasher e prenderle è un qualcosa di frustrante e logorante ma estremamente in linea con il character, purtroppo. Viene difficile immaginare come in 6 mesi senza aiuto alcuno sia sempre riuscito ad uscirne vincitore e non abbia capito come affrontare qualcuno. Non stiamo dicendo che debba avere le stesse qualità fisiche e tattiche di Arrow ma almeno un po’ più di tecnica si, questo dopo 1 anno lo si deve pretendere.
Tralasciando la solita debacle sul campo, “The Man Who Saved Central City” è un episodio corale che funge da ponte tra le due stagioni, presenta nuovi personaggi, introduce nuovi status quo e annuncia il nuovo big boss: Zoom. Ci sarà tempo e modo di parlare di quest’ultimo e per questo preferiamo soffermarci sulla scarcerazione di Henry Allen, vero e proprio fiore all’occhiello di questa première. Arrivata un po’ come fulmine a ciel sereno, anche perchè la generosità di Wells non era così scontata, la libertà di Henry è sia una piacevole sorpresa, sia un incredibile WTF? Possiamo parlare di estremo egocentrismo o di iper-razionalismo, in entrambi i casi la scelta di non rimanere a Central City accanto al figlio che non si è mai visto crescere lascia e deve lasciare interdetti. Dopo aver passato metà della propria esistenza in carcere per un crimine che non si è compiuto è lecito il desiderio di recuperare il tempo perduto e fare tutto ciò che è stato proibito, ovviamente il riavvicinamento con i propri cari è, generalmente, ciò a cui si dà più importanza: non per Henry Allen. Le motivazioni però devono andarsi a ricercare al di fuori della realtà telefilmica, per la precisione nel budget di The Flash e nelle richieste di John Wesley Shipp che vivendo in America non vuole trasferirsi a Vancouver in Canada.
Il “When you need me, I will be here, but right now, Central City doesn’t need you to be Henry Allen’s son. It needs you to be the Flash. My kid. The superhero.” è ovviamente la motivazione ufficiale ma dietro a questa si nascondono le ragioni extra-sceniche che la fanno da padrone.
Detto ciò c’è un certo Jay Garrick che si è già ritagliato ben più di qualche attenzione pur essendo comparso solo nel finale. L’inizio della nuova stagione è tutto qui.
- Fa il suo debutto ufficiale Al Rothstein aka Atom Smasher. Figlioccio di Al Pratt, l’Atom della Golden Age. Albert acquisì poteri metaumani di superforza e controllo sulla sua struttura molecolare (che include la capacità di modificare la sua statura e la densità del proprio corpo) da suo nonno, un riluttante supercriminale conosciuto come Cyclotron, permettendogli di combattere il crimine prima come Nuklon e poi come Atom Smasher. È in quest’ultimo ruolo che si fece ricordare maggiormente, sia perché militò nella Justice Society Of America, e sia perché portò avanti il nome del padre. Debutta in All-Star Squadron #25 del 1983.
- Anche se questa è la prima apparizione ufficiale di Atom Smasher, il personaggio era già stato citato in “Power Outage“.
- Il nome che pronuncia Al Rothstein prima di morire non è altri che uno degli alias assunti dalla nemesi di Flash: il Reverse-Flash. Nell’Universo DC Comics ci sono stati più personaggi che hanno indossato i panni giallo/rossi del nemico per eccellenza del Velocista Scarlatto, ma anche se il costume era lo stesso, spesso coloro che lo indossavano tendevano a cambiar nome. Per approfondire la questione, vi consigliamo di consultare l’Angolo del Nerd alla fine della recensione di “The Man In The Yellow Suit“.
- Cisco, ad un certo punto, chiama Barry “Lone Wolf McQuade” per descrivere la sua breve attività solista. Inutile dire che è l’ennesimo riferimento cinematografico, questa volta, incentrato sull’omonimo film del 1983 con protagonisti Chuck Norris, David Carradine e Barbara Carrera. In Italia è conosciuto come Una Magnum per McQuade.
- Le lettere ricevute da Barry Allen portano il nome di un certo studio chiamato “Weathersby & Stone LLP”. È un riferimento ai personaggi Taylor Wethersby e Eli Stone, protagonisti della serie tv Eli Stone creata da Greg Berlanti e Marc Guggenheim.
- Dobbiamo davvero dire da quale fumetto Cisco ha preso l’idea del “Flash-Segnale”?
- In questo episodio, ben due attori del serial anni ’90 di Flash tornano a gravitare intorno le avventure seriali del Velocista. Il primo è Vito D’Ambrosio, che nella puntata interpreta il sindaco di Central City, mentre nel The Flash del 1990, il poliziotto Tony Bellows; il secondo è Amanda Pays, che in entrambi i serial ha interpretato Tina McGee. Tra le altre cose, il personaggio di Tina è già comparso nella prima stagione di The Flash, e precisamente, in “The Man In The Yellow Suit“.
- Il personaggio che si vede alla fine, come dice lui stesso, è Jay Garrick: nei fumetti, il primo personaggio a vestire i panni di Flash. Inizialmente è Garrick che viene creato prima di Barry Allen sulle pagine di Flash Comics #1 del 1940, ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, il pubblico perse interesse per i supereroi e molte testate vennero chiuse a causa di scarse vendite; solo i big come Superman o Batman resistettero. Col passare del tempo, però, il pubblico cominciò a riabituarsi alla loro presenza e negli anni ’50 la DC Comics tentò di rilanciare il personaggio dandogli una nuova identità e un nuovo costume. Così, sulle pagine di Showcase #4 del 1956, debuttò Barry Allen: il secondo Flash. L’esistenza rimasta non spiegata dei due Flash, però, creò confusione nei lettori, così i vertici DC introdussero il concetto di Multiverso, creando una fitta rete di Terre Alternative. Su Terra 1 (quella originale) c’è Barry Allen, e su Terra 2 (la prima dei derivati di Terra 1), Jay Garrick.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Fast Enough 1×23 | 3.87 milioni – 1.5 rating |
The Man Who Saved Central City 2×01
|
3.58 milioni – 1.4 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.