Dopo un episodio atipico Person Of Internest torna alla norma. In queste prime puntate, gli autori di Person Of Interest hanno uno scopo ben preciso, quello di gettare le basi per poter concludere questa serie nel miglior modo possibile e tentare di portare a compimento il percorso dei singoli personaggi. Se “Snafu” aveva ridato vita alla Macchina, inserendola nuovamente all’interno di una guerra all’ultimo sangue, una guerra tecnologica con Samaritan, “Truth Be Told” ci aveva raccontato qualcosa in più sulla figura di John e “6,741” invece ci aveva immerso in un mondo senza tempo preciso in cui Shaw si trova e ci risveglia da un torpore fatto di menzogna in cui anche il team era caduto. In “ShoSeeker” si parla ancora di Verità, di sparizioni e soprattutto di uno scontro (forse fallimentare) ancora aperto tra le due Intelligenze.
In “ShotSeeker” si scoprono verità scomode, difficili, che alleggeriscono o pesano come macigni. I morti non sempre sono morti, le sparizioni non sono sempre colpa di Samaritan, coloro che sembravano vili, corrotti, ormai non lo sono più.
Così scopriamo che Elias non è morto, che John non è stato rapito dagli uomini di Samaritan, ma da Bruce Moran, uscito dall’ombra, che Lionel non è più l’uomo di un tempo, ma pronto a mettersi in gioco.
Sono verità queste che smuovono la terra sotto i piedi e che ci mettono nella disposizione d’animo di chi deve attendersi qualcosa di sconvolgente nelle prossime puntate. Lionel ha capito che le scomparse, i suicidi sono conseguenze di un disegno più grande – voluto da Samaritan -, John lavora alacremente per aiutare Ethan Garvin, il cercatore di spari, e scopre in Fusco un grande amico.
Quando, durante una missione, Reese scompare nel nulla, Root e Finch pensano che sia l’ennesima mossa di Samaritan per mettere in ginocchio i loro nemici: sembra un incubo per i due superstiti che temono di rivivere ciò che hanno vissuto con Shaw; ma, mentre Root e Harold sono bloccati ancora nei loro ruoli (l’una nell’azione “violenta”, l’altro nella ricerca e nel pensiero), Lionel come un pazzo mette in moto una caccia all’uomo disperata.
Nell’universo di Samaritan c’è una sorveglianza che continua imperterrita a seguire, controllare, facendosi sempre più implacabile; qui scopriamo una sorveglianza acustica con un sistema di microfoni (ShotSeeker appunto) per localizzare colpi di pistola. Il protagonista del caso di puntata, Ethan Garvin, ha il compito di verificare quale sia la provenienza dei rumori prima di inviare i poliziotti.
La nemica della Macchina lavora ai fianchi, penetra attraverso ShotSeeker, ma lo fa in maniera completamente invisibile, torna ancora nuovamente utile, per comprendere meglio il mondo di questa serie, usare il paradigma della sorveglianza disciplinare del Panopticon (Jeremy Bentham).
Samaritan elimina i rischi come in passato hanno fatto le dittature più crudeli, ma lo fa in modo diverso, silenziosamente; non è possibile infatti controllare il mondo con manifestazioni palesi di violenza, il vero controllo ora è chirurgico. Non ci sono le vere prigioni, le catene (Shaw infatti in “6,741” racconta di come le torture che ha sopportato siano state psicologiche), bensì c’è un “occhio invisibile”, ben visibile (come è Samaritan, l’occhio è lì in mezzo ai soggetti inconsapevoli, agli uomini comuni), che sta controllando ogni cosa. Tornando a Bentham, il visibile e il non visibile assumono la forma dell’unione di visibilità e inverificabilità dello sguardo cui l’individuo è soggetto, infatti dalle parole del numero irrilevante in “Snafu”, capiamo che non sa dell’esistenza di Samaritan.
E’ evidente, dal dialogo tra Root e l’uomo, quale sia la strada scelta da Samaritan, quella cioè di reclutare questi poveri cristi, senza speranza alcuna; è chiaro dunque che la sorveglianza esercitata dal potere (in)visibile ci parla dell’assoggettamento degli individui, della loro trasformazione in soggetti “docili”, confinandoli in un “locus” controllato, ma anche di libertà di fare o non fare qualcosa, pensare o non pensare qualcosa, dire o non dire qualcosa.
Ancora una volta emerge un discorso molto più ampio tra uomo e tecnologia e sulla sorveglianza elettronica e quindi, per estensione, sulla libertà dell’individuo spesso intrappolato in uno schema orwelliano.
A causa di pensieri, dubbi e perplessità Finch continua ad interrogarsi sul dar farsi: se bene e male hanno confini labili in questa società, è anche vero che Harold non riesce ad adattarsi a questo stato di cose, se per il team l’unica strada possibile è tentare di fare il meglio, è anche vero che Harold non può accettare una metamorfosi della sua creatura. Finch e Root si scontrano nuovamente – tanto che lui vuole essere l’unico ad assistere alle simulazioni, mettendo sotto chiave i due “cloni”, chiudendo Samaritan all’interno di una “prigione” -: per l’uomo la compagna di lavoro è fin troppo attiva, temeraria quasi, convinta che sia più opportuno rischiare che attendere, per la donna invece è insopportabile l’atteggiamento di Harold che preferisce simulare in solitudine che mettersi in gioco.
Lo scontro tra i due cloni in miniatura è una battaglia virtuale, una partita a scacchi come quella che Ingmar Bergman aveva messo in scena ne Il settimo sigillo. Nel capolavoro del regista svedese c’erano, l’uno di fronte all’altra, un uomo e la Morte; qui, in Person Of Interest, a scontrarsi ci sono due cloni di The Machine e Samaritan. Quella di Bergman era una partita singola, eterna, dolorosissima ma “personale”, qui invece si tratta di uno scontro sociale, storico, mondiale. L’uomo ingabbia gli “alter ego” delle due Intelligenze, in una sorta di universo parallelo in cui la simulazione mostra ciò che potrebbe succedere, una sonora sconfitta per The Machine.
Non c’è possibilità di trovare pace in Person Of Interest, oramai una coltre scura sta calando su ogni cosa e tornano così in mente le parole di Elias che parla di un universo in cui le persone si muovono nell’ombra. Il boss parla di un mondo ormai finito, di un codice d’onore ormai caduto nell’oblio, l’unica possibilità per lui e per Moran è quella di vivere nascostamente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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6,741 5×04 | 5.3 milioni – 0.9 rating |
ShotSeeker 5×05 | 7.8 milioni – 1.1 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.