Netflix sta creando un divario sempre maggiore con le altre piattaforme televisive e non. Si potrebbe banalmente dire che ABC e co. non riescono a stare dietro alla celebre piattaforma streaming. Al di là di discorsi qualitativi – è audace affermare che finora Netflix ancora non conta neanche un flop? – vi è un discorso di tempistiche. Dite quello che vi pare sul binge watching, però i creatori di uno show e le alte sfere della emittente hanno riscontri ben più rapidi sui loro prodotti, quindi più tempo per comprendere i gusti del pubblico e regolarsi di conseguenza.
Ad un certo punto deve essere venuta voglia di ributtarsi in qualcosa di semplice, di televisivamente classico. O addirittura di narrativamente classico.
Stranger Things, già dal nome, ci dice moltissimo sullo stile e sull’idea che hanno avuto Matt e Ross Duffer. L’idea è quella dell’evocazione. Il pubblico non dovrà essere colpito dalle trovate sceneggiative, bensì dall’atmosfera interna, e intorno, alle scene. Il titolo è volutamente vago, non può lontanamente dare idea di ciò che si andrà a vedere. “Cose assai strane”, se volessimo tradurre quello stranger senza la funzione comparativa – non volendo considerare il più probabile “cose estranee”. E infatti in “Chapter One: The Vanishing Of Will Byers” non abbiamo un’idea precisa di ciò che sta avvenendo intorno alla cittadina presentata. Però la cittadina di Hawkins viene descritta bene, nella sua familiarità. Posti del genere ne abbiamo visti a vagonate, Twin Peaks ne è l’esempio televisivo più celebre.
Stranger Things quindi, sin dal suo nome, si presenta come serie evocativa e di omaggio. Chiunque abbia letto i lavori di Stephen King non potrà non trovare familiare il tipo di plot presentato: gli Stati Uniti nella loro dimensione meno metropolitana, un ambiente in cui apparentemente non accade nulla, un gruppo di bambini come protagonisti, cose terribili e inspiegabili (o strane, come volete) che improvvisamente accadono.
Una premiére (per motivi più che evidenti di trasmissione, ci risulta assai forzato chiamarlo pilot) che presenta elementi così classici, con la cura stilistica che Netflix sa garantire, difficilmente sbaglia. Eh sì, perché l’elemento mistero potrà anche svaccare più in là, ma nella sua presentazione impone allo spettatore il bisogno di guardare immediatamente il seguito. Questa 1×01, a voler essere sbrigativi, fa questo: presenta un mistero, presenta i personaggi in una panoramica lunga un episodio intero. Ad esempio, nelle prima battute, quando Mike e gli amici sono a scuola, vorremmo subito sapere qualcosa in più sulla sparizione di Will, o almeno vedere ulteriori reazioni. L’effetto è invece quello di vedere i ragazzini divagare e farsi bullizzare, elemento utile per approfondire i loro personaggi e uno degli ambienti della serie. Ricapitolano, quindi: elemento di mistero in un clima di semplicità. In questo modo si riesce a far funzionare un episodio che deve accendere il motore dell’attenzione dello spettatore. Che poi questo potesse accadere anche senza l’ambientazione negli anni Ottanta è un dettaglio.
L’immersione totale al 1983, come già accennato, è sia interna alle scene che esterna. Non vi è un gran bisogno di descrivere ciò che l’occhio già ha potuto vedere: ovvero la moda e la tecnologia dell’epoca. Ciò che merita un discorso a parte è lo stile del girato, a partire dai titoli di testa, con quel bianco che ci fa pensare a un film trasmesso su un televisore analogico. Per non parlare delle musiche. Per rimanere in ambito televisivo, provate ad ascoltare la colonna sonora degli episodi anni Ottanta di Doctor Who. Non è casuale questo accostamento, visto lo sbocco vagamente fantascientifico che Stranger Things sembra suggerirci.
La considerazione positiva di questo episodio deriva esclusivamente dalla scorrevolezza dei 48 minuti, così come dalla curiosità di voler andare avanti. Per il resto, è difficile trovare già particolari pregi, così come difetti, in un episodio che fa dell’esercizio di stile e della presentazione i suoi principali tratti caratteristici. Vediamo una rappresentazione fedele della narrativa dell’epoca, non possiamo prendercela con scene evidentemente troppo lente (la sorella di Mike con il ragazzo), come di figure iconiche (il poliziotto turbato e ubriacone). Si tratta di fedeltà storica e stilistica.
Saranno gli sviluppi futuri a dirci se anche a livello narrativo vi sarà sostanza.
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Chapter One: The Vanishing Of Will Byers 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.
Chi è Rick???
Mike! Abbiamo fatto "un errore di sbaglio" (cit.) che correggeremo subito. Grazie della segnalazione.
Qua si fa dell'alta critica e si toppano i nomi dei personaggi.
Può succedere 😉
Attendo con ansia la rece degli altri episodi. A me la serie è piaciuta molto e alla fine non ho trovato affatto noiosa la parte con la sorella di Rick/Mike 🙂
Sì, ho appena visto la 1×04 e effettivamente sta avendo un suo perché.