0
(0)
“Roma: patrizi e plebei; politici e criminali; mignotte e preti. Sto posto non cambia da 2000 anni.“
Nella cornice romana fatta di cupoloni, lungotevere, palazzi del potere, pini marittimi, piazze e periferie, nascono gli intrecci tra politica, Chiesa e criminalità che animano la nuova serie di Stefano Sollima. Prodotta da Netflix e diretta da Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi la serie è stata presentata con i primi due episodi alla 74esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, dove RecenSerie è andata appositamente per recensirla in anteprima.
Ah sì, si chiama Suburra – La Serie. “Suburra” come il quartiere di Roma, ora in corrispondenza del rione Monti, dove case popolari sorgevano affianco a grandi monumenti, “La Serie” come l’appendice apposta a opere che sono una versione di preesistenti libri o film. Infatti, nella remota eventualità in cui non ne aveste sentito parlare, sappiate che Suburra (e basta, senza appendici) è un film del 2015, basato sul romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, diretto dallo stesso Sollima. La serie del 2017 è un prequel alle vicende narrate nel film e infatti si riconoscono subito alcuni personaggi, nonostante qualcuno abbia esagerato con l’acqua ossigenata sui capelli e qualcun altro abbia cambiato interprete (ma non giacca e occhiali, vero Samurai?).
La forza di Suburra – La Serie sta proprio nei personaggi. La storia infatti si vende ormai da sé, è fin troppo facile suscitare interesse con una trama ispirata a fatti reali (e che quindi ancora più facilmente intrigano il pubblico) che vede protagoniste tre grandi “istituzioni” italiane che assurgono spesso alla cronaca e sono facilmente riconoscibili da tutti (non solo dal pubblico italiano): mafia, Stato e Chiesa.
Tant’è che tutte le (poche) serie italiane degne di nota degli ultimi anni hanno utilizzato almeno uno degli elementi della triade come motore principale della trama (Romanzo Criminale, Gomorra, 1992). Che cosa può aggiungere di nuovo Suburra a questo panorama seriale? L’impegno a mostrare dei personaggi che, pur se facilmente incasellabili in maschere note (lo zingaro, il violento, l’arrivista, il boss) si sforzino di mostrare lati diversi, una psicologia sfaccettata, una caratterizzazione che si approfondisce passo passo. In aiuto vengono, nel caso specifico, le recitazioni degli ottimi attori che compongono il cast. Forse solo Filippo Nigro sembra un po’ rigido nell’interpretazione del politico in lotta con la sua coscienza, ma gli altri (sia i più noti come Alessandro Borghi, Claudia Gerini, Francesco Acquaroli che i nuovi come Eduardo Valdarnini) hanno subito dimostrato di essere in grado di reggere la sceneggiatura, la storia e l’ambientazione di questa Roma che, ovviamente, Placido non manca di valorizzare con inquadrature romantiche ed una bellissima fotografia.
Se sia per mettere in contrasto le bellezze architettoniche con le brutture delle azioni e degli ambienti frequentati poi dai personaggi (in una sorta di bilanciamento tra la bruttezza interiore dei personaggi e la bellezza dello scenario in cui si muovono) o se banalmente sia solo sfruttare una scenografia che non ha bisogno di essere costruita o studiata per suscitare immancabile fascino nel pubblico (anche straniero) non è dato sapere. Il pensiero infatti non può che andare al fatto che “Suburra – La serie” uscirà il 6 ottobre su Netflix, non solo in Italia ma in tutti i paesi in cui il servizio è disponibile. E’ facile immaginare come un pubblico internazionale che guarda sempre con ammirazione a prodotti ambientati in Italia, spesso carichi di cliché sul Belpaese (da “La Grande Bellezza” a “Gomorra”, da “Mangia, prega, ama” a “La vita è bella“), non potrà non restare ammaliato dalla scenografia, dall’ambientazione, dall’intrigo, forse anche dalla lingua – se riescono a cogliere la forza del dialetto romano così caratteristico – che emergono prepotenti in un prodotto come “Suburra – La serie”. Non la Roma de “La dolce vita” ma una Roma torbida, violenta, dissacrante. Una Roma che si presenta subito come ulteriore personaggio della serie che affianca quelli “umani”, più di quanto non lo fosse stata in “Romanzo Criminale – La serie”. Come in quest’ultima, si fa riferimento al fatto che Roma non è una città come tutte le altre:”Roma non si governa. Al massimo si amministra“.
Una frase che fa il paio con la celebre: “Ah Libano, sta città nun se la piglierà nessuno, perché Roma nun vole capi.”
L’unico rischio che corre la serie è quello di emulazione del film. Chi non l’ha visto probabilmente si godrà meglio la serie, o almeno il primo episodio. Chi l’ha già visto non potrà fare a meno di pensare che l’impostazione stessa dell’episodio sembra quella di un film e, quindi, immancabilmente creare parallelismi con la pellicola omonima. Le dinamiche e le alleanze infatti, pur essendo un prequel, non si presentano come totalmente diverse da quelle della trasposizione cinematografica. Non si parte da uno status quo completamente diverso che fa incuriosire su come si sia arrivati alla situazione del film. Già dal secondo episodio, però, le cose iniziano a cambiare e si avverte una volontà di indirizzare la serie verso dinamiche nuove (rispetto al primo episodio, non nuove rispetto a prodotti simili visti sul piccolo schermo del pc.
Suburra avrebbe la storia e il potenziale per giocare insieme alle serie italiane a tema “criminalità” (Romanzo Criminale, Gomorra, 1992) ma avrà la forza per arrivare ai big show come Boardwalk Empire, Narcos, o Breaking Bad? La visione di due puntate non sembra bastare per rispondere a questa domanda.
Ah sì, si chiama Suburra – La Serie. “Suburra” come il quartiere di Roma, ora in corrispondenza del rione Monti, dove case popolari sorgevano affianco a grandi monumenti, “La Serie” come l’appendice apposta a opere che sono una versione di preesistenti libri o film. Infatti, nella remota eventualità in cui non ne aveste sentito parlare, sappiate che Suburra (e basta, senza appendici) è un film del 2015, basato sul romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, diretto dallo stesso Sollima. La serie del 2017 è un prequel alle vicende narrate nel film e infatti si riconoscono subito alcuni personaggi, nonostante qualcuno abbia esagerato con l’acqua ossigenata sui capelli e qualcun altro abbia cambiato interprete (ma non giacca e occhiali, vero Samurai?).
La forza di Suburra – La Serie sta proprio nei personaggi. La storia infatti si vende ormai da sé, è fin troppo facile suscitare interesse con una trama ispirata a fatti reali (e che quindi ancora più facilmente intrigano il pubblico) che vede protagoniste tre grandi “istituzioni” italiane che assurgono spesso alla cronaca e sono facilmente riconoscibili da tutti (non solo dal pubblico italiano): mafia, Stato e Chiesa.
Tant’è che tutte le (poche) serie italiane degne di nota degli ultimi anni hanno utilizzato almeno uno degli elementi della triade come motore principale della trama (Romanzo Criminale, Gomorra, 1992). Che cosa può aggiungere di nuovo Suburra a questo panorama seriale? L’impegno a mostrare dei personaggi che, pur se facilmente incasellabili in maschere note (lo zingaro, il violento, l’arrivista, il boss) si sforzino di mostrare lati diversi, una psicologia sfaccettata, una caratterizzazione che si approfondisce passo passo. In aiuto vengono, nel caso specifico, le recitazioni degli ottimi attori che compongono il cast. Forse solo Filippo Nigro sembra un po’ rigido nell’interpretazione del politico in lotta con la sua coscienza, ma gli altri (sia i più noti come Alessandro Borghi, Claudia Gerini, Francesco Acquaroli che i nuovi come Eduardo Valdarnini) hanno subito dimostrato di essere in grado di reggere la sceneggiatura, la storia e l’ambientazione di questa Roma che, ovviamente, Placido non manca di valorizzare con inquadrature romantiche ed una bellissima fotografia.
Se sia per mettere in contrasto le bellezze architettoniche con le brutture delle azioni e degli ambienti frequentati poi dai personaggi (in una sorta di bilanciamento tra la bruttezza interiore dei personaggi e la bellezza dello scenario in cui si muovono) o se banalmente sia solo sfruttare una scenografia che non ha bisogno di essere costruita o studiata per suscitare immancabile fascino nel pubblico (anche straniero) non è dato sapere. Il pensiero infatti non può che andare al fatto che “Suburra – La serie” uscirà il 6 ottobre su Netflix, non solo in Italia ma in tutti i paesi in cui il servizio è disponibile. E’ facile immaginare come un pubblico internazionale che guarda sempre con ammirazione a prodotti ambientati in Italia, spesso carichi di cliché sul Belpaese (da “La Grande Bellezza” a “Gomorra”, da “Mangia, prega, ama” a “La vita è bella“), non potrà non restare ammaliato dalla scenografia, dall’ambientazione, dall’intrigo, forse anche dalla lingua – se riescono a cogliere la forza del dialetto romano così caratteristico – che emergono prepotenti in un prodotto come “Suburra – La serie”. Non la Roma de “La dolce vita” ma una Roma torbida, violenta, dissacrante. Una Roma che si presenta subito come ulteriore personaggio della serie che affianca quelli “umani”, più di quanto non lo fosse stata in “Romanzo Criminale – La serie”. Come in quest’ultima, si fa riferimento al fatto che Roma non è una città come tutte le altre:”Roma non si governa. Al massimo si amministra“.
Una frase che fa il paio con la celebre: “Ah Libano, sta città nun se la piglierà nessuno, perché Roma nun vole capi.”
L’unico rischio che corre la serie è quello di emulazione del film. Chi non l’ha visto probabilmente si godrà meglio la serie, o almeno il primo episodio. Chi l’ha già visto non potrà fare a meno di pensare che l’impostazione stessa dell’episodio sembra quella di un film e, quindi, immancabilmente creare parallelismi con la pellicola omonima. Le dinamiche e le alleanze infatti, pur essendo un prequel, non si presentano come totalmente diverse da quelle della trasposizione cinematografica. Non si parte da uno status quo completamente diverso che fa incuriosire su come si sia arrivati alla situazione del film. Già dal secondo episodio, però, le cose iniziano a cambiare e si avverte una volontà di indirizzare la serie verso dinamiche nuove (rispetto al primo episodio, non nuove rispetto a prodotti simili visti sul piccolo schermo del pc.
Suburra avrebbe la storia e il potenziale per giocare insieme alle serie italiane a tema “criminalità” (Romanzo Criminale, Gomorra, 1992) ma avrà la forza per arrivare ai big show come Boardwalk Empire, Narcos, o Breaking Bad? La visione di due puntate non sembra bastare per rispondere a questa domanda.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Bastava già il trailer a rendere Suburra – La serie un prodotto interessante, la visione dei primi due episodi non delude le aspettative pur non lasciando a bocca aperta. Sicuramente un prodotto italiano d’eccellenza ma riuscirà a farsi spazio tra i prodotti internazionali (per non dire americani) che trattano temi simili? Solo la visione del resto della stagione ci aiuterà a rispondere a questa domanda.
21 Giorni 1×01 | ND milioni – ND rating |
Patrizi E Plebei 1×02 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora