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Proprio quando ci si lamentava della caduta di stile di Michael Hirst in “A Simple Story”, il mid-season finale fa riacquistare la fiducia nello sceneggiatore britannico con “Moments Of Vision”.
Con la 5×10, il period drama di History Channel riconquista la poetica che sembrava aver perso nelle due precedenti puntate, sfoggiando una puntata che ha l’enorme pregio di far convivere scene di inaudita violenza con profondi ed intimisti momenti di riflessione. Hirst non casca nella trappola di privilegiare solo uno dei due aspetti e riesce nell’ardua impresa di creare una puntata grezza ma profonda, dicotomia la cui esistenza sembra paradossale. Nel mondo della narrativa tutto è possibile, se scritto con cognizione di causa e presentato al pubblico nella chiave idealmente meglio pensata. Per confezionare la 5×10, Hirst ne ha usate ben due di queste chiavi.
“Moments Of Vision” è stato concepito come se fosse un enorme lago dove la quantità di acqua che contiene è fornita da immissari che si riversano nell’enorme buca e formano poi la massa d’acqua dolce. Questi immissari sono rappresentati dal punto di vista dei diversi personaggi, protagonisti di questi primi dieci episodi della quinta stagione che, a turno ed in sequenza, si pongono al centro dell’attenzione dando la loro visione della battaglia. Per entrare ancora di più nella testa dei personaggi e vedere la battaglia coi loro occhi – oltre che simulare le sensazioni che si possono provare durante un conflitto – Hirst non dà riferimenti temporali allo spettatore.
Lo sceneggiatore si limita a dare come bussola solo il punto di vista del personaggio protagonista in quella sequenza, raccontando il momento prima-durante-dopo la battaglia. Proprio per questo motivo la trama si presenta come un intreccio di vari punti di vista collegati tra loro ma non in ordine cronologico. Questo permette allo spettatore di continuare la visione di “Moments Of Vision” scoprendo di avere un puzzle da completare, i cui pezzi mancanti vengono consegnati volta per volta. Alla fine dei 45 minuti, lo spettatore avrà completato l’affresco e potrà anche divertirsi a riordinarlo.
Come seconda chiave, Hirst utilizza un elemento che fa da collante alla violenza e alla riflessività: l’inserimento di sequenze visionarie. Ogni momento di protagonismo dei singoli personaggi viene personalizzato con una scena costruita ad hoc per lui, in modo da concretizzare ancor di più la sua visione dell’azione. Per fare un esempio, Ivar vede i vichinghi coinvolti solo come scheletri, poiché per lui chiunque non è nient’altro che sacrificabile carne da cannone e quindi rappresentato già come il simbolo per eccellenza della morte; al contrario, Lagherta appare nelle sue reali fattezze, in quanto suo obiettivo primario. Altre visioni interessanti sono quella della stessa Lagherta durante il suo scontro con Astrid e quella di Hvitserk prima della morte.
Questi momenti, oltre ad essere registicamente impeccabili e dotati di una fotografia superlativa, spiccano visibilmente dal resto delle scene proprio per la loro estemporaneità, quasi come se fosse un momento raro, speciale e da vivere, nonostante quello che succede attorno. Sembra che scene del genere ci azzecchino poco, ma in realtà danno quel quid in più per rendere la puntata epica e poetica. Epicità e poesia che, purtroppo, si perdono un po’ nei minuti finali.
Nonostante questa mancanza, la puntata rimane soddisfacente per il grande spargimento di sangue e per aver tolto di mezzo personaggi che non avevano più molti motivi di stare al mondo. Ad un certo punto la battaglia si perde nel nulla, quasi come se i partecipanti avessero perso la voglia di combattere: una giustificazione può essere trovata nel fatto che la battaglia stava andando proprio come doveva andare, ovvero come un’autentica operazione di spurgo al fine di sfoltire la serie da personaggi ormai superflui e in eccesso, oltre che porre degnamente fine a qualche rivalità e storyline. Tuttavia, Hirst si è accorto in corso d’opera che aveva a disposizione altri dieci episodi da riempire e calare ora gli assi pesanti poteva rivelarsi controproducente in futuro. Così, la lotta finisce con un deludente, codardo ed anti-climatico fuggi-fuggi generale. Una vera marcia indietro rispetto al ben di Odino mostrato nella maggior parte della puntata. Fortuna che il cliffhanger finale porta a sperare bene relativamente il futuro. Anche se solo leggermente.
Con la 5×10, il period drama di History Channel riconquista la poetica che sembrava aver perso nelle due precedenti puntate, sfoggiando una puntata che ha l’enorme pregio di far convivere scene di inaudita violenza con profondi ed intimisti momenti di riflessione. Hirst non casca nella trappola di privilegiare solo uno dei due aspetti e riesce nell’ardua impresa di creare una puntata grezza ma profonda, dicotomia la cui esistenza sembra paradossale. Nel mondo della narrativa tutto è possibile, se scritto con cognizione di causa e presentato al pubblico nella chiave idealmente meglio pensata. Per confezionare la 5×10, Hirst ne ha usate ben due di queste chiavi.
“Moments Of Vision” è stato concepito come se fosse un enorme lago dove la quantità di acqua che contiene è fornita da immissari che si riversano nell’enorme buca e formano poi la massa d’acqua dolce. Questi immissari sono rappresentati dal punto di vista dei diversi personaggi, protagonisti di questi primi dieci episodi della quinta stagione che, a turno ed in sequenza, si pongono al centro dell’attenzione dando la loro visione della battaglia. Per entrare ancora di più nella testa dei personaggi e vedere la battaglia coi loro occhi – oltre che simulare le sensazioni che si possono provare durante un conflitto – Hirst non dà riferimenti temporali allo spettatore.
Lo sceneggiatore si limita a dare come bussola solo il punto di vista del personaggio protagonista in quella sequenza, raccontando il momento prima-durante-dopo la battaglia. Proprio per questo motivo la trama si presenta come un intreccio di vari punti di vista collegati tra loro ma non in ordine cronologico. Questo permette allo spettatore di continuare la visione di “Moments Of Vision” scoprendo di avere un puzzle da completare, i cui pezzi mancanti vengono consegnati volta per volta. Alla fine dei 45 minuti, lo spettatore avrà completato l’affresco e potrà anche divertirsi a riordinarlo.
Come seconda chiave, Hirst utilizza un elemento che fa da collante alla violenza e alla riflessività: l’inserimento di sequenze visionarie. Ogni momento di protagonismo dei singoli personaggi viene personalizzato con una scena costruita ad hoc per lui, in modo da concretizzare ancor di più la sua visione dell’azione. Per fare un esempio, Ivar vede i vichinghi coinvolti solo come scheletri, poiché per lui chiunque non è nient’altro che sacrificabile carne da cannone e quindi rappresentato già come il simbolo per eccellenza della morte; al contrario, Lagherta appare nelle sue reali fattezze, in quanto suo obiettivo primario. Altre visioni interessanti sono quella della stessa Lagherta durante il suo scontro con Astrid e quella di Hvitserk prima della morte.
Questi momenti, oltre ad essere registicamente impeccabili e dotati di una fotografia superlativa, spiccano visibilmente dal resto delle scene proprio per la loro estemporaneità, quasi come se fosse un momento raro, speciale e da vivere, nonostante quello che succede attorno. Sembra che scene del genere ci azzecchino poco, ma in realtà danno quel quid in più per rendere la puntata epica e poetica. Epicità e poesia che, purtroppo, si perdono un po’ nei minuti finali.
Nonostante questa mancanza, la puntata rimane soddisfacente per il grande spargimento di sangue e per aver tolto di mezzo personaggi che non avevano più molti motivi di stare al mondo. Ad un certo punto la battaglia si perde nel nulla, quasi come se i partecipanti avessero perso la voglia di combattere: una giustificazione può essere trovata nel fatto che la battaglia stava andando proprio come doveva andare, ovvero come un’autentica operazione di spurgo al fine di sfoltire la serie da personaggi ormai superflui e in eccesso, oltre che porre degnamente fine a qualche rivalità e storyline. Tuttavia, Hirst si è accorto in corso d’opera che aveva a disposizione altri dieci episodi da riempire e calare ora gli assi pesanti poteva rivelarsi controproducente in futuro. Così, la lotta finisce con un deludente, codardo ed anti-climatico fuggi-fuggi generale. Una vera marcia indietro rispetto al ben di Odino mostrato nella maggior parte della puntata. Fortuna che il cliffhanger finale porta a sperare bene relativamente il futuro. Anche se solo leggermente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Dopo aver probabilmente letto la recensione di “A Simple Story”, Vikings cerca di farsi perdonare con “Moments Of Vision”: epico, sanguinoso e visionario mid-season finale che cancella dalla memoria dello spettatore di ultimi, dimenticabili episodi (5×08 e 5×09). Purtroppo, la stagione formata da 20 episodi rappresenta il peggior nemico della serie quando, in momenti come questa 5×10, bisogna tirare le somme. Alcune rese dei conti sono ritardate per accumulare episodi e piazzare momenti topici in puntate strategiche. Tutto sommato, però, episodi del genere mancavano da troppo tempo in Vikings, quindi ecco un bella benedizione.
A Simple Story 5×09 | 2.15 milioni – 0.5 rating |
Moments Of Vision 5×10 | ND milioni – ND rating |
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