Dopo una puntata all’insegna dell’action come “If You Have Ghosts”, quella in questione punta piuttosto sulle scene dialogiche, cercando un intreccio tematico interessante tra storyline orizzontale e storyline verticale.
Se, infatti, la scomparsa dei fratelli Purcell è la trama principale di questa terza stagione, è pur vero che ogni episodio mostrato sviscera la storia da diversi punti di vista e personaggi diversi di volta in volta, in maniera tale da creare quella che risulta una vera e propria storyline verticale.
Questo episodio ha, inoltre, il merito di rendere fin da subito esplicito quale sarà il leitmotiv principale di tutta la puntata (“il non giudicare dalle apparenze”) mirabilmente espresso dal dialogo iniziale tra Wayne e Amelia. Leitmotiv che verrà ripreso anche nei successivi dialoghi tra Wayne, Roland e i loro superiori, nonché tra i vari sospettati del caso.
Tra questi ultimi spicca, fra tutte, l’interpretazione di Scoot McNairy, attore seriale di lungo corso, già apprezzato in Halt And Catch Fire e Godless, che qui si sbilancia in bravura e pathos nel rappresentare un personaggio tormentato e complesso come quello di Tom Purcell.
Proprio il (presunto) padre della scomparsa Lucy è la molla che traina tutta la puntata e la sua storyline verticale già accennata. All’inizio salta fuori il sospetto che la sua versione della vicenda non sia così linda come si pensava. Da qui parte l’accusa di pedofilia e possibile incesto nei confronti dei figli, che i fatti poi smentiranno successivamente. In compenso, si dà adito ad una sua presunta omosessualità (da qui forse il difficile rapporto con la moglie) e infine, si può vedere la sua evoluzione caratteriale da “vittima” degli ambiziosi funzionari dello Stato a “giustiziere della notte” intento a minacciare e (forse) uccidere Dan O’ Brien (il che svelerebbe il retroscena legato alla sua morte).
Ma l’apoteosi della sua evoluzione caratteriale sta nell’emblematica scena finale in cui quello che può essere, a tutti gli effetti, considerato “il terzo investigatore della storia” finisce in una sorta di incubo lynchano (un po’ di Twin Peaks d’altronde c’è sempre stato in tutta l’opera di Nic Pizzolatto), dove si entra letteralmente nella “camera dalle stanze rosa” che era stata accennata nei ricordi della giovane Lucy Purcell.
Si è ancora ben lontani dal paragonare la scrittura di Pizzolatto a quella del duo Frost–Lynch, ovviamente, poiché per quanto geniali e contorte siano le trame dello scrittore di New Orleans, si sta sempre parlando di un procedural che utilizza uno schema ancora abbastanza classico di narrazione e anche perché sarebbe pura blasfemia, però il mix di indagini e di esoterismo che trasuda dall’ultima scena-cliffhanger nella villa Hoyt riesce nell’obiettivo di catturare l’attenzione dello spettatore.
Per il resto, True Detective prosegue nella sua ricerca di uno stile originale e incisivo per raccontare le proprie trame. Finora la ricerca ha prodotto buoni frutti: la trama prosegue incalzante, ed è interessante vedere il cambiamento nel rapporto tra i due personaggi protagonisti nel corso degli anni (qui l’episodio si concentra sulla quasi-fine del loro rapporto d’amicizia e di lavoro). Il rapporto tra Wayne e Roland ricorda, per molti versi, quello tra Rust (Matthew McConaughey) e Marty (Woody Harrelson) nella prima stagione. Probabilmente si tratta di una cosa voluta da regalare ai fan storici della serie, ma si tratta anche di un facile escamotage che stona con la ricerca, per l’appunto, di originalità che questa stagione cerca da un po’ e che rischia di rovinare tutta la suspense legata alla storia, dovesse questa apparire troppo una fotocopia della prima stagione.
Il rischio, comunque, è scongiurato grazie all’atmosfera che la serie riesce a regalare e ai dialoghi sempre intensi, nonché grazie alla prova eccelsa dei due attori protagonisti (Mahershala Ali e Stephen Dorff).
Non così eccelse, invece, le scene legate ad Amelia (Carmen Ejogo), ancora troppo acerba come personaggio, la cui funzione è semplicemente quella di aiutare i flashback dell’anziano Wayne. Le uniche scene dove risulta degna di nota sono quella nell’istituto religioso in cui pare si fosse rifugiata la fuggitiva Lucy Purcell (che sembra tanto una scusa per parlare del tema degli abusi sessuali religiosi così a cazzo) e la scena di presentazione del suo libro, in cui, forse per la prima volta, compare il famoso Uomo-nero-con-la-cicatrice già accennato nei precedenti episodi. Un personaggio, dunque, che ancora rimane in controluce per quanto riguarda la sua effettiva qualità all’interno della storia. Allo stesso modo del figlio della coppia, Henry, utile per quanto riguarda l’intenso dialogo padre-figlio nel presente, meno se si considera l’inattesa relazione con la giornalista che intervista il padre (un bel sticazzi ogni tanto è d’obbligo).
Si tratta, però, di piccoli difetti all’interno di una narrazione che risulta comunque sempre scorrevole e avvincente e che dimostra l’indubbia qualità della scrittura.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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If You Have Ghosts 3×05 | 0.08 milioni – 0.2 rating |
Hunters In The Dark 3×06 | 1.24 milioni – 0.3 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!