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Henley: “Did Dean ever make advances to you Did he ever ask me to suck his dick? Is that what you want to know? Well, even if he did, I ain’t no fucking homo. He never touched me, and I never touched him.”
Carr: “I never said you did.”
Henley: “I can tell that’s what you’re thinkin’! And you come in here with your little lezzie sob story. Takes a queer to know one. That what you’re sayin’? Fucking dyke trying to tell me who I am, when I said I’d tell you. Well, I’ve been tellin’ you. I ain’t no fuckin’ faggot. You can tell that to whoever’s gonna listen to that tape.”
Carr: “So you’re not a faggot, not a rapist, not a killer.”
Henley: “A boy got involved with a murderer.”
Carr: “I never said you did.”
Henley: “I can tell that’s what you’re thinkin’! And you come in here with your little lezzie sob story. Takes a queer to know one. That what you’re sayin’? Fucking dyke trying to tell me who I am, when I said I’d tell you. Well, I’ve been tellin’ you. I ain’t no fuckin’ faggot. You can tell that to whoever’s gonna listen to that tape.”
Carr: “So you’re not a faggot, not a rapist, not a killer.”
Henley: “A boy got involved with a murderer.”
Nel primo episodio stagionale non diretto da David Fincher, bensì da Andrew Dominik, la serie creata da Joe Penhall non smette di stupire lo spettatore con un avanzamento di trama lento, ma rilevante, coadiuvato da un’incredibile mole di sottotrame che continuano a farsi strada e guadagnare minutaggio. I protagonisti del crime drama più atteso dell’estate devono sopravvivere in una tempesta lavorativa in cui sembrano fare fatica a rimanere al passo, con i loro programmi e le richieste di intervento, dovendo stare attenti, giustamente, a non trascurare la loro complessa vita privata. Ogni personaggio del team dell’Unità Di Scienze Comportamentali vede il minutaggio a sua disposizione suddividersi equamente tra vita privata e lavoro, senza che le due narrazioni si intralcino a vicenda. A comandare la scena, comunque, è l’alone di pesantezza che episodio dopo episodio si fa sempre più spesso. L’atmosfera in un ambiente lavorativo, a volte, non è delle migliori, peggio ancora se si lavora a stretto contatto con serial killer e con persone mentalmente instabili. Il primo a pagarne le conseguenze è stato, nel finale della scorsa stagione, Holden, ma considerato il focus di questa stagione, pare essere arrivato il turno di Bill.
La sua storyline è fin da subito apparsa troppo importante per quello che stava succedendo realmente. Era facile supporre, quindi, che gli sceneggiatori avrebbero coinvolto il burbero personaggio nella ricerca dell’omicidio che ha sconvolto il suo quartiere. Uno sviluppo che non è stato necessario dal momento che uno dei carnefici del povero bambino crocifisso è suo figlio Brian. Questa storia devasterà sicuramente la famiglia Tench e metterà a dura prova soprattutto Bill, considerato il peculiare lavoro che l’uomo si ritrova a fare presso l’FBI: dall’alba dei tempi i figli imitano, ascoltano e osservano i propri genitori, prendendoli come modelli di vita. Questo delitto avrà anche gravi conseguenze lavorative per l’agente del FBI che lascerà inevitabilmente ancora più solo Ford.
Altro comportamento che potrebbe avere importanti conseguenze è la decisione di Wendy di fare coming-out, almeno apparentemente. L’ex ricercatrice universitaria aveva inizialmente deciso di nascondere il proprio orientamento sessuale per salvaguardare la sua carriera a Quantico, ma sembra ora non volersi più nascondere. L’aver usato la sua storia d’amore al college durante la strepitosa, dal punto di vista registico e recitativo, intervista con Henley, forse la porterà a dover chiarire la propria posizione nel merito e si sa che l’FBI, ai tempi, non era uno degli ambienti più aperti mentalmente. In ogni caso la sua rivelazione, come detto da Gregg, è stata essenziale per rendere l’ex collaboratore di CandyMan più disponibile a parlare. Un applauso va a Robert Alamayo per essere riuscito a rendere Henley, inquietante e intrigante allo stesso tempo, anche grazie ad una sceneggiatura eccelsa.
A non risultare utile, infine, è Gregg. Il character di Joe Tuttle, ad oggi, non ha ancora trovato la quadra, né all’interno dell’Unità, nè all’interno dello show. Che lui sia l’aggregato del gruppo è evidente e non tutti personaggi possono avere una personalità che buca lo schermo, ma se l’agente speciale sparisse già dal prossimo episodio lo spettatore, probabilmente, non se ne accorgerebbe. Si spera quindi che l’ultimo arrivato trovi un suo scopo all’interno della serie perché, fino ad ora, questo è il vero ed unico difetto di questa seconda stagione di Mindhunter.
La sua storyline è fin da subito apparsa troppo importante per quello che stava succedendo realmente. Era facile supporre, quindi, che gli sceneggiatori avrebbero coinvolto il burbero personaggio nella ricerca dell’omicidio che ha sconvolto il suo quartiere. Uno sviluppo che non è stato necessario dal momento che uno dei carnefici del povero bambino crocifisso è suo figlio Brian. Questa storia devasterà sicuramente la famiglia Tench e metterà a dura prova soprattutto Bill, considerato il peculiare lavoro che l’uomo si ritrova a fare presso l’FBI: dall’alba dei tempi i figli imitano, ascoltano e osservano i propri genitori, prendendoli come modelli di vita. Questo delitto avrà anche gravi conseguenze lavorative per l’agente del FBI che lascerà inevitabilmente ancora più solo Ford.
Altro comportamento che potrebbe avere importanti conseguenze è la decisione di Wendy di fare coming-out, almeno apparentemente. L’ex ricercatrice universitaria aveva inizialmente deciso di nascondere il proprio orientamento sessuale per salvaguardare la sua carriera a Quantico, ma sembra ora non volersi più nascondere. L’aver usato la sua storia d’amore al college durante la strepitosa, dal punto di vista registico e recitativo, intervista con Henley, forse la porterà a dover chiarire la propria posizione nel merito e si sa che l’FBI, ai tempi, non era uno degli ambienti più aperti mentalmente. In ogni caso la sua rivelazione, come detto da Gregg, è stata essenziale per rendere l’ex collaboratore di CandyMan più disponibile a parlare. Un applauso va a Robert Alamayo per essere riuscito a rendere Henley, inquietante e intrigante allo stesso tempo, anche grazie ad una sceneggiatura eccelsa.
A non risultare utile, infine, è Gregg. Il character di Joe Tuttle, ad oggi, non ha ancora trovato la quadra, né all’interno dell’Unità, nè all’interno dello show. Che lui sia l’aggregato del gruppo è evidente e non tutti personaggi possono avere una personalità che buca lo schermo, ma se l’agente speciale sparisse già dal prossimo episodio lo spettatore, probabilmente, non se ne accorgerebbe. Si spera quindi che l’ultimo arrivato trovi un suo scopo all’interno della serie perché, fino ad ora, questo è il vero ed unico difetto di questa seconda stagione di Mindhunter.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La nuova stagione di Mindhunter sembra non voler commettere passi falsi e continua spedita a macinare episodi di ottima fattura. L’atmosfera è pesante, le interviste sono irresistibili e le crisi individuali sono dietro l’angolo. Va benissimo così.
Episode 2×03 | ND milioni – ND rating |
Episode 2×04 | ND milioni – ND rating |
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.