Fear The Walking Dead 1×01 – PilotTEMPO DI LETTURA 7 min

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Nature, well, nature always wins.

Il finale di The Walking Dead, di Fear The Walking Dead e dell’umanità interà è descritto in questa breve ed incisiva riga. Si può combatterla, si può provare a modificarla, la si può aggirare e soggiogare ma alla fine, in qualche modo, la natura vince sempre. Una colata di asfalto, dopo anni, non ferma la crescita delle piante, l’inquinamento in qualche modo viene epurato dall’ambiente circostante, qualsiasi cosa che intralci l’ordine naturale delle cose alla fine viene bypassato dalla natura stessa. Le malattie, i virus, i batteri, sono tutte forme di preservazione di un ambiente, di un ecosistema, sono armi di difesa per tutti coloro che solcano la madre Terra e rappresentano un pericolo per l’equilibrio. L’uomo, grazie alla medicina, sta combattendo e ha sopraffatto moltissime pestilenze, come peste, ebola, malaria ma, nell’immaginario comune, ciò che trasforma i morti in affamati camminatori è un qualcosa di completamente privo di cura. Il virus che tramuta in zombie può essere interpretato come un mezzo per un fine: l’epurazione della razza umana. Quello definitivo.
Molti hanno storto il naso sin dal primo annuncio dello spin-off di The Walking Dead, ma d’altronde era una scelta quasi scontata visto che la serie è la più vista della tv via cavo. AMC, come già fatto con l’altra sua punta di diamante Breaking Bad, ha colto la palla al balzo provando ad ampliare l’universo narrativo collegato alla creatura di Kirkman e ha dato il via libera alla creazione di una serie ambientata in un periodo antecedente al vagabondare di Rick Grimes. Obiettivo e scopo duplice questo: ovviare alla costruzione di una serie clone che cannibalizzasse la principale (e viceversa), l’opportunità di presentare qualcosa di nuovo e fresco. La scelta, affatto stupida, è dettata dalla necessità di proporre qualcosa di relativamente nuovo al pubblico di The Walking Dead che, già ampiamente conscio di quali sono ritmi, abitudini e abitanti del mondo di Kirkman, ha da sempre aspirato a conoscere il modo in cui si è propagato il virus.
Nella prima stagione della serie madre era stato presentato il Dottor Edwin Jenner barricato in un centro del CDC, un character ideato appositamente per la serie e non presente nei fumetti che fino ad ora ha rappresentato il massimo punto di informazione circa le caratteristiche del virus. Bene, scordatevi (per ora) Jenner perché, come sempre affermato da Kirkman, l’obiettivo delle serie e dei fumetti non è quello di spiegare come e dove è nata l’epidemia ma di raccontare le storie dei sopravvissuti, i veri morti che camminano tra i non morti. Fear The Walking Dead deve essere approcciato con questa premessa, giusto per sconfiggere fin da subito eventuali speranze e ipotesi.
Se non lo si fosse capito dalle quindicimila inquadrature della skyline cittadina, il “Pilot” è ambientato a Los Angeles, nei sobborghi di Los Angeles, negli ospedali di Los Angeles e nelle scuole di Los Angeles. Così, giusto per sottolinearlo. Al centro della storia c’è una delle classiche anormali famiglie americane formate da madre (incinta e con molti sensi di colpa), padre fidanzato della madre, figlia (santarellina) e fratello (ribelle eroinomane) ed è tramite loro che Kirkman ha deciso di presentarci il mondo all’inizio della sua ecatombe zombie. Una scelta che si può definire “classicamente Kirkmaniana” visto che i Grimes non è che fossero proprio una famiglia felice, quindi niente di relativamente nuovo sotto questo punto di vista.
Si potrebbero fare (e si faranno) vari appunti a questo “Pilot”, non ultimo l’utilizzo massiccio della tecnologia e dei social. Nel mondo reale, il video dell’attacco zombie ai pompieri ripreso dall’elicottero sarebbe diventato virale nel giro di 2 ore e avrebbe potuto rappresentare un ottimo primo deterrente alla diffusione del virus. A Los Angeles invece, classica cittadina rurale, viene guardato con occhio critico, quasi fosse la scena di un film e, ok che ci si trova a due passi da Hollywood e che il found footage è un genere che va di moda, però il limite tra reale e finzione sembrava abbastanza chiaro. E questa è la prima macchia nel curriculum del “Pilot”.
In una series premiere che dura 63 minuti, di cui 58 passati alla ricerca dell’eroinomane scomparso, sorprende come l’attenzione alle relazioni tra i protagonisti e il focus imposto sull’intera famiglia Clark non siano riusciti a bucare lo schermo. Rick Grimes, pur nella sua iniziale situazione, da solo, era parso molto intrigante, astuto, un character con cui poter empatizzare: tutto il contrario di quanto visto finora. Travis, interpretato da Cliff Curtis, ricorda costantemente Kal Penn e non c’è momento in cui non ci si aspetti qualche battuta da parte sua; Fran Dillane come Nick ricorda fin troppo una brutta figura di Johnny Depp; Alicia, qui interpretata dall’omonima Alycia Debnam-Carey, è la classica ragazza perfetta con dei tratti ribelli che non si può non aver già visto da qualche altra parte; infine Kim Dickens come Madison appare costantemente bidimensionale e senza mezze misure oscillando in maniera poco convincente tra i vari “I don’t know if I want him to come home.” e “You need to find him. You need to call the police.“. Definirla sagra dei clichè è esagerato però davvero poco ci manca.
Kirkman, per la creazione di questo spin-off, si è avvalso dell’aiuto di Dave Erickson, uno che ha nel CV anche Sons Of Anarchy, sicuramente non uno sprovveduto. I due hanno sicuramente deciso di prendere le cose con calma, non accelerando subito la narrazione e dosando l’hype per i 6 episodi loro concessi nella prima stagione e questa è una scelta pienamente comprensibile. Presentandosi come prequel e con l’obiettivo di mostrare i primi giorni dell’epidemia, è ovvio attendersi un’escalation degli eventi e non subito una partenza con il botto. La quiete prima della tempesta è una caratteristica che doveva essere considerata sin dal principio e chi si lamenta per l’eccessiva calma sbaglia.
Non presentando sin da subito una situazione di guerriglia urbana il duo Kirkman-Erickson ha dovuto ovviamente focalizzarsi sui protagonisti errando però nel non prestare attenzione alla situazione globale. In frammenti di conversazioni tra Madison ed il secchione della scuola apprendiamo dell’esistenza di altri focolai negli States, proprio su questi sarebbe stato interessante soffermarsi raccontando la visione delle cose dal punto di vista del cittadino comune che cerca informazioni in tv e internet. Dimenticandosi di questo, si è puntato il riflettore sul figlio problematico che, fatalità, fugge dall’ospedale appena può. Ennesimo clichè.
Lo spin-off parte con due sicuri avvenimenti: c’è un’epidemia che trasforma le persone in zombie e non si troverà un modo per fermarla. Con questi presupposti il “divertimento” dovrebbe stare nel mezzo ma tra tutte le domande e le preoccupazioni che potrebbero sorgere durante l’ora di visione il vero punto saliente è solo uno: che lavoro fa Madison Clark? Insegnante, consulente o padrona assoluta dell’ospedale visti i modi con cui tratta dottori e medici? Se è questo il più grande punto interrogativo creato da una series premiere che dovrebbe presentare il mondo sull’orlo della distruzione più totale, allora, e solo allora, possiamo asserire di aver sprecato 1 ora di vita. Alleviamo però il dolore con la consapevolezza che, insieme a noi, hanno avuto la stessa sensazione i 10 milioni di americani che domenica sera si sono sintonizzati su AMC rendendo questo “Pilot” la series premiere più vista di sempre nei canali via cavo.
La domanda allora sorge spontanea: era davvero necessario uno spin-off? Forse anche si, sicuramente non nel modo in cui è stato fatto però.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ottimi effetti speciali e make up
  • Colpo di scena nel ruolo di Calvin come spacciatore e successivamente come zombie
  • Video virale dell’attacco ai pompieri
  • Clichè e famiglia fin troppo disfunzionale priva di appeal che buchi lo schermo
  • Sembra sia ambientata a Los Angeles ma ci son state poche inquadrature per poterlo dire con certezza
  • Ingenuità generale
  • Troppa attenzione rivolta alla ricerca di Nick

 

Nonostante il ritmo inizialmente lento ma in perfetta sintonia con le iniziali aspettative, il vero problema di Fear The Walking Dead sono i personaggi ed il modo in cui si è scelto di porre l’accento su determinate questioni piuttosto che su altre, decisamente più interessanti. Non si può gridare allo scempio perché l’attenzione ai dettagli scenici e la cura degli zombie è sempre molto intrigante, tuttavia ad ora non c’è alcuna vera motivazione per la quale si dovrebbe vedere la seconda puntata, né tanto meno il resto della stagione. Margini di miglioramento ci sono, basta sfruttarli a dovere.

 

Pilot 1×01 10.1 milioni – 4.9 rating

 

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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