Heroes Reborn 1×01 – 1×02 – Brave New World – OdessaTEMPO DI LETTURA 9 min

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C’era una volta, una ragazza dai capelli biondi come il grano. Amava la vita e, anche se spesso non era da lei ricambiata, per la ragazza andava bene lo stesso. Un giorno però si stancò di questa relazione a senso unico e decise di rimediare buttandosi dal punto più alto che riuscì a scalare. Un respiro profondo e poi un salto nel vuoto. La caduta, l’adrenalina che pompa come un fiume in piena, il crescente vuoto nella pancia per l’accelerazione e la forza di gravità. Poi l’inevitabile contatto con l’asfalto, il sangue, le ossa rotte e un sorriso di soddisfazione stampato sulla faccia come un tatuaggio sulla pelle. Si chiama Claire Bennett ed è nata con la straordinaria abilità di guarire da qualsiasi ferita e oggi il mondo conosce il suo segreto. Oggi il mondo sa che ci sono altri come lei e l’umanità è pronta ad accettarli. È l’inizio di una nuova era.
Finiva così Heroes, con la ragazza protagonista del mantra (poi diventato tormentone della serie) “salva la cheerleader, salva il mondo” che nel diciannovesimo episodio della quarta stagione rivelava in mondovisione di possedere dei superpoteri, svelando così anche l’esistenza di una nuova razza dotata di straordinarie e spettacolari abilità. Tutto è bene quel che finisce bene, e dopo tante preoccupazioni, guerre segrete, viaggi nel tempo e complotti governativi per controllare gli EVO ed impedire la divulgazione della loro esistenza, l’umanità li ha accolti di buon grado, facendo finire il tutto come la più dolce delle favole in cui l’uomo smette di avere paura di ciò che non conosce. Peccato che questo innocente finale buonista dai tratti fantascientifici, che ha per titolo lo stesso con cui si apre la prima puntata di Heroes Reborn, venga poi preso in mano e scosso con il dramma, il disfattismo, l’isteria e la tragicità di un William Shakespeare. La serenità di questa convivenza viene distrutta da un’attacco terroristico in cui gli EVO (o un gruppo radicale) sembra essere coinvolto: l’uomo si pisciava già nei pantaloni dalla paura quando non conosceva gli EVO, figuriamoci ora che sa cosa lo aspetta. È da queste interessanti e coraggiose premesse che la vecchia gang di Heroes si riunisce per questo revival moderno, ambientato cinque anni dopo la conclusione della serie originale, con Tim Kring, Jack Coleman e tutti gli altri di nuovo riuniti come alle dannate feste delle medie di cui tanto si lamentava Elio.
Premessa coraggiosa, si diceva, che cattura, ammalia e tiene incollati allo schermo per tutta la durata degli ottanta minuti di doppio-pilota ma, sfortunatamente, il coraggio e la bontà d’intenti vengono abbastanza minati dall’ansia da prestazione degli interpreti/registi/sceneggiatori che nella messa in scena delle due “Brave New World” e “Odessa” sfoggiano un comprensibile mix di stati d’animo e comportamenti che oscillano sopratutto tra timidezza e impaccio.
Partendo proprio da quello che stona e lascia un poco perplessi nella coppia “Brave New World/Odessa”, è quanto la reintroduzione di Heroes nel palinsesto televisivo sia stata oltremodo modesta, confezionando un’entrata in punta di piedi intrisa di eccessiva educazione che, nel suo chiedere gentilmente “permesso”, ha finito per riflettersi sulle puntate attraverso la sua lentezza e il suo eccessivo torpore, minando quindi la scorrevolezza che si classifica un po’ come altalenante: in certi punti fila spedito, in altri  invece sembra avere il fiatone e voglia fermarsi per riprendersi. Nonostante ciò, gli ottanta minuti si seguono perché gli elementi cardine del telefilm ritornano in una veste del tutto rinnovata, dove (coi sui pregi e difetti) Heroes riesce a risolvere l’enigma di ogni cinecomics: essere uguale e non tradire la tradizione, ma al contempo, riuscire a rinnovarsi.
Il doppio pilota, nonostante la sua eccessiva lentezza e la scorrevolezza di funzionare a tratti, si segue perché si rivede Noah Bennett, perché ritornano gli approfondimenti etico-filosofici sull’essere un eroe e la sua figura, perché ritorna la struttura in archi narrativi fumettistici, perché si rivede la spada di Hiro di nuovo sguainata, perché ritorna la simbologia della serie con annesse leggende/profezie, perché ritornano le atmosfere misteriose e altri genuini momenti di fanservice (sfruttati però alla grande e con sapienza, CGI da mercato del pesce a parte) che spingono sopratutto il vecchio pubblico a riscoprire il mondo degli eroi di Kring, ma se dovessimo togliere il fattore “feels” e tutti gli elementi che fanno leva sull’amarcord, “Brave New World/Odessa” sarebbero stati semplicemente un’accozzaglia di eventi criptici rappresentati con sequenze lente, destrutturate e apparentemente sconnesse che non forniscono nulla di concreto per capire il quadro generale e che, per di più, sembrano sempre in procinto di esplodere ma non lo fanno mai; addirittura, qualcuno potrebbe giudicare certe scelte come un bieco tentativo di rimettersi in gioco e ricalcare il successo di telefilm che sono riusciti a imporsi come innovazione (Marvel’s Daredevil), vedi la scelta di presentare un eroe in maschera tra i personaggi principali, anche se sbaglierebbe poiché Heroes è sempre stata una macchina di citazioni fumettistiche più o meno evidenti ed El Vengador non fa eccezione. Ma il rovescio della medaglia di tutto ciò, è che questo comportamento è anche comprensibile, perché rivedere Heroes di nuovo tra i nomi della programmazione seriale, è come vedere un Bruce Wayne ultracinquantenne, amareggiato e pieno di acciacchi che ritorna ad essere Batman.

C’è da tenere conto questo. Anche se non stiamo parlando di un telefilm eccessivamente datato, visto che in fondo sono passati solo cinque anni dalla sua conclusione, è assodato che le serie tv siano come i computer: ogni giorno ne esce uno nuovo e molto spesso più avanzato e funzionante di quello uscito il giorno prima (basti pensare che, in questi cinque anni di pausa forzata di Heroes, si sono affermati Breaking Bad, True Detective e Mr. Robot); la cancellazione dello show, purtroppo per lui, è stata abbastanza da etichettarlo come show retrogrado e legato a dinamiche ormai superate, e quindi le domande “ci ricordiamo ancora come si fa?” e “ma alla gente frega ancora qualcosa/si ricorderà di noi?” che giravano in testa a attori e registi erano più che legittime e comprensibili proprio perché anche loro stessi non troppo fiduciosi dell’idea del revival (ulteriore prova è il format delle puntate, spacciata come miniserie da tredici). Heroes non è cambiato, e su certe cose si vede e, da come le atmosfere sono presentate, sembra quasi che non se ne sia mai andato, quindi, proprio come quel Bruce Wayne anzianotto citato poc’anzi, non avanza la pretesa inutile di cambiare la sua sempre criminosa Gotham City, che nel frattempo è andata avanti senza di lui ed è addirittura peggiorata: decide, al contrario, di cambiare sé stesso ed adattarsi ai tempi, “consiglio” che segue anche Kring stesso prendendo quel finale quasi Disneyiano e buttandoci sopra un chilo di sfiga, paranoia, tragedia e terrore.
Anche qui c’è da dire che la premessa dell’isteria e della caccia al diverso non è originalissima e non è niente che Chris Claremont non abbia già trattato nei suoi diciassette anni di gestione degli X-Men, pluricitati nel doppio-pilota, non solo con citazioni spicciole (“ci lanceranno droni addosso”, riferito alle infami Sentinelle), ma anche con altre di più grande levatura che si rifanno alle tematiche portanti dei grandi classici degli Uomini X. La mossa vincente, però, è nel mettere abilmente a segno il gioco delle tre carte, dove queste tematiche e i toni fortemente ansiogeni, che dovrebbero contraddistinguere una ipotetica ultima stagione conclusiva, vengono messi in chiaro fin da subito; Nelle ultime stagioni di The Sopranos e di Sons Of Anarchy (per citare due diversi filoni di serie a sfondo gangster) poteva succedere di tutto, chiunque poteva morire senza pesanti conseguenze narrative: qui, in Heroes Reborn, se la doppia-premiere pecca nell’essere forse troppo modesta, si fa perdonare avvertendoci che potrebbe potenzialmente succedere di tutto, trattando non solo tematiche forti ma prendendo anche decisioni spregiudicate, prova i minuti spesi a presentare personaggi che muoiono in un batter d’occhio e l’uccisione della vecchia gloria del vecchio cast René, eliminazioni messe a segno senza troppi rimorsi e archiviate in tutta freddezza.
Ingranando una marcia del tutto bellicosa incentrate su tematiche impegnate come il razzismo, l’anti-antisemitismo e la diversità (tematiche, come mai prima d’ora, attuali) non solo ha la possibilità di approfondirle meglio di quanto gli X-Men possano fare al cinema per ovvi problemi di minutaggio e servendosi del vantaggio seriale, Heroes Reborn si crea la sua fortuna e trasforma una ideale chiusura utopistica in una fonte virtualmente inesauribile di spunti, approfondimenti e addirittura idee per le prossime stagioni (nel caso ci saranno); non è un caso se, infatti, la narrazione coinvolge nuovamente metodi di distribuzione multi-piattaforma con la pubblicazione correlata di fumetti, videogiochi e una webserie/prequel. Dove poteva semplicemente reboottare il tutto o creare la fiera dei buoni sentimenti, Kring decide di essere onesto con sé stesso e il pubblico, optando più per un restart della serie, per un re-pilot nel ricostruire una mitologia partendo da zero: scelta decisamente encomiabile e che, forse, pochi avrebbero preso. Ora, sta tutto nello sfruttare queste ottime e accattivanti premesse. 

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Nuovo set-up narrativo coinvolgente
  • Narrazione multi-piattaforma: utile per raccontare qualcosa che potrebbe appesantire la trama principale
  • Vecchie glorie returns
  • Esplorazione a tutto tondo del concetto dell’eroe
  • CGI un po’ povero
  • Narrazione multi-piattaforma: alla lunga può diventare ingestibile e generare incongruenze
  • Un pò timido e impacciato come inizio

 

È indubbiamente ancora troppo presto per dire se Heroes è ufficialmente rinato, anche perché qualche tiro deve essere ancora aggiustato, sopratutto bisogna superare l’ansia da prestazione di comprensibile manifestazione, quando si parla di tornare sul ring dei tv serials. A volte sembra di prenderti alla sprovvista e altre volte no, c’è insomma un po’ di indecisione sul da farsi, forse perché Heroes Reborn sta ancora cercando di capire i nuovi gusti del proprio nuovo/vecchio pubblico, ma c’è di buono che il serial ha voglia di osare e raccontare storie di forte impatto proprio come fece nell’ormai giurassico 2006, con la sua prima uscita. Cadrà vittima dei suoi stessi errori, oppure imparerà da essi e dai Nuovi Dei della serialità e tornerà a ruggire come un tempo? Solo le prossime undici puntate potranno risponderci, ma per come la serie si è presentata, il potenziale mostrato in “Brave New World” e “Odessa” può essere in grado di raccontarci grandi cose. RecenSerie, per il momento, salva questo doppio-pilota come beneficio del dubbio per la bontà di intenti del serial.

 

Brave New World 1×01 6.09 milioni – 2.0 rating
Odessa 1×02 6.09 milioni – 2.0 rating

 

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