“Noi lo chiamiamo schifo questo scempio, invece. Altro che miracolo.” (recensore dopo aver terminato la visione di suddetto episodio)
Lost ha rovinato il mondo delle serie tv e chi dice il contrario mente spudoratamente. Ma è sciocco affermare anche che Lost non abbia portato una rivoluzione positiva incredibile nel mondo seriale. Come è possibile che queste due affermazioni riescano a sopravvivere in contemporanea?
La serie con sceneggiatore Lindelof ha rivoluzionato il mondo seriale in quanto ha dato l’opportunità al media serie tv di cambiare, di adattarsi a nuovi schemi narrativi e costruttivi in quanto prodotto. Ed il suo riconoscimento popolare ha definitivamente abbattuto quella sottile linea di demarcazione che ancora sopravviveva tra il mondo cinematografico e quello televisivo: nonostante prodotti come Twin Peaks fossero delle vere perle di autore, Lost ha avuto l’accortezza di aprire il portone narrativo ad un pubblico ben più ampio e forse più predisposto al cambiamento, rispetto a quello a cui Lynch cercava di rivolgersi (a suo modo). Come si diceva, tuttavia, Lost allo stesso tempo ha rovinato il mondo delle serie tv: dal momento della sua messa in onda hanno iniziato a susseguirsi anno dopo anno prodotti che cercassero di richiamare gli spunti narrativi, determinati sviluppi o caratterizzazioni oppure altri dettagli della serie della ABC. Molti prodotti nascevano da una costola ideologica di Lost e cercavano di costruire la propria fortuna da essa. Ma i risultati erano quanto mai nauseabondi o senza senso. Come identificare questo tipo di serie tv? Molto semplice, basta ricordarsi tutte le volte che in un trailer promozionale vengono proferite le suddette parole “il nuovo Lost”: ecco, da questa precisa asserzione nasce la certezza che ciò che si sta per vedere è pura e semplice schifezza seriale. Flashforward era riuscito a salvarsi con un ottimo pilot, ma è naufragato presto. The Crossing non è stato capace nemmeno di portare in scena un buon pilot. Manifest non ci ha voluto nemmeno provare.
Il plot narrativo iniziale è presto detto: un nutrito gruppo di persone decide di prendere il volo successivo per poter incassare un buono in denaro da parte della compagnia aerea, ma il volo (probabilmente a seguito della turbolenza aerea) rimane come sospeso nel tempo per poi atterrare a cinque anni e mezzo di distanza.
I protagonisti si ritrovano quindi ad affrontare i cambiamenti occorsi nella loro vita e soprattutto dovranno fare i conti con gli effetti di questo salto temporale (premonizioni? Visioni? Ancora non si capisce bene).
Poteva risultare un ottimo plot, fintanto che ci si limitava al salto temporale senza dover per forza inserire all’interno della storia dei poteri sovrannaturali dovuti allo sbalzo di cinque anni. Ma in quel caso non saremmo qui a scrivere questa recensione e Manifest avrebbe ricevuto da RecenSerie un voto alto come riconoscimento.
Il problema di Manifest non rimane circoscritto nella storia (e già avere una pessima storia dalla quale partire è grave), ma è da ampliare anche alle dinamiche tra i singoli personaggi oltre che ai personaggi stessi.
Insomma, Michaela e Ben hanno la capacità di attrarre ed empatizzare con lo spettatore paragonabile a quella di un comodino. E loro due in teoria dovrebbero essere i personaggi principali, quindi di conseguenza quelli costruiti meglio e meglio trasposti. Di conseguenza potete tranquillamente immaginare l’infimo cast che compone la serie.
Per far meglio comprendere ciò che intendiamo con “empatia di un comodino” andremo qui di seguito a presentare una determinata scena del pilot, astenersi deboli di stomaco.
Durante la puntata vengono lanciati alcuni sporadici segnali ed allusioni al fatto che Michaela debba riuscire a voltare pagina e dimenticare qualcosa. Quando effettivamente a metà episodio circa viene rivelato (abbozzato anche in questo caso) il motivo di questo dolore fisico/psicologico, la scena appare chiaramente costruita (grazie a musica e riprese) per colpire nel profondo lo spettatore. Il risultato, vista e considerata l’apatia di Melissa Roxburgh (ma chi la conosce?), è invece quello di creare un velato menefreghismo nello spettatore che non può dispiacersi e struggersi per un personaggio da poco conosciuto e con il quale non riesce ad entrare in sintonia.
In conclusione, Manifest è una di quelle serie che andrà avanti senza far capire nulla al proprio pubblico. E non per un chiaro disegno di sceneggiatura (come fu per Lost), ma semplicemente perché si tratta di una serie confusionaria, fatta male e con scene completamente casuali e gettate alla rinfusa, con un cast che definire orripilante sarebbe ancora un complimento.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pilot 1×01 | 10.40 milioni – 2.2 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.