Selection Day 1×01 – Episode 1TEMPO DI LETTURA 5 min

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“La vita non è tutta un gioco.”

Tratta dal romanzo omonimo dello scrittore e giornalista indiano Aravind Adiga, Selection Day è l’ennesima produzione indiana Netflix degna di nota.
L’ultimo dei paesi extra-USA in cui la piattaforma digitale ha deciso d’investire nei suoi prodotti si era già messo in luce per Sacred Games e Ghoul, prodotti di nicchia certamente, i quali però sono riusciti, nel loro piccolo, ad attirare l’attenzione per essere pienamente inseriti nel contesto locale ma, allo stesso tempo, avvalendosi di una tecnica di storytelling e dei cliché di genere che permettono loro di essere apprezzati anche a livello globale.
Facendo leva, dunque, su questo glocalismo vincente, la nuova produzione di Netflix India s’inserisce in questa tendenza mettendo in piedi un dramedy (drama per le tematiche, comedy per la durata da 20 minuti scarsi) d’ambientazione sportiva.
Il che già di per sé è una novità in quanto le tematiche sportive sono raramente affrontate nella serialità internazionale, tanto più se riguardano uno sport talmente di nicchia (almeno per i pubblico occidentale) come il cricket.
Per i profani: il cricket è un gioco di squadra nato in Inghilterra nel 1500 e diffusosi poi in tutti i paesi del Commonwealth (soprattutto in quelli del sud-est asiatico tra cui, per l’appunto, l’India di cui è sport nazionale). Simile per alcuni aspetti al baseball, ha delle regole molto fluide per cui una partita può durare diverse ore, ma anche giorni altro che Holly e Benji.
L’importanza e la tradizione del cricket nei paesi del sud-est asiatico è qualcosa di culturalmente profondo (l’equivalente del calcio in Italia) perciò non c’è da stupirsi che, dovendo fare una serie d’ambientazione sportiva in questo paese, la scelta più ovvia sia ricaduta su una storia che riguardasse proprio questo sport.
Tuttavia, se l’ambientazione è locale, i temi trattati sono molto universali e affondano nel classico romanzo di formazione e nel mito anglosassone del self-made-man.
Protagonisti della storia sono due fratelli, Radha e Manju, provenienti da un villaggio povero dell’India, che coltivano il sogno di passare le selezioni per entrare a far parte di un’importante squadra professionista di cricket. Le selezioni sono aperte a tutti i giovani promettenti indiani e sono molto dure: solamente tre giocatori, fra tutti quelli provinati, verranno presi.
I due sperano di essere scelti fra questi tre in quanto per loro tutto ciò rappresenta una bella opportunità per sfuggire alla miseria del loro villaggio.
Ma più che a loro (che, pur essendo molto bravi, sembrano avere ben altri interessi in testa) sembra importare molto di più al padre. Da quello che i dialoghi rivelano del personaggio, infatti, questo ha passato la sua vita con il solo obiettivo di crescere dei campioni di cricket.
A cominciare dalla scelta della moglie (campionessa di cricket femminile) per avere i geni giusti, alle continue ore di allenamento, alle diete pensate apposta, fino alla pianificazione dettagliata della vita dei due per prepararli al famigerato selection day.
Il personaggio di questo padre-padrone è fra tutti quello più riuscito e il vero centro d’interesse della storia proprio per la sua attenzione malata nei confronti dei figli che non si capisce mai quanto sia una lecita preoccupazione di garantire loro un futuro migliore o (più probabile) una sua ambizione personale che si gioca sulla pelle dei suddetti figli.
In questo senso il cricket (si potrebbe dire “lo sport in generale”) si rivela per la sua doppia anima di “fonte di speranze” da una parte e di “ossessione mortale” su cui si giocano tutti gli interessi e le vite dei protagonisti di questa serie.
Non solo i due fratelli, infatti, ma tutti i personaggi presentati in questo pilot sembrano vivere in funzione di questa attività/sport che diventa così motore di tutto quanto.
Sembra quasi una trasposizione, in salsa indiana, di Open di Andre Agassi, autobiografia che fece molto parlare di sé proprio perché affrontava il tema dello sport da questo punto di vista così ambivalente in cui l’ambizione (soprattutto paterna) si può riflettere in maniera negativa sulle aspirazioni dei figli.
Anche perché gli interessi dei due fratelli sembrano essere altri rispetto a quelli paterni: il più grande dei due pare essere appassionato di scienze, l’altro si interessa di religione tanto da avere strane “visioni mistiche”, elemento questo accennato ma poi abbandonato a se stesso in maniera stranamente incomprensibile.
Va detto che, a scapito di tematiche e personaggi così interessanti, l’esiguità delle puntate e del loro minutaggio fa sì che tutte queste cose vengano fuori in maniera abbastanza velocizzata. Allo stesso modo vengono presentati numerosi personaggi di contorno che però sembrano staccati rispetto alla trama principale e buttati dentro la narrazione a caso.
Ed è un peccato perché in questo modo tutte le tematiche e i personaggi interessanti sopra-descritti risultano sacrificati. Tutto accade in maniera troppo rapida e veloce perché si possa creare una vera empatia con i personaggi, il che costringe per forza lo spettatore ad andare avanti nelle puntate per farsi un’idea precisa della storia.
Al momento la serie si caratterizza, quindi, per molte suggestioni interessanti ma con poca carne al fuoco per creare un vero interesse, perdendosi poi in tecnicismi che rischiano di far perdere l’interesse allo spettatore che è completamente avulso dal background culturale della serie.
Dati questi evidenti difetti all’episodio non si può dare più che un Save, che però va letto più come un incoraggiamento nel proseguire la visione dei successivi episodi per vedere come si evolve la trama dei due fratelli-future star del cricket.
Rimane il fatto che finora le produzioni indiane targate Netflix non abbiano ancora sbagliato un colpo confermandosi così foriere di prodotti originali che hanno il potere di catturare l’attenzione e di far scordare i difetti presenti in esse.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tematiche presentate e personaggi
  • Glocalismo vincente delle produzioni Netflix “made in India”
  • Dialoghi
  • 20 minuti sono troppo pochi per creare una qualche empatia con il pubblico, soprattutto se si tratta di una serie drama
  • Ritmo troppo veloce e personaggi appena abbozzati di cui non si capisce la funzione

 

Episodio fin troppo veloce per poter essere apprezzato in pieno. Però la storia e i personaggi sono interessanti. È un Save d’incoraggiamento più che di delusione.

 

Episode 1 1×01 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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