Vikings 4×11 – The OutsiderTEMPO DI LETTURA 5 min

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Dopo mesi passati da “The Last Ship“, Vikings aveva lasciato il pubblico in sospeso attraverso una mossa narrativa infame ma funzionale: un time-skip di diversi anni in cui si veniva catapultati in una Kattegat profondamente cambiata, inclusi tutti i personaggi del serial. All’epoca della recensione si era parzialmente condannato la scelta, cosa di cui non ci si pente tutt’oggi, ma vedendo cosa succede in “The Outsider” lo spettatore può comprendere maggiormente la decisione di Michael Hirst.
Rispetto alle precedenti tre stagioni, la cosa che salta più all’occhio è il fatto che la quarta abbia venti episodi invece che i consueti dieci. Potrebbe sembrare una caratteristica superficiale ma è un qualcosa da non sottovalutare poiché la disponibilità di episodi influisce sulla qualità della serie. Hirst lo sapeva che tutto ciò poteva nuocere alla sua creatura e, nel primo blocco della stagione, ne abbiamo avuto più volte la prova. Così la prima mossa dell’abile sceneggiatore britannico è rimescolare le carte in tavola, un po’ per esigenze storiche e un po’ per esigenze narrative.
Per quanto riguarda le esigenze storiche, Vikings ha sempre mostrato gli eventi più importanti e caratterizzanti della figura semi-mitologica di Ragnar Lothbrok, oltre che quelli contenuti nei manoscritti con lui come protagonista (come Ragnars Saga Loðbrókar), oppure che Michael Hirst riusciva ad inventarsi; poi c’era pure l’esigenza di far crescere i figli avuti da Aslaug velocemente per poter creare un contrasto con la nuova e le vecchia generazione di vichinghi. In più ci troviamo davanti anche ad un protagonista fortemente provato dall’età e dalle battaglie e, ok che l’esperienza è una delle armi più pericolose di sempre, ma tratteggiarlo ancora come l’arzillo e temibile combattente che era un tempo non sarebbe stato credibile. Addirittura seppellisce l’ascia di guerra con Floki poiché è talmente vecchio e stanco da non aver più la forza di litigare. Per quanto riguarda le esigenze narrative, quest’ultime sono tutte legate al fatto che la quarta stagione ha venti episodi e lo sceneggiatore doveva assolutamente cercare un taglio netto con il passato. L’ultima sconfitta contro i Francesi, infatti, ha segnato quello che era la chiusura di un prima era e, andare avanti con quello, sarebbe stato come cercare di fare una corsa olimpionica ad ostacoli muniti però di palla carceraria. C’era bisogno di una storia nuova, con nuove dinamiche e nuovi personaggi. Eccoci accontentati.
La mid-season premiere della quarta stagione soffre del difetto che la stagione sembra trascinarsi dietro da “A Good Treason“: non è ancora esplosa. La sensazione che si avverte è che Vikings stia aspettando il momento giusto per fornire quella scena, quella rivelazione, quello sbocco narrativo da far subito decollare il serial. Il punto è che questo momento ancora non è arrivato e ancora tarda ad arrivare. Riprendendo l’esempio di prima, è come se Vikings fosse bloccato ai posti di partenza e, mentre aspetta il colpo di pistola, fa dello stretching. Finora questo stretching ha regalato bei momenti, questo va riconosciuto, ma non è abbastanza. Fortunatamente, almeno per questa volta, “The Outsider” riesce a sovrastare questa sensazione con un’altra più piacevole: una sensazione di re-pilot.
In soldoni, quello che succede nella puntata non è niente di che, solo Ragnar e Ivar che interagiscono con diversi personaggi; il punto è che queste interazioni sono portate avanti in un contesto totalmente inedito. Sono passati circa vent’anni dagli eventi del mid-season finale e i personaggi che prima erano bambini o ragazzi, ora sono uomini; e quelli che prima ancora erano uomini, ora stanno invecchiando. Lo status-quo e i ruoli di potere sono cambiati e, pur conservando i titoli, le persone incaricate di portarli avanti sono diverse. Bjorn è il nuovo Ragnar, Ivar è il nuovo Rollo e così via. Vikings sta mostrando, insomma, un cambio generazionale e parte della formazione dell’ex-re Ragnar è quella di vedere il mondo che va avanti senza di lui.
E giusto per non farsi mancare niente, l’argomento principale della puntata è la voglia di Bjorn di viaggiare in una terra lontana e sconosciuta, proprio come fece Ragnar in “Rites Of Passage”, l’episodio pilota della serie. Quindi cambio generazionale ma anche la storia che si ripete. Nietzsche se la sta ridendo di brutto. Per tutta la puntata, Vikings non fa altro che mostrarci com’è questo nuovo mondo attraverso gli occhi di quelli che sono i veri due outsiders: Ivar (per via della sua condizione fisica) e Ragnar, ormai un ricordo in carne ed ossa del grande guerriero che fu. Questi due personaggi, in particolare, nonostante la puntata racconti gli eventi dal loro punto di vista, hanno un atteggiamento passivo e arrendevole verso gli eventi, quasi come se fossero dei rifiuti umani. Non a caso, infatti, il protagonista interpretato da Travis Fimmel cerca la morte tramite impiccagione. Un po’ lo fa come atto di redenzione verso gli errori del passato, e un po’ come umile gesto di scusa nei confronti di Odino. Il Padre di Tutti nella mitologia norrena era conosciuto come “il signore degli impiccati” poiché, come sacrificio a lui dedicato, venivano presi degli schiavi, criminali ed esemplari maschi di animali per poi impiccargli a degli alberi, rievocando il sacrificio che il dio compì per ottenere le rune. In più l’albero ha un significato simbolico molto potente nella mitologia norrena, in quanto si ispira all’albero del mondo Yggdrasil, ponendosi quindi come simbolo della vita.
Ragnar, insomma, sacrifica sé stesso per riabilitare la sua vita ma il corvo, animale totem di Odino, mangia la corda del re caduto e lo “salva”. Le cose sono due: o il Padre di Tutto rifiuta il suo sacrificio oppure non ha ancora finito con lui.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Time-Skip efficace
  • Cambio generazionale
  • “The Outsider” come “Rites Of Passage”
  • Ragnar e Ivar: gli Outsider
  • Ragnar VS Floki: l’età passa sopra a tutto
  • Bjorn: la storia si ripete
  • Più spazio ai figli bastardi di Ragnar
  • Enorme miglioramento in fatto di regia e fotografia
  • Mancanza di incisività

 

Dopo quasi otto mesi di pausa, Vikings ritorna a scaldare i mesi invernali con la sua infernale frenesia da berserker. Ancora manca quella sequenza narrativa che aiuti la quarta stagione a decollare definitivamente ma, questa volta, l’abile Michael Hirst ovvia a questa (grave) mancanza giocando l’asso del re-pilot. Nuovo contesto, personaggi cresciuti e un time-skip che aiutano la serie a recuperare nuovo slancio e linfa vitale. Speriamo che “The Outsider” sia la sferzata di cui si sente un disperato bisogno.

 

The Last Ship 4×10 2.39 milioni – 0.7 rating
The Outsider 4×11 2.4 milioni – 0.7 rating

 

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