Inganno, pietà, morte, vita: tutti questi temi vengono elegantemente toccati durante la puntata che spinge Hannibal in una situazione a cui non è abituato, ovvero l’essere scoperto, il trovarsi ad agire per nascondere i suo efferati crimini senza la meticolosità che da sempre lo contraddistingue.
Nella
scena iniziale dell’episodio, siamo nel palazzo-mentale di Graham e
nella tranquillità della pesca
lo vediamo dialogare con Abigail,
personaggio chiave della prima stagione; la ragazza spiega a Will come
dietro ad azioni apparentemente benevoli, si celino grandi inganni e
come ci si senta attratti da quest’ultimi quando perfettamente
mascherati: “Tuo padre ti ha insegnato a cacciare, e ora io ti insegno a pescare” “È la stessa cosa, non credi? Uno viene braccato, l’altro viene attirato con l’inganno”.
Will quindi, agisce su due registri differenti: stringe un patto con il Dr. Chilton e si sottopone a trattamenti con narcotici per focalizzare i suoi ricordi, vedere in che modo Hannibal è riuscito a incastrarlo e così facendo, insinua il dubbio della colpevolezza del Dr. Lecter nel Direttore dell’Ospedale Psichiatrico, da sempre convinto della colpevolezza di Graham.
Dall’altra parte, il profiler chiede a Beverly Katz di esaminare le prove che ha già davanti a lei in modo più attento e la donna, complice un’intuizione derivata dal caso della settimana, scopre il vaso di Pandora di Hannibal, costringendolo a compiere azioni che avranno conseguenze pesantissime per lui nei prossimi episodi. L’inganno e la tela fino a questo momento tessuti dal cannibale, si stanno stringendo sempre più e si preparano a cadere, celando l’orrore della personalità del Dr. Lecter.
Personalità che scopriamo attraverso gli splendidi dialoghi in cui è protagonista: con la moglie di Jack, Bella, affetta da cancro ai polmoni e prossima alla morte, Hannibal spiega come la fine della vita, sia per lui motivo per assaporare la bellezza e l’arte di cui siamo circondati, inanellando una serie di citazioni di spicco tra cui la mia preferita e senz’altro la più efficace rapportata a Lecter: “Per Socrate, la morte non è una sconfitta ma una cura“.
Hannibal non prova pietà e non è spinto da una sorta di compassione per le sue vittime; da notare come il caso di omicidio sia esattamente a lui speculare: l’agopuntore, psicopatica e terribile certo, è però convinta di liberare i suoi pazienti da dolori e sofferenze, aiutandoli a raggiungere una pacifica fine, attraverso la lobotomia, eliminando il male fisico e psichico. Le api, simbolo di vita, costruiscono la loro casa all’interno di un cadavere umano, rappresentante di morte certa; gli autori hanno saputo regalarci una serie di scene di fortissimo impatto visivo ed emotivo, riuscendo anche a collegare, attraverso l’intuizione di Beverly, la vicenda alla trama orizzontale.
Episodio fino a questo momento migliore di quelli che l’hanno preceduto, ricco di avvenimenti e di azione, che in un crescendo di tensione narrativa, non delude le aspettative ma solletica sempre di più il nostro appetito.
- Hugh Dancy e il suo convincentissimo Will: nelle scene in cui ricostruisce i ricordi, è da brivido
- Dialogo tra Hannibal e Bella
- Crescendo di suspence fino alla scoperta da parte di Beverly
- Nessun patologo si è accorto del rene mancante nel corpo dell’ “Affrescatore”?
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.