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Ogni mago ha il suo asso nella manica, il suo coniglio nel cilindro o la sua starlette abilissima nel reggergli il gioco ed aumentare l’effetto illusorio dei suoi trucchi. Essendo John Constantine un sedicente mago, speriamo davvero tanto che sotto quel trench coat abbia un trucco che somigli ad un paracadute, perché dopo questo episodio, la caduta libera del serial demoniaco di casa DC Comics ormai è evidente e palese anche per gente come Matt Murdock.
Il problema principale di “A Whole World Out There” e che da vita a tutti i successivi problemi della puntata, è che l’episodio è fatto con gli scarti. Per molti potrebbe sembrare che il problema dell’undicesimo episodio della prima stagione di Constantine, sia la sua natura prettamente riempitiva e fin troppo filler, ma in verità non è un problema così grosso. Vogliamo ricordare che la prima stagione di Constantine è formata da tredici episodi, ed essendo questa puntata quella che scocca il “meno due” al season finale, la decisione di confezionare un episodio di respiro e risparmiare le forze per il gran finale della stagione uno, a conti fatti è una decisione anche abbastanza saggia; ciò permette alla produzione di concentrare tutto l’hype per il finale di stagione nella dodicesima puntata, pasturando ottimamente l’attesa per il tredicesimo episodio. Quello che non è saggio però, è costruire “A Whole World Out There” con degli avanzi narrativi e tecnici.
Anche per chi non vive a pane e cinematografia, sa benissimo che le produzioni quali film e telefilm sono sostenute dal budget, che per quanto spropositato sia per alcuni di loro, ha comunque il suo limite. Ecco, questa tredicesima uscita di Constantine sembra esser stata scritta e diretta quando ormai quel budget stava per arrivare a cifra zero o giù di li, e questo lo si può capire da tre cose: gli effetti speciali decisamente poco curati, una CGI da oratorio feriale e una recitazione fortemente amatoriale, nonché degna degli studios della Asylum; il tutto poi, viene ulteriormente svalutato e avvilito da una trama enormemente povera e palesemente costruita per giustificare il ritorno di Richie Simpson nel cast di comprimari del bastardo Inglese.
Partendo da quest’ultimo, la trama della dimensione parallela e della casa piena di assassini e/o individui malefici e psicotici, è una storia che horror migliori di questa puntata hanno ormai sviluppato e trattato fino alla nausea; quello che può addirittura creare fastidio, è che l’episodio non si sforza nemmeno di essere originale, seguendo tutti i tipici cliché dell’horror secondo l’immaginario collettivo, ponendosi come scontato e prevedibile. Tanto valeva, a sto punto, metterci pure una testa di cervo che ride e abbiamo fatto il grande slam. Benché il finale, e sopratutto il discorso tra John e Richie, abbia sollevato qualche interessante tematica (grazie anche alla convincente recitazione di Matt Ryan e Jeremy Davies) ciò non basta a rivalutare l’intera trama; al massimo, lo si può etichettare come unico apostrofo di sollievo, tra le parole “già visto” e “che noia” della puntata.
Per i tre punti sollevati qualche riga sopra, invece, se il discorso degli effetti speciali e del campo fiorito in CGI può essere agilmente archiviato, dando così “la colpa” della loro pessima resa al bisogno della produzione di risparmiare, non possono essere graziati allo stesso modo i quattro attori scelti per interpretare le vittime in pericolo da salvare. Essendo comparse, è comprensibile che la loro abilità nel recitare sia ancora piuttosto acerba e da migliorare, ma ciò non toglie che la loro recitazione è totalmente priva di voglia e di emozioni: dalle loro facce si legge proprio la scritta “questa trama è una finzione”. Lo spettatore sa che quello a cui sta assistendo è pura fantasia, ma se sta guardando questo telefilm, è perché vuole godersi un’opera di fantasia ed essere piacevolmente intrattenuto per quaranta minuti, senza avere pensieri per la testa. Ma davanti a questo acting poco convinto, la sospensione dell’incredulità diventa davvero cosa ardua.
“A Whole World Out There” è una puntata generalmente bruttina data la fusione di una pochezza di idee e mezzi disarmante. Ma se da una parte lo spettatore può passarci sopra, viene poi difficile perdonare il fatto che l’episodio sia stato confezionato con poca voglia di dirigerlo. Per parafrasare il detto: “Non c’è peggior soldo di chi non vuole ascoltare”, allora diciamo che: “Non c’è peggior telefilm di chi non vuole intrattenere con il dovuto metodo e attenzione”.
“A Whole World Out There” è una puntata generalmente bruttina data la fusione di una pochezza di idee e mezzi disarmante. Ma se da una parte lo spettatore può passarci sopra, viene poi difficile perdonare il fatto che l’episodio sia stato confezionato con poca voglia di dirigerlo. Per parafrasare il detto: “Non c’è peggior soldo di chi non vuole ascoltare”, allora diciamo che: “Non c’è peggior telefilm di chi non vuole intrattenere con il dovuto metodo e attenzione”.
L’angolo del Nerd della fumetteria all’angolo
Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del maghetto inglese? (intendo Constantine eh, non quell’altro quattrocchi sfregiato). Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents OfS.H.I.E.L.D., Marvel’s Agent Carter, The Flash e Gotham eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.
- L’università dell’episodio è la Ivy University, campus in cui, nei fumetti, insegnava Ray Palmer: Atom, per gli spettatori di Arrow.
- Sempre parlando del complesso studentesco, all’interno della Ivy University c’è un’aula chiamata “Bradstreet Hall”. Il nome è un omaggio al famoso ed acclamato disegnatore Tim Bradstreet, celebre sopratutto per la creazione di suggestive copertine di fumetti, in particolare per quelle del mensile Hellblazer.
- Nell’ufficio di Richie Simpson ci sono diversi richiami alla band di Constantine: i Mucous Membrane. Questi rimandi compaiono sotto forma di vari poster e gadget di vario tipo sparsi per la stanza.
- Ricompare Richie Simpson, vecchio amico di lunga data di John Constantine, comparso per la prima volta su Hellblazer #7 del 1988 e ucciso subito in quell’occasione. Richie era un membro della Newcastle Crew e che, come Ann-Marie e Gary, partecipò agli eventi di quel terribile episodio che segnaò tutti i partecipanti per sempre. Richie poi si specializzò in computer cercando di vivere una vita tranquilla, ma quando poi cercò di aiutare John nella sua missione contro la Resurrection Crusade, quest’ultimo venne ucciso; il suo spiritò riuscì però a salvarsi entrando in un computer.
- Forse non è un riferimento intenzionale, ma vale la pena dirlo: quando viene mostrato il libro di incantesimi Egizio, si può notare come molti simboli stampati sulle sue pagine richiamino animali e/o divinità della mitologia Egizia, figure connesse in qualche modo con alcuni personaggi DC. Abbiamo l’iconografia di Isis (moglie di Black Adam), Maat (avatar di Hawkman e Hawkgirl) e diversi simboli raffiguranti scarabei (citazione di Blue Beetle).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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A meno due dal season finale, Constantine propina al suo pubblico l’episodio di respiro “A Whole World Out There”, dimostrando solo di aver il fiato corto ed essere piuttosto stanco e fiacco. Saranno forse le troppe sigarette, eh John? No, è solo mancanza di voglia e di idee. Non c’è niente di peggio di una storia costruita con poca voglia di raccontarla, perché poi si perde presto la voglia di sentirla. Speriamo che questa clamorosa caduta di stile sia solo una parentesi, e non una previsione del prossimo andazzo della serie.
Quid Pro Quo 1×10 | 3.50 milioni – 0.9 rating |
A Whole World Out There 1×11 | 3.30 milioni – 0.8 rating |
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