Con un anno di ritardo, ci apprestiamo a parlare del “Pilot” di Hand Of God, serie ideata da Ben Watkins con la regia di Marc Foster. L’intera prima stagione è infatti stata rilasciata da Amazon il 4 settembre dell’anno corrente, ma tale “Pilot”, con una formula da noi già conosciuta (come qui, o qui), era stato lanciato alle folle la bellezza di un anno fa, ottenendone riscontro positivo.
I fan di Sons Of Anarchy difficilmente potranno dimenticare Clay, personaggio interpretato da un superlativo Ron Perlman e sarà probabilmente questa fetta di popolazione che, come mosche sul miele, verrà attratta da questo nuovo show. La curiosità di vedere un ex-biker/gangster, alle prese con crisi mistiche e aule di tribunale, potrebbe quindi essere il motore decisivo. Perlman, però, è soltanto la punta dell’iceberg di un cast tutt’altro che anonimo. I fan di The Wire non potranno non riconoscere Andre Royo (Bubs) in versione Carlo Conti sindaco della città; allo stesso modo chi ha seguito New Girl quest’anno riconoscerà sicuramente il prete ciarlatano, interpretato dal britannico Julian Morris. Non sono questi però gli elementi che devono colpire dopo la visione della series premiere di Hand Of God.
Partiamo con il dire che, nella storia della recente serialità, una scrittura di tipo realista e materialista ha sempre avuto qualitativamente la meglio nei confronti del soprannaturale e del mistico. Questo per un semplice motivo: nel realismo puro, inserire tracce di mistico (i sogni di Tony Soprano ne sono un eccellente esempio) non fa che insaporire il tutto; al contrario, quando in show di impostazione soprannaturale (di qualsiasi caratura, dal teen drama trash – The Vampire Diaries – al misticismo introspettivo – Resurrection) inevitabilmente emerge il lato umano e quotidiano e, a quel punto, sopraggiunge noia.
Ecco perché la lettura della sinossi di Hand Of God potrà lasciare freddini e diffidenti, con Ron Perlman a fare da unico magnete nei confronti dello spettatore serial-dipendente. Ma, vinta questa primaria incertezza, ci si troverà di fronte ad una piacevolissima sorpresa, a conferma delle ottime capacità produttive delle piattaforme online. Se l’approccio alla visione è contornato dalla consapevolezza di assistere a figli in coma, visioni mistiche e drammi familiari, a fine visione emergeranno più incoraggianti concetti chiave: grottesco, ambiguo, avvincente.
Un potentissimo giudice, ammanicato con i “potenti cittadini” (tra cui il sindaco “Bubs”), ha un esaurimento e, da che era andato in chiesa solo due volte, rinasce spiritualmente, seguendo la strada indicatagli da Dio. Peccato che tale idilliaco quadretto sia rovinato da pessime sentenze, scenate in pubblico, abuso di potere e personaggi di chiesa moralmente ambigui. Se per caso pensate di star assistendo ad una serie pseudo-religiosa, filo-mistica e simbolica, state sbagliando di grosso: il tutto viene abbondantemente ridicolizzato e trasposto nei disagi che un certo tipo di spiritualità impone nella società contemporanea. Si potrebbe addirittura ricondurre Hand Of God al genere della black comedy dove il dissacrante la fa da padrone, se non fosse che l’aspetto burlesco è ridotto ai minimi termini e sparso qua e là nei 65 minuti di episodio. Prevale invece la dimensione estremamente drammatica della vicenda, capace sì di dirottare l’attenzione verso il black humour che ne fuoriesce, ma non da distaccare l’attenzione dalla dimensione drama.
L’ambiguità la si trova facilmente nel protagonista. Abituati a vedere un Perlman malvagio (ad eccezione di quando si incarna in Hellboy), logica vuole che il suo Pernell sia un personaggio positivo. Tutto diventa più familiare quando di fronte ai nostri occhi scorre la successione di scene montate in maniera alternata tra il discorso in chiesa, nel finale, e la tortura al poliziotto Shane da parte del novello Benea Benaia. Ed è in quel momento che emerge ulteriore ambiguità: senza prova alcuna se non segni mistici, un poliziotto padre di famiglia viene accusato di essere uno stupratore e la cosa si rivela vera. Il classico “nulla è come sembra” fa capolino, a conferma del fatto che l’aspetto mistico e soprannaturale è sì presente, ma usato con il contagocce, onde evitare la metamorfosi di Hand Of God in un qualcosa di visto e rivisto.
Ma, con il colpo di scena finale, si mette in cassaforte anche un altro aspetto tutt’altro che trascurabile in una serie TV: la curiosità dello spettatore. Tutto ciò che era scorso nei precedenti minuti induceva a chiedersi: “cosa andranno a spalmare nel resto della stagione?”. Inutile dire che l’aggiunta della componente thriller/mistery aiuta, non poco, a rendere avvincente uno script che sulla carta non sarebbe stato facilmente fruibile da tutti. Senza voler mettere sul piatto scomodissimi paragoni, non è anche poco stimolante la sinossi che vede un uomo di mezza età che scopre di avere il cancro e che inizia a rivedere il suo concetto di moralità?
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.