Heroes Reborn 1×07 – June 13th (Part 1)TEMPO DI LETTURA 5 min

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Diciamolo senza mezzi termini: i viaggi nel tempo sono un casino, sia dal punto di vista del viaggio in sé compiuto dal viaggiatore, sia dal punto di vista concettuale da applicare alla trama.
Sempre accattivante a livello di narrazione, a livello effettivo, un viaggio temporale presenta sempre diverse seccature, poiché sono tante le teorie e le scuole di pensiero da consultare e da prendere in considerazione. Da tener conto anche il “come” presentare un viaggio temporale, perché un viaggio nel tempo può anche generare facile scontento tra il pubblico dato che, a volte, può essere solo un modo gentile per dire “retcon” o anche “reboot”: rappresentati più forbiti di espressioni come “asso taglia tutto”. Una manovra, insomma, abbastanza impopolare perché vista come incapacità di sistemare la continuità senza ricorrere al “colpo di spugna”. Superman ne sa qualcosa.
Heroes Reborn, in questa prima parte di “June 13th”, torna a giocare con il continuum spazio-temporale, la sua fragilità e l’importanza di non sballottarlo troppo, tematica da sempre molto importante della serie gemella e sempre trattata con un occhio di riguardo. Ma come avrebbe agito la serie sul discorso “viaggio temporale”? Alla “Terminator”, o alla “Ritorno Al Futuro”? Oppure con una soluzione più buonista? Probabilmente indecisa su chi scegliere, Heroes Reborn incorpora entrambe le scuole di pensiero in un mix inaspettato e sorprendente per la sua resa. Fortunatamente, quando si parla di viaggi e viaggiatori del tempo, il cinema ci ha fornito due grandi e semplici esempi che possono essere usati come modello per spiegare le filosofie che vanno per la maggiore, quando si tratta di parlare di questo argomento. “Terminator” abbraccia una visione più dispotica e greve riguardo al cambiamento del passato, affermando che un viaggio nel tempo è la sola e unica azione che può giustificare quanto succederà in futuro, creando un concatenamento di eventi ciclico destinato sempre e per sempre a ripetersi. “Terminator” = il destino è già scritto.
“Ritorno Al Futuro” enuncia, al contrario, una visione più positiva e speranzosa sul cambiamento della linea temporale, mostrando la storia malleabile come pongo e totalmente influenzabile da qualsiasi azione, sia benigna, che maligna. “Ritorno Al Futuro” = il destino lo scriviamo noi. Con “June 13th (Part 1)” si uniscono entrambe le filosofie in uno spiazzante colpo di scena, ripescando dal cilindro quella voglia di osare avvertita nel pilota.
Forse perché Heroes ci ha sempre abituati mostrando i deprimenti scenari futuri, sempre sventati dai protagonisti, pochi si sarebbero aspettati che Noah e Hiro avrebbero deliberatamente permesso il disastro di Odessa perché evento così importante che il suo impedimento avrebbe “calpestato troppo farfalle”, come dice il nostro nipponico amico. Il fatto che poi gli showrunner ci mostrino anche minuto per minuto la tragedia (resa con degli effetti speciali abbastanza amatoriali) rende ancora più drammatica la scelta di mostrare il disastro e di lasciare che avvenga indisturbato. Un disfattismo che genera discussioni su una tematica forse poco affrontata perché fortemente ambigua: può una buona azione (fermare gli eventi del 13 Giugno, per l’appunto) generale del male? Davvero bisogna lasciare, a volte, che il male faccia il suo corso? A quanto pare, a volte si.
Ma proprio quando la storia aveva preso la tangenziale “Terminator”, la trama svolta sulla super-strada “Ritorno Al Futuro”, dicendoci che, si, certo alcuni eventi non possono essere cambiati e bisogna farsene una ragione, ma questo non vuol dire che non si possa aggirare l’ostacolo in qualche altro modo. Citando, senza vergognarsi, “Star Wars: Una Nuova Speranza”, arrivano provvidenzialmente i figli di Claire Bennet a donare, per l’appunto, una nuova speranza ai nostri eroi. O meglio, più che arrivare, diciamo che ritornano, perché uno dei due si scopre essere il nuovo Peter Petrelli della situazione: Tommy “Nathan” Clark, ora anche in versione Luke Skywalker. Forse qualcuno potrebbe considerarlo un plagio abbastanza palese del primo film di una delle saghe più celebri del cinema, ed essere anche piuttosto innervosito dalla cosa, ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: se la sono giocata incredibilmente bene e nessuno si sarebbe mai aspettato uno sviluppo del genere. Resta solo da scoprire chi sia la nostra Leila Skywalker-Organa.
Nonostante questi colpi di scena e sviluppi narrativi abbiano risollevato il morale a questo revival dall’andazzo molto ma molto altalenante, c’è ancora qualcosa che cigola e scricchiola. Prima di tutto, i figli stessi di Claire. Tralasciando la questione “mater semper certa est, pater numquam” (perché siamo sicuri che la trama sull’identità del padre dei bambini sarà sviluppata in futuro) il fatto che l’ex-cheerleader abbia avuto dei pargoli è uno sviluppo abbastanza contraddittorio alla sua caratterizzazione dato che, nella quarta e ultima stagione di Heroes, Claire sembrava aver instaurato una relazione omosessuale con la sua compagna di college Gretchen Berg; o almeno, questo è quello che gli showrunner, nel “lontano” 2010, volevano farci credere.
Non prendeteci per omofobi, non è questo che vogliamo far trasparire, è che stiamo solo cercando una logica dietro questo colpo di scena incentrato su un personaggio molto importante della serie gemella di Heroes Reborn. Cosa le ha fatto cambiare idea? E che fine ha fatto Gretchen? Ma forse non è proprio il caso di fasciarsi così tanto la testa, dato che è già abbastanza disturbante di suo parlare di un character così al centro dell’attenzione… che manco appare in uno straccio di cameo per tutti i quaranta minuti di puntata. E’ come avere una serie tv su “Ritorno Al Futuro” che parla continuamente di Marty McFly, senza mai mostrarci un Michael J. Fox neanche in fotografia. E questo è sicuramente male, ma una toppa ce la mettono la cospicua parte di protagonismo ritagliata da Mohinder Suresh, Angela Petrelli, Hiro Nakamura e altre vecchie glorie del serial, che lobotomizzano in parte queste domande e ci regalano una bella dose di feels che sa di/fa da assuefante morfina.
Amaris in fundus: il “master-mind villain” della serie Erica Kravid che, semplicemente, ancora non funziona, non tanto per la caratterizzazione, quanto per mancanza di carisma emesso dall’attrice Rya Kihlstedt. Si avverte proprio che il personaggio non è semplicemente suo e non riesce a portarlo in scena con genuinità.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Viaggio nel tempo tra “Terminator” e “Ritorno Al Futuro”
  • Grandi colpi di scena inaspettati 
  • “Tommy Skywalker”
  • Il ritorno delle vecchie glorie 
  • Gli effetti speciali
  • Erica Kravid 
  • Claire Bennet

 

Prima parte di questa scampagnata nel passato assolutamente convincente. Qualche ingranaggio non oliato come si deve ce l’ha “June 13th (Part 1)”, ma poca roba rispetto alle altre emozioni di forte suspance che ci regala. Detta in una sola parola, magari anche Inglese? Stunning!

 

Game Over 1×06 3.80 milioni – 1.1 rating
June 13th (Part 1) 1×07 3.95 milioni – 1.0 rating

 

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