Siamo giunti a meno di un terzo del percorso stagionale di 12 Monkeys, dunque ogni giudizio in merito a questa seconda annata potrà sembrare quantomeno azzardato, eppure, terminata la visione di “Emergence”, è impossibile non rimanere colpiti dall’ottimo lavoro autoriale compiuto fino a questo punto. Come sempre, prima di procedere con la recensione, vi proponiamo una breve sinossi dell’episodio per permettere agli spettatori più pigri di fare il punto della situazione. In seguito al paradosso scatenato dalla Messaggera nello scorso episodio, Katarina ha perso i contatti con Cole e Cassie, che quindi risultano bloccati nel 1944.
La Jones decide così di inviare Ramse nel passato per riportarli indietro sani e salvi, promettendogli in cambio libertà per lui e suo figlio. Una volta arrivato, però, viene investito da un auto e non riesce a giungere in tempo per evitare che i due vengano arrestati in seguito all’esplosione causata dal paradosso. Il Viaggiatore riuscirà comunque a farli scappare e a riportarli nel presente. Intanto, nel 2044, Katarina incontra Jennifer nel suo accampamento e, dopo aver ingurgitato il suo intruglio allucinogeno, viene “accompagnata” dalla leader delle daughters in un viaggio incorporeo alla scoperta del tempo e della sua vera natura, facendo luce, inoltre, sul piano dell’esercito delle 12 Scimmie: far collassare il tempo eliminando i cosiddetti Primari, veri e propri pilastri su cui poggia l’intera struttura spazio-temporale. Sul finale scopriamo inoltre che il Pallid Man è in realtà il figlio della Messaggera artefice del paradosso avvenuto nel 1944 (arrivata alla “fine del suo ciclo” nel 1971), che in punto di morte gli rivela l’importanza del suo ruolo all’interno del piano messo a punto dall’esercito.
“A colony of ants, all in a line. Hundreds, thousands. But one ant only knows of three: the one in front, the one behind and itself. Until…It steps out of the line, then it sees everything.”
La serie targata SyFy, zavorrata da gravose aspettative legate al suo nobile lignaggio cinematografico, è riuscita progressivamente a consolidare una propria personalità, offrendo un racconto sci-fi in grado di stupire e appassionare nonostante un’evidente ristrettezza economica in termini di budget. Con “Emergence” questa personalità raggiunge piena realizzazione, rivelando una solida struttura narrativa finora rimasta celata dalla considerevole mole di eventi che Matalass e Fickett hanno deciso di raccontare. I colpi di scena in questo quarto episodio non mancano e la struttura del serial, che qui subisce un cambio di direzione repentino per quanto riguarda lo sviluppo della trama orizzontale, riesce a solleticare con estrema continuità la curiosità dello spettatore.
A dominare la narrazione, come è ovvio che sia, è sempre il tempo. L’avvicendarsi dei diversi accadimenti, il loro tornare indietro per poi flettersi fino quasi a comprimersi, sono tutti elementi che concorrono a creare un affresco pieno di richiami a eventi perfettamente incastonati in un ordito narrativo sufficientemente coerente (gli errori di scrittura ci sono, come avevamo già puntualizzato nella precedente recensione, ma non si tratta di sviste gravi) senza scadere nella solita contrapposizione tra destino e libero arbitrio. In tal senso possiamo concepire questo quarto episodio come una seconda parte del precedente, complementare grazie alla sua funzione rivelatrice in merito a tutti quei piccoli particolari rimasti irrisolti settimana scorsa (come ad esempio la telefonata muta ricevuta da Cole, rivelatasi opera di Ramse).
L’episodio, inoltre, rappresenta un punto di svolta fondamentale per quanto concerne il masterplan architettato dall’esercito delle 12 Scimmie. Naturalmente in questo episodio il piano viene solamente accennato, rivelando allo spettatore soltanto l’obiettivo ultimo (uccidere tutti i Primari appunto) ma senza spiegare le ragioni che stanno dietro alla pandemia globale e lo sterminio di questi esseri umani “prescelti” nelle epoche passate. Molto probabilmente la ricerca di Crawford nel ’44 è da imputare a un suo mancato contagio nel presente, motivo che ha spinto i Messaggeri a estirpare il problema alla radice, altrimenti non si spiegherebbe la necessità di un viaggio nel tempo. Oppure, più semplicemente, si tratta di un piano maturato a posteriori, quindi antecedente alla pandemia, ma questa ipotesi, oltre che essere meno affascinante, risulta anche meno probabile. In tutto questo, rimane misterioso il ruolo del Testimone che in questo episodio (giusto per ingarbugliare ulteriormente il già intricato ordito narrativo) viene inoltre menzionato dalla Messaggera nel faccia a faccia con Cole, il quale viene risparmiato proprio in seguito a un suo ordine diretto. Rispunta inoltre il Pallid Man, del quale finalmente apprendiamo l’identità e l’origine della sua forza. Insomma, a soli quattro episodi dall’inizio di questa seconda stagione, tante sono le questioni risolte, tantissime invece sono quelle insolute. Non ci resta che pazientare e confidare in una rapida risoluzione del mistero, anche perché, nonostante il nostro apprezzamento per la serie, gli ascolti sono quelli che sono e il Mietitore Seriale, sempre in agguato dietro l’angolo, potrebbe ostacolare la nostra sete di curiosità.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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One Hundred Years 2×03 | 0.40 milioni – 0.1 rating |
Emergence 2×04 | 0.42 milioni – 0.1 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.