From 3×07 – These Fragile LivesTEMPO DI LETTURA 7 min

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Recensione From 3x07Questa settima puntata ambisce a intensificare il velo di mistero che avvolge personaggi e luoghi, ma, in questo tentativo, finisce per smarrire slancio narrativo, relegando lo spettatore a un limbo di aspettative in parte disattese.
Le premesse continuano a esercitare un fascino oscuro, e i temi esplorati restano coinvolgenti, ma l’episodio mostra segni di un evidente ristagno, incapace di imprimere una direzione definita a molti dei suoi filoni narrativi, soprattutto dopo una breve successione di episodi che sembravano aver finalmente indirizzato la trama verso un orizzonte più chiaro. In questo contesto, la puntata assume quindi il carattere di un segmento transitorio, incapace di generare avanzamenti significativi, pur introducendo colpi di scena che stimolano nuove riflessioni e ampliano la sfera delle teorie possibili.

THE GOOD NURSE


La vicenda di Fatima si pone al centro dell’episodio, ma il suo sviluppo appare gravato da incertezze e ridondanze narrative. La sua incrollabile convinzione di portare in grembo una nuova vita, malgrado l’esito negativo dell’ecografia, si contrappone alle spiegazioni razionali proposte da Kristi e Mari, delineando una tensione tra realtà e percezione che attinge a temi psicologici più complessi.
Fatima emerge come un personaggio tormentato, in bilico tra inquietudine e ira, che regala, grazie a Pegah Ghafoori, un’interpretazione molto intensa e coinvolgente, che tuttavia fatica a imprimere un’accelerazione al ritmo generale della puntata. L’ipotesi di una gravidanza immaginaria o psicosomatica, pur intrisa di un’affascinante ambiguità, resta sospesa, lasciando il pubblico in un limbo che, se protratto, rischia di attenuare l’interesse per il personaggio e per il suo enigma interiore.
All’interno di questo contesto inquietante, Marielle ricopre un ruolo molto ambiguo. L’offerta di trascorrere la notte con Fatima alla Colony House, accompagnata dalla proposta di attaccarla a una nuova flebo proveniente dall’ambulanza appena arrivata, appare quantomeno sospetta.
A maggior ragione se si aggiunge anche “l’aggravante” della misteriosa medicina donata a Fatima in tempi molto sospetti – la si può anche vedere per un secondo in un primo piano del comodino della ragazza – ovvero poco prima che iniziassero a manifestarsi cambiamenti nei comportamenti e soprattutto negli strani appetiti della ragazza.
Piccola nota a margine sulla sequenza iniziale in infermeria: un elemento interessante emerge quando la telecamera si sofferma sui due flaconi di antipsicotici sul tavolo, rivelando che sono stati prescritti a M. Thompson. Sebbene nessun personaggio con il cognome Thompson sia stato ancora introdotto, due figure – Tillie e Baaka – non hanno ancora visto svelato il proprio cognome e, poiché Tillie potrebbe essere il diminutivo di Matilda, risulta plausibile che questi farmaci appartengano a lei.

STA VECCHIA È SOSPETTA


Nel corso delle ultime puntate, il legame tra Fatima e Tillie si è approfondito in modo significativo, e ora, con una leggerezza quasi inquietante, l’anziana si offre di aiutarla, giustificando il suo improvviso interesse con un semplice: “I’m old and I’ve cancer. I like a good love story.” Ma dietro questa dichiarazione apparentemente innocente potrebbe celarsi invece la consapevolezza di un destino imminente, come se Tillie avesse già compreso che la sua fine fosse prossima e soprattutto predeterminata. Il suo comportamento, quindi, non sembra altro che una parte di un piano più ampio, studiato per preparare Fatima e lo spettatore agli eventi che seguiranno.
La morte di Tillie appare dunque prefigurata dalle sue stesse parole: “None of us get to stay forever“, che suonano come un laconico presagio di morte in anticipazione di ciò che sta per accadere. A questa consapevolezza si aggiunge poi la riflessione fatta a Ellis, in cui afferma che la morte potrebbe rappresentare l’inizio o la metà di una grande avventura, piuttosto che la sua conclusione (“You start to wonder how it could be anything but the beginning of some grand adventure.“). Queste parole acquisiscono quindi una dimensione profetica, come se la donna si stesse preparando a intraprendere un nuovo viaggio, ben oltre la fine che sembra ormai prossima.
La morte di Tillie appare come uno dei momenti più intensi dell’episodio, ma il suo potenziale simbolico viene purtroppo offuscato da una messa in scena che risulta eccessivamente criptica. La donna sembra accettare il proprio destino con una serenità quasi disturbante, atteggiamento che suggerisce l’esistenza di un qualche disegno superiore o di una volontà preordinata all’interno di questo universo narrativo. Tuttavia, l’assenza di risposte concrete lascia lo spettatore sospeso in un limbo di ipotesi, senza una vera e propria evoluzione narrativa.
Tillie, come molti altri personaggi, sembra vittima di un disegno superiore che richiede il suo sacrificio, ma il continuo rimando al concetto di destino rischia di appesantire ulteriormente l’episodio. La sua convinzione che morire rappresenti solo una fase di un ciclo più ampio riflette quindi un’interpretazione esistenziale interessante, ma che purtroppo non trova un contraltare concreto nelle azioni dei protagonisti. In una serie che ha fatto del mistero il suo tratto distintivo, il rischio è che l’assenza prolungata di risposte inizi a suscitare stanchezza, piuttosto che incuriosire.

CANTINE DA INCUBO


Elgin, altro personaggio cruciale di questa puntata, intraprende una ricerca che lo conduce alla scoperta di nuove stanze nella famosa “cantina degli orrori”, crocevia di una moltitudine di personaggi e ancora, apparentemente, ricolma di misteri nonostante l’effettiva superficie calpestabile di tre metri quadri. La sequenza, che inizialmente prometteva grande suspense, perde rapidamente la sua forza a causa di una regia che sembra preferire il suggerimento all’esposizione diretta, lasciando lo spettatore incapace di comprendere appieno l’importanza della stanza appena scoperta.
La rivelazione di una camera da letto decorata con oggetti appartenenti a epoche diverse e il cadavere di un uomo che, a giudicare dai vestiti, sembra provenire (almeno) dagli anni Settanta offrono spunti che accennano al passato oscuro della cittadina – che prima o poi qualcuno dovrà iniziare a spiegare – ma non forniscono elementi decisivi per l’evoluzione della trama principale. L’intera sequenza risulta dunque più un esercizio stilistico che un momento di vero sviluppo narrativo, con la tensione che si dissolve tra simbolismi e ipotesi, senza alcun avanzamento tangibile.
Il legame tra la cantina e le visioni di Elgin si inserisce dunque nell’alveo di quella narrativa spettrale che, fin dall’inizio, ha contraddistinto la serie, ma, ancora una volta, senza arricchirsi di dettagli che possano orientare il pubblico verso una maggiore comprensione. L’apparizione della misteriosa donna in kimono, pur contribuendo a intensificare l’atmosfera di inquietudine, rimane un enigma ancora irrisolto, incapace di fornire indicazioni chiare sulla direzione da intraprendere e, la scelta di puntare sull’ambiguità di certi elementi narrativi piuttosto che sulla disamina di nuovi indizi decisivi, emerge come uno dei limiti più evidenti di questo episodio e, in generale, della serie da un paio di stagioni a questa parte.
Nel complesso, pur trattandosi di un episodio godibile, “These Fragile Lives” appare più come un esercizio di creazione atmosferica che come un autentico contributo alla progressione della trama. Sebbene la qualità della recitazione e della regia rimanga elevata, la narrazione risulta stagnante, priva di quella spinta dinamica che aveva caratterizzato i precedenti episodi. I momenti di tensione, sebbene ben concepiti, sembrano destinati a sfociare in false piste o a perdersi in un intricato gioco di rimandi e suggerimenti che, purtroppo, non raggiungono mai una reale concretezza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Interpretazioni attoriali solide
  • I momenti di suspense sono sempre ben costruiti
  • La gestione della tensione
  • La tensione tra realtà e percezione nel caso di Fatima
  • Assenza di progressione narrativa
  • Ritmi più lenti del solito
  • Alcuni temi e dinamiche sono ridondanti
  • Elusione continua ed eccessiva rispetto ai misteri

 

La puntata raggiunge a fatica la sufficienza, grazie alla sua capacità di mantenere un’atmosfera cupa e alla qualità interpretativa dei personaggi, ma fallisce nel garantire un’efficace progressione narrativa. Il continuo riferimento al mistero, unito all’assenza di risposte concrete, rischia di minare l’equilibrio tra tensione e risoluzione, evidenziando i limiti di una scrittura che sembra avvitarsi su sé stessa. L’auspicio è che i prossimi episodi riescano a superare questa fase di stasi, riportando al centro il senso di scoperta e di avanzamento che la serie aveva saputo promettere nel corso della sua prima stagione.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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