Arrivati al settimo episodio di Preacher ci si può ritenere soddisfatti almeno per le ultime due puntate ma soprattutto per due motivi: innanzitutto c’è la conferma che quanto visto nell’episodio precedente non sia stata solo una piacevole parentesi; in secondo luogo che il serial, con “He Gone”, cerchi di trovare quel giusto equilibrio che non ha mai avuto a causa della troppa lentezza.
Per il primo punto ci si riferisce alla riflessione fatta nella scorsa recensione, dove mettevamo le mani avanti sottolineando la possibilità che “Sundowner” avrebbe potuto essere un fuoco di paglia e non una puntata che avrebbe fatto decollare la stagione. “He Gone” invece smentisce questa possibilità e conferma l’arrivo di eventi narrativi sempre più vertiginosi, basti vedere come si conclude la puntata stessa, con la guerra aperta tra Jesse e Odin per il destino della Casa del Nespolo chiesa del padre del protagonista. Sotto questo punto di vista, “He Gone” fa addirittura meglio di “Sundowner” poiché non solo sfrutta la scomparsa di Eugene come molla narrativa per far parlare i personaggi e dar vita a momenti di confronto e caratterizzazione, ma rincara la dose sull’elemento “cliffhanger”. Come si diceva nelle altre recensioni, il difetto iniziale di Preacher era quello di non aver elementi per poter spingere lo spettatore, avulso dal predecessore fumettistico, a continuare la visione.
Ora invece, ad ogni puntata, sembra averne sempre di nuovi: prima Eugene, ora non solo la sopracitata guerra tra Odin e Jesse, ma anche il destino di Cassidy, dove non si capisce se sia stato salvato o meno da Custer; certo, qui è ovvio pensare che il personaggio si sia salvato in quanto pilastro della serie, ma l’obiettivo non era la sua salvezza quanto instillare il dubbio e dare un ulteriore elemento allo spettatore per continuare la visione. Il focus è totalmente sullo status mentale di Jesse, sulla sua onnipotenza e superiorità rispetto a qualsiasi evento, e funziona.
Sempre sotto questo punto di vista, “He Gone” impara dalla puntata precedente ad evitare il difetto delineato sempre nella omonima recensione di “Sundowner“, dove la parte centrale non reggeva il confronto con apertura e chiusura dell’episodio. Questa settima puntata, invece, è un blocco narrativo ben compatto e strutturato incredibilmente bene e che, addirittura, riesce a spaziare e soddisfare diverse esigenze che (con la modalità narrativa di prima) avremmo visto chissà quando. I tempi morti, o comunque lenti, sono inesistenti e ogni sequenza è inserita in quel determinato punto per tenere sull’attenti lo spettatore: dalle parole forti tra i protagonisti, al passato di Jesse e Tulip; dalla stronzaggine di Jesse, alla sua rivelazione sulla condizione di Eugene, sulla quale vale la pena soffermarsi.
Altro enorme punto a favore della puntata (e della serie stessa) è il modo in cui è stata rivisitata la spiegazione dietro la vistosa ferita di Eugene, ferita che gli varrà il soprannome di Faccia Di Culo, nickname che, ogni tanto, viene già fuori dalla bocca di Cassidy. Nei fumetti Eugene si sparò per emulare il suicidio del suo idolo per eccellenza Kurt Cobain, morte avvenuta l’anno prima che Preacher cominciasse ad essere pubblicato. Dare questo background al personaggio non solo sarebbe stato fortemente anacronistico, ma non avrebbe anche avuto lo stesso senso, visto che il frontman dei Nirvana, negli anni ’90, rappresentava uno specchio nonché punto di riferimento per la generazione di quel tempo. Figure del genere, negli anni in cui scriviamo, non ci sono e riportare lo stesso modus operandi o addirittura sostituire Cobain con qualche altra figura artistica avrebbe avvilito tutto. Quindi si è optato per una rimodernizzazione del tutto che cambia solo il “come” è avvenuto ma non impoverisce la potenza tragica e a tratti quasi tenera del suo personaggi.
È così che si fa una trasposizione a fumetti. Questi sono i ragionamenti che bisognerebbe seguire.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sundowner 1×06 | 1.49 milioni – 0.5 rating |
He Gone 1×07 | 1.55 milioni – 0.5 rating |
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