“In Oz, nothing good ever comes from the sky. So when something does, we try to send it back in pieces.”
La montagna (NBC) ha partorito il topolino (Emerald City), anche se, a sua discolpa, non è stato esattamente un parto facilissimo.
Emerald City è una di quelle serie sfortunate che nascono con le migliori intenzioni ma sotto una cattiva stella, una stella sfortunata che danneggia irreversibilmente il prodotto, nonostante tutti gli sforzi compiuti da produzione, showrunner e cast per concepirla al meglio delle sue potenzialità. Le prime notizie della rivisitazione moderna de “Il Meraviglioso Mago Di Oz” risalgono addirittura all’Agosto 2013 quando trapelò la notizia che la NBC aveva acquistato i diritti della nuova serie di Matthew Arnold tratta dal libro di L. Frank Baum e, solo a fine Gennaio 2014, è arrivata la conferma della produzione. Orgogliosamente negli Upfronts 2014/15 della NBC andavamo a commentare la notizia con un “Obama Not Bad”, notizia poi frantumatasi contro un annuncio di Agosto 2014 (quindi esattamente 1 anno dopo l’acquisto dei diritti) in cui la NBC rinunciava ufficialmente alla serie a causa delle “divergenze creative” con gli showrunner Matthew Arnold e Josh Friedman. Ad Aprile 2015 l’idea riemerge dalle ceneri, viene affidata a David Schulner (sceneggiatore rinomato per qualcosa) e successivamente ri-annunciata agli Upfronts 2016/17 della NBC con tanto di primi casting.
Come si è evinto, dal concepimento al parto ci sono state diverse problematiche, il progetto ha cambiato innumerevoli forme e si è trasformato alla fine in quanto presentato tra “The Beast Forever” e “Prison Of The Abject”: tutto molto bello esteticamente, si vede e si apprezza l’attenzione al dettaglio, l’inquadratura stilosa o il voluto contrasto dei colori (vedasi il vestito della Strega dell’Est) ma alla fine della visione i dubbi e la superficialità dimostrata vengono a galla in maniera devastante.
La scelta di mandare in onda una doppia series premiére sulla carta è molto apprezzabile perché dettata dal bisogno stesso degli autori di avere a disposizione più tempo per introdurre lo spettatore al mondo e ai personaggi. È quindi una scelta oculata che raramente (e non è questo il caso) viene presa solo per occupare 2 slot in una serata in cui altrimenti si trasmetterebbero repliche. Matthew Arnold e Josh Friedman però peccano di hybris e si arrogano il diritto di scrivere una sceneggiatura in cui si dà per scontato che tutti siano al corrente dell’esistenza di Oz e buttano qua e là nomi (Toto) e/o elementi noti (le Scimmie alate qui sono una sorta di drone), il tutto senza mai veramente impegnarsi di andare oltre il mero compitino iniziale, quasi mancasse la passione o la voglia di farlo.
“Only a witch can kill a witch.”
Pretendendo per un momento di non aver mai sentito parlare del mondo di Oz o di uno qualunque dei suoi character (Dorothy Gale, lo Spaventapasseri, l’Uomo di Latta, Il Leone Codardo, il Mago di Oz), a visione ultimata, si può dire che gli 80 minuti della series premiere abbiano clamorosamente floppato in termini di caratterizzazione e presentazione: se è vero che il mondo di Oz viene tratteggiato quanto basta per riportare in auge gli elementi chiave dell’universo di L. Frank Baum, è anche vero che non si va mai veramente in profondità e, soprattutto, non si imposta una trama orizzontale che possa dare un senso alla serie. Il semplice “Dorothy è alla ricerca de il Mago di Oz che può aiutarla a tornare a casa” non è infatti sufficiente per sopperire ai clamorosi buchi di sceneggiatura che si palesano con l’avanzare del minutaggio. E, giusto per essere precisi, “The Beast Forever” funziona decisamente meglio di “Prison Of The Abject” che fa mestamente resettare l’asticella delle aspettative verso il basso.
La gestione di scene e tempistiche è decisamente criticabile ed è la maggior critica da muovere contro questi primi due episodi di Emerald City. Nonostante Dorothy sia la protagonista e sia al centro del 70% delle scene, non si riesce ad empatizzare con lei né a capire che tipo di persona sia: dei fugaci e superficiali 5 minuti iniziali non rimane traccia, non si prova alcun interesse riguardo la “misteriosa” madre che l’ha abbandonata e che al 99,9% viene da Oz, né tanto meno ci si pone qualche domanda sul perché sia stata trovata ferita in un seminterrato o sul perché ci sia un cadavere nella roulotte. Tutto passa incredibilmente in secondo piano per non essere più rievocato né da Dorothy stessa, quasi non fosse qualcosa di importante, né dalla regia che, per il resto della premiére, rimarrà focalizzata su Oz. In tal senso, se il focus sul mago di Vincent D’Onofrio è d’obbligo, non lo è quello sui suoi tirapiedi che non portano alcun valore aggiunto alla trama; se il minutaggio concesso alle streghe è interessante per cominciare ad avere una prima idea di come funzioni questo mondo, non lo è quello sulla strega a cui Dorothy e Lucas chiedono aiuto, e così via.
Alla profondità della narrazione si preferisce chiaramente una patina di lustrini in cui la pochezza delle spiegazioni o dei ragionamenti regna sovrana. Dorothy infatti si pone giusto qualche domanda su dove sia finita, quasi come fosse normale sia sopravvivere ad un tornado, sia incontrare degli aborigeni/indiani in Kansas, sia constatare l’esistenza della magia: tutto normale, tutto estremamente superficiale. Analogamente, lo spettatore si potrebbe porre anche delle giuste domande circa le continue miracolose cure ricevute da Lucas che migliora e peggiora a seconda di come cambia il vento, con non si sa quale medicina e non si sa quale conoscenza medica (il carbone contro il veleno vale solo se si tratta di carbone vegetale). Insomma, i buchi di sceneggiatura ci sono, sono tanti e potevano anche essere serenamente evitati spendendo un po’ meno tempo in inquadrature panoramiche (comunque meritevoli) o in storyline secondarie che, in un pilot, non dovrebbero ricevere un minutaggio così consistente.
A Emerald City va però dato anche il giusto credito perché non tutto è così sgradevole o mal costruito come potremmo aver descritto finora. Per esempio è estremamente interessante ed audace la scelta ed il modo in cui si è deciso di far morire la Strega dell’Est (suicidio con pistola), un evento che presumibilmente ha anche dato poteri ancora sopiti a Dorothy, così come è molto piacevole la regia totalmente dedita a giochi di luce, colori e contrasti di Tarsem Singh. Quasi senza ombra di dubbio questo il miglior elemento di Emerald City, purtroppo non sufficientemente gratificante per sopperire a tutte le grossolane mancanze descritte qui sopra.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Beast Forever 1×01 | 4.49 milioni – 1.0 rating |
Prison Of The Abject 1×02 | 4.49 milioni – 1.0 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.