Parliamoci chiaro e senza addolcire troppo la pillola: Riverdale è uno scempio. Ma andiamo con ordine spiegando un po’ cos’è questo telefilm con evidenti problemi di identità.
La nuova serie The CW è l’adattamento televisivo di vari fumetti della Archie Comics, soprattutto quelli che vedono protagonista Archie Andrews, il personaggio di punta della casa editrice debuttato su Pep Comics #22 del 1941. Sono passati ormai 75 anni dalla sua prima apparizione e, visto che i fumetti e le serie tv sono la moda del momento, le alte sfere di The CW e Archie Comics hanno ben pensato di prendere due piccioni con una fava e farne un adattamento televisivo per celebrare il suo compleanno. Grazie del pensiero – gentilissimi, per carità – ma la premiata (?) ditta The CW/Greg Berlanti potevano anche risparmiarsi lo sforzo non tanto per la decisione di fare (l’ennesima) trasposizione, quanto per il modo che si è scelto.
A onor del vero c’è qualcosa di buono ma quel qualcosa non è sufficiente per rendere Riverdale lontanamente accettabile. Di buono c’è che questa atmosfera dark e il piglio moderno che, uniti al misterioso omicidio di Jason Blossom, finiscono per affascinare lo spettatore. Alla fine i misteri, soprattutto se accennati in maniera veloce e superficiale (ma accennati nei momenti giusti) finiscono bene o male per interessare facendo leva sull’innata curiosità umana. Non è quindi una sorpresa se alla fine funziona e ci si ritrova a chiedere: “Cos’è successo a Laura Palmer Jason Blossom?“.
Qualcuno potrebbe sicuramente paragonare tutto ciò a Twin Peaks e non avrebbe torto dato che Riverdale prende come ispirazione proprio le premesse dello storico telefilm di David Lynch per delineare la morte di Jason, oltre che la cittadina malefica e piena di segreti. Sempre quel qualcuno potrebbe, magari, lamentarsi dell’ennesima rivisitazione dark di un fumetto, “moda” ormai estinta dopo la Dark Knight Trilogy di Christopher Nolan. Quel qualcuno in realtà non dovrebbe tanto scandalizzarsi perché, nei suoi anni di pubblicazione, Archie si è sempre prestato a diverse reinterpretazioni di vario genere del suo mythos; basti ricordare la miniserie horror Afterlife With Archie o il bizzarro crossover Archie Meets The Punisher. Quindi, almeno sul lato dell’atmosfera e del mood, non c’è troppo da sindacare. Il principale errore che fa Riverdale è quello di voler sembrare un telefilm nuovo e all’avanguardia quando, invece, non lo è. Per niente.
Il pilot di Riverdale prende maggiormente spunto dal reboot della serie fumettistica avvenuto nel 2015 dove, dopo la chiusura della precedente, la casa editrice (ed in particolare il Chief Creative Officer della Archie Comics Roberto Aguirre-Sacasa) ha optato per un ammodernamento della sua gallina dalle uova d’oro; molti dei personaggi presenti in questo pilot, infatti, vengono da li, come ad esempio Cheryl. Nei fumetti questa operazione è riuscita a mantenere inalterato lo spirito di Archie Andrews e soci, dando però allo stesso tempo il sapore frizzante della novità.
Forse complice il fatto che i teen drama sono più sfruttati dalla televisione, e forse complice il fatto che The CW (quando si tratta di serial del genere) produce queste serie con lo stampino, ci ritroviamo fra le mani un prodotto che è un miscuglio di serie già viste, quasi come se ci fosse Josh Schwartz come showrunner invece che Roberto Aguirre-Sacasa e Greg Berlanti. Riverdale è un mix tra Pretty Little Liars e Gossip Girl con la sopracitata spruzzata di Twin Peaks. Questo mix non è però fatto con cognizione di causa, quindi anche a prendere il meglio dalla versione originale e dal reboot del 2015 (esempio: il protagonista gioca a football come l’originale e suona la chitarra come il reboot) alla fine si cade sempre sotto i colpi del paragone che annichiliscono questo “Chapter One: The River’s Edge”.
Aguirre-Sacasa però conosce bene la sua creatura ed è conscio del potenziale tanto da focalizzarsi molto sulle dinamiche tra i personaggi che sono infatti ben instaurate, sopratutto perché le loro caratterizzazioni sono inclini all’atmosfera dark, dove molti di essi hanno avuto e/o hanno alle spalle una situazione difficile da rivelare e che dono loro certo background. In un teen drama ci vogliono delle caratterizzazioni decise, un certo alone di mistero ed una buona interazione tra i personaggi, dato che è su quello che si fonda il genere. Tutto bene sulla carta da questo punto di vista, il punto è che la recitazione degli interpreti è una merda ancora più scarsa della media del network.
Ogni attore, nessuno escluso, si trova ad interpretare personaggi abbastanza snaturati che col procedere di “Chapter One: The River’s Edge” diventano profondamente caricaturali ricalcando pesantemente stilemi caratteriali già visti in dozzine di teen drama. L’incapacità si palesa nella monotonia di facce ed espressioni tirate fuori quasi a comando, per non parlare dei movimenti del corpo decisamente plastici, quasi memorizzati per paura di dimenticarseli.
Archie, nel suo piccolo, è il capostipite di un genere grazie alla trama principale che lo vedeva innamorato perdutamente sia di Veronica che Betty, leitmotiv che dava ragion d’essere a tutto “l’Archieverso”, è quindi veramente triste vedere Riverdale seguire format come Pretty Little Liars e Gossip Girl quando dovrebbe essere il contrario. Senza contare poi l’inserimento dell’omicidio come elemento scatenante e trainante della storyline, volendo appunto citare Twin Peaks e soppiantando il vero leitmotiv sopracitato tra Veronica e Betty. Nonostante il mistero alla fine faccia il suo sporco lavoro, si percepisce comunque una trama fuori luogo perché dovrebbe esserci qualcos’altro al suo posto. Certo, c’è tutto il tempo per costruirlo ma parliamo comunque dell’elemento principale della serie eliminato per far spazio ad altro: un errore madornale.
In più, come si diceva prima, Riverdale cerca di spacciarsi per moderno e all’avanguardia creando all’interno del pilot più e più situazioni nel tentativo di mostrare una società giovanile integrata e senza pregiudizi. Il punto è che, ostentando così tanto l’integrazione, si finisce col fermarla. Prendiamo per esempio il personaggio di Kevin, dichiaratamente gay (nel caso non si fosse capito dalle sue inopportune e ad un certo punto fastidiose frasi di cui ne citiamo subito una di seguito: “Potrà anche chiamarsi Moose, come un’alce, ma descriverei una certa appendice come… Quasi equina“). Ora ripetere tutto per 46:37 minuti con leggere variazioni sul tema è troppo per chiunque. Sia chiaro, non siamo né contro gli omosessuali, né contro qualsiasi altro soggetto con preferenze sessuali diverse dalla massa. È l’ostinazione che dà fastidio perché qualche battuta così spinta ci sta pure ma, quando è un’intera puntata, la cosa comincia a farsi pesante perché non funziona in tutti i momenti.
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E la cosa ha funzionato. Molti siti vi diranno il contrario di quanto scritto qui perché per loro questo Riverdale è partito bene e offre ottimi spunti di riflessione e qualità ma non è così. È semplicemente un prodotto commerciale fatto per prendere più piccioni con una fava, dalla mancanza di idee della The CW alla voglia di stare sempre al passo con le trasposizioni fumettistiche. Purtroppo Riverdale non è quello che doveva essere.
Chapter One: The River’s Edge 1×01 | 1.38 milioni – 0.5 rating |
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