Nella scorsa recensione, tra gli elementi positivi della puntata, abbiamo scritto “Richiamo al finale della prima stagione” e ciò rappresenta, anche in “Phaecia”, il pilastro portante di questa gigantesca opera di rebranding che la Fox ha il coraggio di spacciare come serie televisiva.
I limiti narrativi di questo ritorno di Prison Break sono sotto gli occhi di tutti fin dalla prima puntata e due elementi in particolare, lo spropositato fan service e i continui richiami alle stagioni della serie “classica”, evidenziano questa inesistenza narrativa. Perché è giusto sottolinearlo, i flashback e i richiami alle passate stagioni servono soltanto a suscitare nello spettatore quel senso di attaccamento verso un qualcosa a cui tanto è affezionato. Niente di più. Non esistono (per adesso) collegamenti e i flashback si configurano come meri riempitivi costruiti unicamente con l’intenzione di strappare la lacrimuccia allo spettatore.
Cerchiamo di fare un attimo ordine, visto e considerato che mancano solamente tre episodi alla conclusione di questo revival, sottolineando appunto la generale inutilità narrativa insita nella puntata.
Michael, Lincoln, Whip, Ja
La puntata verte in toto su di loro, dal momento che ogni altra porzione di trama viene arrestata in maniera totale per dar loro spazio e modo di raggiungere una zona pacifica dello Yemen (Phaecia, ennesimo riferimento alla mitologia greca). Gli unici due spunti positivi (ma veramente minimi e marginali) riguardano Michael: il primo è rappresentato dal fugace contatto con “Blue Hawaii” (e annessa foto dei tatuaggi che il protagonista ha sui palmi delle mani); il secondo invece riguarda lo stato di salute precario nel quale riversa a fine episodio. Ad essere completamente sinceri l’intera puntata può essere riassunta con questi due elementi, visto e considerato che i restanti quaranta minuti di visione sono solo scene di auto nel deserto, esplosioni posticce e nient’altro.
Whip e Ja rappresentano per gli sceneggiatori una vera e propria sconfitta: non riuscire a caratterizzare e a dare peso a un personaggio in sei episodi dovrebbe essere considerato un vero e proprio reato. Essi si configurano come dei semplici prolungamenti dello sfondo narrativo: non bucano lo schermo, il loro background è inesistente ed il loro rapporto con Michael e Lincoln è talmente abbozzato che ci si dimentica del loro essere persone in carne ed ossa. Molto facile scambiarli per cartonati.
Lincoln non andrebbe nemmeno preso in considerazione perché a parte rappresentare la punta trash e animalesca di questa stagione, anche lui è inesistente. Giustamente gli sceneggiatori stanno colmando il gap ponendo le basi per una fantomatica sottotrama amorosa con Sheba. Un fattore che ha il compito di colmare il gigantesco buco narrativo. Ovviamente.
Michael aveva rappresentato fino ad ora l’unico personaggio degno di nota: misterioso, intricato, complesso. Insomma, sembrava riuscire a coprire le dimenticanze (a volte pesanti) degli altri personaggi in scena. Ma in “Pheacia” viene meno anche questo.
Prendiamo ad esempio la scena nel deserto, quando decide di dividersi dagli altri per far perdere le tracce al Ciclope.
Nota a margine velocissima: Ciclope accecato da Michael Scofield conosciuto con il nome Kaniel Outis, dove Outis significa nessuno. Avete colto la fine metacitazione? Sembrano essere le uniche cose a cui abbia seriamente lavorato Paul Scheuring.
Torniamo alla scena di cui sopra. Micheal decide di dividersi, in pieno deserto, per dar modo ai suoi amici di trovare (chissà come) Phaecia. Perché? Perché Ciplope li insegue, ha più benzina ed è armato mentre loro avevano un solo proiettile e lo hanno già utilizzato (non vi preoccupate, dopo arriviamo anche a questo).
Riavvolgiamo il nastro e torniamo alla scena della pompa di benzina. Dopo la fantastica e credibilissima scena dell’esplosione della cisterna, circa una ventina di proseliti dell’ISIL è riversa a terra, morta. Ma completamente armata. Piccolo riepilogo: i nostri eroi si trovano in un territorio straniero dove imperversa una sanguinosa guerra civile, sono inseguiti da una setta fondamentalista che li vuole uccidere, sono completamente disarmatati e non hanno la completa certezza di riuscire a salvarsi. Possibile che nessuno in questa situazione abbia speso dieci secondi per recuperare un paio di fucili da terra (a due/tre metri di distanza), prima di andarsene?
A quanto pare no. Mentre risulta molto più sapiente il piano di Michael, estrapolato dai migliori cliché dei film horror, di dividersi.
Credibilità, non realismo
Abbiamo fatto menzione dell’esplosione della cisterna durante l’attacco alla pompa di benzina. Evidentemente qualcuno deve aver chiesto consiglio ai creatori di Squadra Speciale Cobra 11 oppure direttamente a Michael Bay perché risulta davvero difficile da prendere come vero il fatto che un solo proiettile sparato verso una cisterna causi un’esplosione. Molto più credibile che si crei un foro, dal quale poi il gasolio si riverserà. Ma agli sceneggiatori occorreva trovare una strada per far si che la nostra squadra di eroi riuscisse a scappare illesa.
La parte meno credibile risulta però essere quella riguardante Michael successivamente allo scontro con Ciclope. Durante lo scontro l’evaso viene ferito all’addome da una scheggia di metallo imbevuta nel liquido antigelo (glicole etilenico) che l’auto stava perdendo. Trattandosi di una ferita e non di una somministrazione via orale, la messa in circolo del veleno è strettamente correlata con il fisico della persona stessa. Cosa comporta l’intossicazione da glicole etilenico? L’avvelenamento si compone di tre fasi. La prima fase si verifica circa mezz’ora dopo l’assunzione e comporta sete intensa, nausea, vomito, aumento della produzione delle urine e stato mentale alternato. La seconda fase è rappresentata da un peggioramento dei sintomi precedentemente elencati, con aumento del battito cardiaco. La terza fase, oltre a un continuo peggioramento, porta al blocco dei reni.
Michael viene successivamente mostrato spossato e debilitato dalla ferita, ma senza alcuna manifestazione dei sintomi sopraelencati. Non si tratta qui di voler fare i puntigliosi: passa nel deserto più di qualche ora, prima in auto e poi a piedi, eppure nessuno dei sintomi si palesa. Facciamo notare che per bontà d’animo abbiamo sorvolato sul fatto che l’auto, dopo aver subito una completa scarica di proiettili da un AK-47 dritti nel motore, sia ancora funzionante.
Solamente una volta ricongiuntosi con i suoi amici a Phaecia, Michael sembra mostrare un crollo.
Un altro elemento di alta credibilità è la chiamata fatta dai due agenti di Poseidon, proprio dall’interno della stanza nella quale stanno sorvegliando Kaniel Outis: di fronte agli occhi di tutti, senza nemmeno tentare di nascondere la cosa.
Il contorno
Il resto della puntata è inesistente dal momento che è stata messa a fuoco la ramificazione di storia riguardante la fuga di Michael, Lincoln e amici dallo Yemen. Poco viene mostrato e quel poco viene inserito quasi fosse un’appendice poco gradita, tanto viene mal presentata.
L’unico interrogativo, abbastanza superficiale, che ci si pone è se tra il fanatico di Elvis che Michael avrebbe apparentemente contattato e Ja (fanatico dei Queen) ci sia qualche collegamento.
Ma potrebbe trattarsi solamente di un altro livello della meta-narrazione di Paul Scheuring, visto che sembra mostrare più interesse nei confronti di queste sottigliezze rispetto al corpo stesso della narrazione. Che, per inciso, lasciata così allo sbando fa solo sperare che Prison Break non veda mai la luce di una sesta stagione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Contingency 5×05 | 2.35 milioni – 0.8 rating |
Phaecia 5×06 | 2.37 milioni – 0.8 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.