L’epoca attuale è dominata, soprattutto nel settore audiovisivo, dalla febbre dei remake, dei reboot, degli spin-off, dei sequel, dei prequel e dei revival: tutte operazioni “artistiche” (che spesso di artistico non hanno nulla, in verità) che si differenziano tra di loro per il modo di porsi nei confronti dell’opera originale (il remake la ri-crea, il reboot la azzera riprendendone alcuni elementi, lo spin-off, il sequel e il prequel ne espandono l’universo narrativo) ma che sono accomunate dal fatto di fondarsi sul recupero di grandi e piccoli nomi del passato o di idee che si ritiene possano essere ancora utilizzate per dire qualcosa e sulla loro riproposizione nel presente, a volte facendo leva più sul sentimento di nostalgia del vecchio pubblico, altre volte cercando di proporre una storia ammodernata, aggiornata alle nuove generazioni, altre volte ancora cercando il giusto equilibrio tra il rispetto delle aspettative dei vecchi fan e la ricerca di nuovi.
Alcune di queste operazioni falliscono miseramente, altre ottengono successo (meritato o meno) e vanno avanti, intere saghe vengono rilanciate e interi universi tornano a essere lo scenario di nuove storie: basti pensare a Star Wars, al mondo di Harry Potter, ai tanti supereroi dei comics che magari hanno alle spalle già un paio di reboot (vero, Spiderman e Batman?). Il discorso non riguarda solo il cinema ma anche la serialità televisiva, sempre più pronta a cibarsi dei miti del passato per crearne (o almeno tentare di creare) di nuovi: così MacGyver torna dopo venticinque anni senza che se ne sentisse il bisogno, spunta la serie Taken con Rollo Clive Standen al posto di Qui-Gon Jinn Liam Neeson, i capoccia della HBO riesumano il parco divertimenti dei robot immaginato dal papà di Jurassic Park e confezionano Westworld, la FOX fa tornare X-Files, Netflix fa lo stesso con Gilmore Girls, Showtime scomoda nientemeno che Twin Peaks, e chissà cos’altro riserverà il futuro ai poveri (o fortunati, dipende dai punti di vista) spettatori.
Ovviamente fare di tutta l’erba un fascio sarebbe ingiusto e stupido, e quindi bisogna distinguere tra operazioni di remake/reboot/spin-off/sequel/prequel/revival indegne di esistere e meritevoli di bruciare nell’inferno delle serie televisive e operazioni di remake ecc. apprezzabili se non addirittura lodevoli: così MacGyver è una di quelle serie che dovrebbero bruciare, Westworld e Twin Peaks quelle per cui bisognerebbe ringraziare giorno e notte i network che li hanno prodotti salvo riempirli di maledizioni e bestemmie per aver cancellato in passato roba come Carnivàle e Deadwood.
Anche 12 Monkeys è, di fatto, il rifacimento di un’opera preesistente, l’omonimo film del 1995 diretto da Terry Gilliam (e a sua volta rifacimento del cortometraggio La Jetée di Chris Marker del 1962), per cui sorge spontanea la domanda: la serie di SyFy va nello stesso cassonetto di MacGyver e Taken o ha diritto di stare nel club esclusivo dei buoni rifacimenti? Coloro che si sono succeduti al timone della serie (prima Natalie Chaidez in qualità di showrunner assistita da Terry Matalas e Travis Fickett come consulenti, poi questi due come showrunner con la Chaidez retrocessa a consulente, infine Matalas solo showrunner con Fickett come consulente) hanno avuto l’ottima idea di non cercare di copiare il film originale e di percorrere una nuova strada: emblematica, in questo senso, è stata la scelta di abbandonare quell’idea del tempo immutabile del film di Gilliam (le “censure cosmiche” intervengono per impedire un’alterazione del passato che creerebbe dei paradossi), tornando a una concezione dei viaggi temporali più simile a quella di certa filmografia del decennio precedente (Back to the Future in testa), che coi paradossi giocava non poco (in verità qualche caso in cui il tempo non è modificabile a piacimento si è verificato anche in 12 Monkeys, basti pensare a “Lullaby” e a “Thief”).
Nel corso della seconda stagione, poi, si è assistito allo spostamento della narrazione su un nuovo binario, mettendo bruscamente in secondo piano l’epidemia (ossia il motore narrativo della prima stagione) e focalizzandosi su una nuova minaccia, il Testimone, trasformando l’esercito delle dodici scimmie da apparenti terroristi ad adoratori di un Anticristo crononauta. Arrivati alla fine della terza stagione in anticipo rispetto al solito (non solo perché si è rinunciato alla messa in onda settimanale in favore di una formula di rilascio degli episodi più simile a quella di Netflix e Hulu, ma anche perché gli episodi prodotti quest’anno erano solo dieci e non tredici), si può dire che 12 Monkeys la sua personale scommessa l’ha vinta, dimostrando di poter camminare ampiamente con le proprie gambe, a conferma che dell’opera di Gilliam si volevano riprendere l’antefatto iniziale, i nomi dei personaggi e poco altro e che se lo show si fosse chiamato “Le avventure di Giacomino, Cassandra e Ginevra la svitata a spasso nel tempo” non sarebbe cambiato molto.
“There once was a serpent, who only traveled one direction, always forward, never backward, until one day the serpent came upon a demon.”
“Witness”, l’ultimo episodio di questa stagione, si apre ancora una volta a Londra, nel 2017 però, con una scena che apparentemente non ha nulla a che fare con la trama lasciata in sospeso dalla conclusione della puntata precedente: due ragazzini passeggiano in un cimitero, parlando di una sorta di spettro che dimora in un mausoleo e che si rivelerà essere una vecchia conoscenza, Jennifer, spedita nel passato per motivi che saranno spiegati solo più avanti. Nella Londra del 1891, invece, Cole e Cassie finalmente incontrano Athan, ma il tentato ricongiungimento familiare si trasforma in un inseguimento tra le epoche che conduce infine alla casa di cedro e pino, il luogo dove la coppia aveva vissuto dopo il fallimento della missione nel 1957 e in cui aveva concepito il proprio figlio; purtroppo, la riunione familiare è interrotta dall’arrivo di Katarina, guidata lì dalle indicazioni di Olivia, che spara al Testimone attivando la sua macchina del tempo e spedendolo nel luogo e nel tempo in cui Jennifer si era fatta precedentemente inviare, dopo aver capito a cosa alludevano le sue visioni sul misterioso uomo morto.
Mentre Athan viene medicato e guarisce nel 2017, nel 1959 fa la sua ricomparsa Mallick, che getta la maschera e palesa le sue reali intenzioni, il vero motivo per cui ha agito in apparente contraddizione con l’Uomo Pallido permettendo a Cassie e Deacon di fuggire da Titan: sbarazzarsi di Athan e permettere il ritorno di Olivia (che intanto nel 2046 fa fuori mezzo personale del laboratorio e riesce a fuggire con la macchina del tempo). Il grande colpo di scena dell’episodio, infatti, è proprio la scoperta che il vero Testimone è Olivia, non Athan: con un ribaltamento logico plateale, colei che era stata “creata” come semplice mezzo per l’avvento del presunto Testimone si trasforma nel fine ultimo dell’intero progetto e colui che era stato sempre considerato il fine ultimo regredisce a semplice mezzo per l’avvento del vero Testimone. Athan ritorna nel 1959 appena in tempo per permettere a Cole, Cassie e Katarina, fatti prigionieri da Mallick, di fuggire e nel confronto finale con Olivia sembra trovare apparentemente la morte, sgozzato dalla donna, mentre il gruppo di crononauti, finalmente riunito, torna al laboratorio e si prepara alla battaglia finale contro Titan. L’ultima scena in assoluto dell’episodio, in cui un James bambino ripete la filastrocca recitata dalla ragazzina all’inizio dell’episodio e si scopre che essa è stata scritta da sua madre, rappresenta un buon cliffhanger finale, che preannuncia un ruolo più centrale per la signora Cole.
Olivia: “You are the Witness!”
Athan: “No, that’s where you’re wrong. But I witnessed. It just took her for me to see. Life isn’t measured by clocks. And though you have an army at your back you are alone. That is why you will lose.”
Non è la prima volta che la presunta identificazione del Testimone con un personaggio specifico viene smentita, era già successo con Ramse nella prima stagione e con Aaron nella seconda: ma se all’epoca si era trattato solo di “suggerimenti” dati allo spettatore, su cui erano fioccate ipotesi poi smentite dai fatti, qui l’identità del Testimone era ormai divenuta un fatto conclamato, una certezza, che Matalas e Fickett spazzano brutalmente via.
Il problema, a questo punto, non è tanto il colpo di scena in sé quanto l’identità del personaggio scelto come nuovo villain e, soprattutto, il suo interprete: l’idea che Alisen Down, ossia una delle donne più mono-espressive e mono-tonali della storia della televisione, almeno degli ultimi anni, debba interpretare il grande antagonista finale, ossia un ruolo delicato, che richiederebbe un attore di ben altre capacità, fa non poca paura.
Se la scelta di fare di Olivia il nuovo antagonista potrebbe essere un passo falso, altrettanto si può dire delle morti di Athan e dell’Uomo Pallido, entrambe per mano sua: il primo poteva ancora dare qualcosa alla narrazione nei panni del “buono”, interagendo soprattutto con i genitori ritrovati (e se c’è una cosa che ha insegnato Fringeè che mischiare drammi familiari e fantascienza può far assurgere l’opera ad alte vette); il secondo era un antagonista di carisma sicuramente maggiore rispetto ad Olivia, meritevole di un ruolo più ampio dopo essere stato relegato quest’anno ai margini della scena, o quantomeno di un’uscita di scena più dignitosa. Ma si sa, gli autori di 12 Monkeys non hanno ancora imparato a dare ai loro personaggi delle morti memorabili, chissà se almeno nella quarta stagione impareranno.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Thief 3×09 | 0.23 milioni – 0.1 rating |
Witness 3×10 | 0.23 milioni – 0.1 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.