“The top search on Rover is ‘sex’. The second most popular search is ‘Comet’.”
Tonya Harding e Nancy Kerrigan sono due ex-pattinatrici artistiche su ghiaccio, attive nei primi anni ’90. La popolarità delle due donne, più che ai risultati sportivi, è legata all’aggressione che la seconda subì il 6 gennaio 1994, a un mese dai Giochi olimpici invernali di Lillehammer (sì, la cittadina in cui è ambientata la serie Lilyhammer), ad opera dell’ex-marito della prima, Jeff Gillooly, che affermò di aver agitò dietro volontà dell’ex-moglie, che voleva liberarsi così di una rivale per l’oro olimpico; la Harding negò di essere la mandante dell’aggressione, ma nel giugno 1994 fu comunque squalificata a vita dalla U.S. Figure Skating. Ironia della sorte, la sua avventura olimpica, per facilitare la quale aveva messo a rischio la sua carriera di pattinatrice, fu deludente: arrivò solo ottava, dopo aver sbagliato clamorosamente il primo salto, lei che era una specialista in quell’ambito e poteva vantare di essere la prima statunitense ad aver eseguito un triplo axel. Alle stesse Olimpiadi invernali riuscì a partecipare anche la Kerrigan, nel frattempo ripresasi, e a lei andò molto meglio, perché conquistò l’argento, venendo superata per uno scarto di un misero decimo di punto dall’ucraina Oksana Bajul.
Nel quarto episodio di questa quarta e ultima stagione di Halt and Catch Fire la sfida olimpica di pattinaggio è trattata en passant, un episodio storico come tanti altri già citati dalla serie che ha lo scopo di dare maggiore profondità all’ambientazione storica e di riunire attorno alla televisione i vari personaggi ma che non influenza più di tanto le vite degli stessi, e alla famosa aggressione nemmeno si fa cenno; lo spettatore che conosce la storia vera, però, non fatica a individuare un parallelismo tra la rivalità delle due pattinatrici e la search engine war tra il team di Rover e quello di Comet. Come Tonya e Nancy erano due pattinatrici molto diverse nello stile e nell’immagine (poco elegante e potente fisicamente la prima, aggraziata e delicata la seconda), così il modo in cui Donna da una parte e Joe e Gordon dall’altra si relazionano coi propri sottoposti è per molti versi antitetico: Donna è un capo esigente, che ha compiuto un passo per avvicinarsi ai ragazzi del team Rover nello scorso episodio ma nulla di più, che impone perentoriamente obiettivi e nega finanziamenti; Joe e Gordon, invece, lavorano a stretto contatto con i websurfers assunti per “mappare” il web categorizzando i siti internet per il loro motore di ricerca, in un clima disteso e goliardico che ricorda per molti verso quello di Mutiny e in cui la squadra che cataloga più siti in una settimana ha il diritto di spiattellare una bella torta in faccia a uno dei due capi, a turno.
Ciò che accomuna i due team, invece, è la presenza di una figura “intermediaria” tra i grandi capi e i lavoratori, una sorta di guida sul campo a cui è demandata la conduzione e la vigilanza effettive sull’attività. Nel caso del team Comet, la figura in questione è introdotta proprio in questo episodio ed è la Chief Ontologist Katie Hermann, interpretata da una Anna Chlumsky fresca della sua partecipazione a Veep e presentata fin dal colloquio di assunzione come un personaggio a suo modo bislacco, ma proprio per questo perfettamente a suo agio nel clima che si respira in quella che di fatto è una Mutiny 2.0. Per Rover, invece, si tratta dei già noti Boz e Tanya, che devono fare i conti non soltanto coi problemi lavorativi del gruppo ma anche con le proprie divergenze: il texano fiuta l’affare nella vendita ad AOL di un progetto che ritiene ormai morto, alla ricerca com’è di soldi per colmare i debiti accumulati, mentre Tanya in quel progetto vuole ancora crederci, perché sarebbe la sua occasione di riscatto, di dimostrare quanto vale.
Al di fuori del lavoro, Boz continua a svolgere il ruolo ormai a lui congeniale di figura paterna e di supporto di una Cameron ormai alla disperata ricerca di un proprio posto dopo la batosta Pilgrim, frutto della sua superbia e della sua convinzione di aver creato un prodotto eccellente anche quando in realtà c’era ancora molto da migliorare. Benché la relazione con Joe vada a gonfie vele, almeno in apparenza (si inizia già a intravedere qualche crepa destinata a ingigantirsi e sarebbe solo un bene, perché vedere i due in versione piccioncini così presto nella stagione risulta stucchevole), Cameron non è adatta alla vita da casalinga o peggio ancora da mantenuta, non può rimanere ad oziare mentre il suo uomo si imbarca in un progetto informatico a cui lei sceglie di non prendere parte perché sa che ciò metterebbe a repentaglio il loro rapporto: deve fare qualcosa e sulle prime la strada da percorrere sembra quella di comprare un terreno, poi un camper, di vivere in mezzo alla natura e di edificarvi una casa, o almeno quelle sono le intenzioni, destinate a infrangersi con la dura realtà in una serie di tragicomiche disavventure durante un acquazzone. Al di là del momento comico, quelle scene hanno una forte carica metaforica: Cameron non può ridursi a vivere in un camper mezzo sgangherato in mezzo al nulla perché è un genio, una persona che crea le cose dal nulla, che dà vita ai sogni propri e degli altri, è la stessa ragazza che voleva creare un OS all’avanguardia (e sull’argomento sembra tornare di sfuggita in uno scambio di battute con Joe: “A computer can’t tell me what I want” “Not yet”) e che ha dato vita a Mutiny, che potrebbe dare vita a chissà quante altre cose. Cameron non può rimanere in disparte e nemmeno può rimanere neutrale nella search engine war tra Comet e Rover, ma non può nemmeno schierarsi platealmente con la prima, per i motivi succitati, né con la seconda, sia per le divergenze con Donna sia perché sarebbe un grosso tradimento ai danni di Joe; sceglie così l’unica via percorribile, passando ai programmatori di Rover l’algoritmo migliore per tramite di Boz, una scelta in cui sicuramente intervengono anche ragioni altruistiche (lei sa benissimo dei debiti di Boz e il modo migliore per aiutarlo è far andare in porto il progetto Rover) e che altrettanto sicuramente condizionerà il suo rapporto con il compagno quando verrà fuori la verità (e verrà fuori, deve venir fuori!). Di certo, Cameron non agisce così per cattiveria o per volontà di ferire Joe e Gordon, così come non agisce con cattiveria nel rivelare a Boz l’offerta fatta da AOL per rilevare Comet, ma questi due eventi fanno ben capire quanto la sua presenza sia destabilizzante in mezzo ai due colossi che si combattono a suon di algoritmi e indicizzazioni.
Un rapporto su cui invece la competizione non sembra aver avuto (ancora) effetti deleteri è quello tra Donna e la figlia Haley, nonostante le due siano di fatto rivali. Probabilmente Haley concepisce tutta la situazione come un mero gioco, del resto Comet è nato così e la ricerca di siti web da catalogare si è ormai trasformata in una divertente gara piuttosto che in un noioso lavorio di copia-e-incolla, mentre Donna, che è prima di tutto una madre e lo ricordava proprio nello scorso episodio durante la cena col suo team, non se la sente di inasprire i toni della competizione sotto il tetto familiare, ed è per questo che le tre donne di casa Clarke (contando anche Joanie) possono riunirsi per una serata interamente femminile, mangiare cibo cinese e pizza e guardare il pattinaggio artistico in televisione senza che il minimo conflitto le divida. Non è detto che la situazione continui a viaggiare su questi binari, non dopo il sorpasso di Rover ai danni di Comet grazie all’aiuto occulto di Cameron, ma per il momento è un bene che si sia evitato il dramma generazionale.
Quanto agli altri due protagonisti maschili, Joe e Gordon, la loro situazione al momento sembra serena e felice, da un punto di vista personale prima ancora che lavorativo, dal momento che in quest’ultimo campo ci sono i soliti alti e bassi. Nel caso di Gordon, fa storcere certamente il naso l’apparente scomparsa, fino a questo momento almeno, dell’encefalopatia tossica che gli era stata diagnosticata nella seconda stagione, un male irreversibile che nel corso dei dieci anni che la serie sta coprendo sarebbe dovuta peggiorare e che invece sembra magicamente scomparsa: benché l’introduzione della malattia sia stato uno dei maggiori passi falsi della serie, non la si può certo cancellare con un colpo di spugna o fare in modo che vada e venga a seconda delle esigenze narrative. Joe, invece, dopo tre episodi in cui sembrava aver perduto tutti i suoi lati negativi ed aver abbracciato un lato “solare” che può anche risultare gradito al pubblico ma che lo rende ben diverso dal McMillan antieroico e “nocivo” apprezzato nelle passate stagione, acquisisce nuovamente qualche ombra, questa volta riguardo il rapporto con Cameron: passata l’iniziale euforia della riunione sentimentale dopo la bellezza di nove anni, si rende conto della diversità tra i loro ideali di vita e le loro aspirazioni, al punto da confessare a Gordon che sta solo assecondando di malavoglia la ragazza nella sua avventura (“She’s look for something, and I don’t think she’s gonna find it in no man’s land. But, um, I feel bad, because she’s so into it, but I hat it out there.”) e nessuna relazione stabile può costruirsi su simili basi. Di positivo c’è che Joe almeno ha capito la necessità di scendere a compromessi con la persona che si ama; purtroppo questa insoddisfazione, unita alla probabile scoperta di come Cameron ha favorito la rivale Donna, potrebbe far scoppiare la coppia che un po’ tutti gli spettatori volevano veder tornare insieme e che magari alla fine della serie arriverà pure, ma non prima di aver affrontato la giusta dose di travagli e difficoltà.
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.
D'accordo su tutto, ed a questo punto non ho la minima idea di come possa andare a finire . C'è comunque sempre questa patina dolceAmara che mi fa temere un'ennesima dissoluzione di rapporti finale, e va bene che alla fine la Vita è così, ma sarebbe triste un ennesimo finale da maiunagioia con rancori e scemate connesse alla "Ci abbiamo sempre provato ma proprio non funziona."
Concordo pienamente, sarebbe un finale in linea con quanto la serie ha mostrato finora, perché sostanzialmente HACF è una storia piena di fallimenti personali e professionali e uno in più alla fine può essere la perfetta ciliegina sulla torta, ma continuo a sperare e confidare in un lieto fine, magari parziale perché altrimenti sarebbe troppo stucchevole: dopo dieci anni di tribolazioni questi poveri protagonisti hanno comunque diritto a un po' di felicità.