5
(1)
Con tre soli episodi da mandare ancora in onda, Designated Survivor cerca di ripulire ulteriormente la propria trama liberandosi di rami narrativi che ormai si protraevano da tempo. Il Presidente Kirkman riesce a salvaguardare la propria posizione nonostante ogni singola udienza dei vari testimoni sembrava voler rappresentare un declino lento ed inesorabile. D’altra parte stiamo pur sempre parlando del personaggio principale e portante della storia: rimuoverlo dalla propria carica avrebbe voluto dire ammazzare in maniera definitiva la serie in quanto tale. O volerla ricostruire attorno a tematiche e costruzioni di sceneggiatura totalmente nuove, rompendo la proceduralità che fin dall’inizio accompagna la serie ABC.
Accantonata quindi la possibilità di Kirkman di ritrovarsi senza lavoro, Designated Survivor può riprendere tranquillamente il proprio cammino verso la risoluzione del caso di stagione: riuscire a svelare l’identità dell’hacker dietro i vari sabotaggi fin qui palesatisi. Lo scorso finale di puntata aveva rappresentato un punto fermo, insinuando nello spettatore il dubbio che l’antagonista stagionale fosse proprio la cara e dolce Frost, apparsa a dir poco casualmente all’interno della storia e rivelatasi ben presto sia un’ottima spalla per Kirkman ed i suoi piani, sia un personaggio incapace di reggersi in maniera indipendente. Ma è questa una problematica di quasi tutti i personaggi che nel momento in cui si ritrovano in scena in completa solitudine riescono a tenere banco, fatta eccezione per il buono e caro Kiefer Sutherland.
Per quanto riguarda le sottotrame, “Capacity” cerca di rimettere in sesto una storia d’amore (quella tra Emily ed Aaron) così tanto sprofondata nell’oblio da far proferire allo spettatore uno sbigottito: “ma basta”.
Dopo una brevissima parentesi con Seth, durata il tempo di un sospiro, Emily sembra essersi nuovamente messa in cerca di un compagno, come una perfida mantide religiosa durante la fase di accoppiamento: il personaggio trasposto da Italia Ricci risulta incapace di tenere banco, forse più di tutti, in solitaria. Il fatto che si cerchi a ripetizione di affiancarle qualcuno con il quale poter condividere forse qualcosa in più di una lotta al terrorismo o una riunione, è sintomatico del fatto che Emily presa di per sé non rappresenti nulla per la serie, almeno in questa stagione. Basta far scorrere indietro nel tempo la mente per evidenziare questa involuzione del character: in molte puntate della prima stagione, Emily rappresentava l’impersonificazione della coscienza di Tom che, desideroso di agire in una determinata maniera, si ritrovava sagacemente consigliato proprio dalla giovane ragazza. In questa seconda stagione, invece, questo ruolo sembra essere stato completamente accantonato, ponendo sullo stesso piano Emily ad Aaron e Seth.
La puntata si lascia guardare, non convincendo e non entusiasmando troppo, ma a volte bisogna accontentarsi di cosa passa per il convento. Ciò che davvero infastidisce è la ridondanza del patriottismo nauseante che scaturisce da ogni singola scena in cui il Presidente Kirkman si eleva a massimo filosofo della vita umana, nonché dalla gloriosa musica di sottofondo che spesso e volentieri accompagna proprio tali momenti di pura e semplice vanagloria.
Nota a margine: le motivazioni addotte a supporto della richiesta di “dimissioni” da parte di Kirkman sono talmente oscene e senza senso da far risultare l’intera udienza una gigantesca pagliacciata. Ma ciò che colpisce ancora di più è come, ancora una volta, Kirkman si riveli essere il Presidente degli USA Più Buono Della Storia, non prendendosela minimamente con nessuno dei Giuda pronti a pugnalarlo alle spalle, tra cui la cara Vicepresidente da lui proprio scelta.
Se Frank Underwood rappresenta la cattiveria più brutale, Tom Kirkman rappresenta un angelo sceso in Terra. Una via di mezzo, però, forse riuscirebbe a rendere più gradevole il tutto.
Forse.
Accantonata quindi la possibilità di Kirkman di ritrovarsi senza lavoro, Designated Survivor può riprendere tranquillamente il proprio cammino verso la risoluzione del caso di stagione: riuscire a svelare l’identità dell’hacker dietro i vari sabotaggi fin qui palesatisi. Lo scorso finale di puntata aveva rappresentato un punto fermo, insinuando nello spettatore il dubbio che l’antagonista stagionale fosse proprio la cara e dolce Frost, apparsa a dir poco casualmente all’interno della storia e rivelatasi ben presto sia un’ottima spalla per Kirkman ed i suoi piani, sia un personaggio incapace di reggersi in maniera indipendente. Ma è questa una problematica di quasi tutti i personaggi che nel momento in cui si ritrovano in scena in completa solitudine riescono a tenere banco, fatta eccezione per il buono e caro Kiefer Sutherland.
Per quanto riguarda le sottotrame, “Capacity” cerca di rimettere in sesto una storia d’amore (quella tra Emily ed Aaron) così tanto sprofondata nell’oblio da far proferire allo spettatore uno sbigottito: “ma basta”.
Dopo una brevissima parentesi con Seth, durata il tempo di un sospiro, Emily sembra essersi nuovamente messa in cerca di un compagno, come una perfida mantide religiosa durante la fase di accoppiamento: il personaggio trasposto da Italia Ricci risulta incapace di tenere banco, forse più di tutti, in solitaria. Il fatto che si cerchi a ripetizione di affiancarle qualcuno con il quale poter condividere forse qualcosa in più di una lotta al terrorismo o una riunione, è sintomatico del fatto che Emily presa di per sé non rappresenti nulla per la serie, almeno in questa stagione. Basta far scorrere indietro nel tempo la mente per evidenziare questa involuzione del character: in molte puntate della prima stagione, Emily rappresentava l’impersonificazione della coscienza di Tom che, desideroso di agire in una determinata maniera, si ritrovava sagacemente consigliato proprio dalla giovane ragazza. In questa seconda stagione, invece, questo ruolo sembra essere stato completamente accantonato, ponendo sullo stesso piano Emily ad Aaron e Seth.
La puntata si lascia guardare, non convincendo e non entusiasmando troppo, ma a volte bisogna accontentarsi di cosa passa per il convento. Ciò che davvero infastidisce è la ridondanza del patriottismo nauseante che scaturisce da ogni singola scena in cui il Presidente Kirkman si eleva a massimo filosofo della vita umana, nonché dalla gloriosa musica di sottofondo che spesso e volentieri accompagna proprio tali momenti di pura e semplice vanagloria.
Nota a margine: le motivazioni addotte a supporto della richiesta di “dimissioni” da parte di Kirkman sono talmente oscene e senza senso da far risultare l’intera udienza una gigantesca pagliacciata. Ma ciò che colpisce ancora di più è come, ancora una volta, Kirkman si riveli essere il Presidente degli USA Più Buono Della Storia, non prendendosela minimamente con nessuno dei Giuda pronti a pugnalarlo alle spalle, tra cui la cara Vicepresidente da lui proprio scelta.
Se Frank Underwood rappresenta la cattiveria più brutale, Tom Kirkman rappresenta un angelo sceso in Terra. Una via di mezzo, però, forse riuscirebbe a rendere più gradevole il tutto.
Forse.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Chiusura di piccole parentesi per Designated Survivor, mentre la serie si avvia alla sua chiusura annuale (o finale?).
Kirkman Agonistes 2×18 | 3.51 milioni – 0.6 rating |
Capacity 2×19 | 3.36 milioni – 0.6 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
5
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.