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“In un mondo apparentemente tranquillo c’era qualcuno che non si dava pace, qualcuno che correva qualcuno che fuggiva, che scappava, che sfrecciava. Ma quale era la sua meta? Da che cosa scappava? Da chi era inseguito?
Quale era il suo scopo? Qual era la sua missione? Qual era il suo obiettivo? Qual era il suo bisogno?”
[Da Urgenze di Maccio Capatonda]
Quale era il suo scopo? Qual era la sua missione? Qual era il suo obiettivo? Qual era il suo bisogno?”
[Da Urgenze di Maccio Capatonda]
The Innocents è la nuova creatura di casa Netflix presentato come drama a tratte fantascientifiche di cui non può essere ignorata la forte caratura teen vista e considerata la posizione sociale e l’età anagrafica delle persone (relativamente a questo primo episodio, per lo meno) coinvolte nella storia.
La visione del pilot lascia un sapore insipido una volta terminata la puntata: un inizio prorompente e che apre le porte ad una miriade di domande relativamente sia al finale di episodio, sia relativamente all’enigmatico prologo che ben poco dice riguardo a cosa esattamente voglia raccontare la serie.
Tuttavia, ad un certo punto si fatica a trovare differenze tra The Innocents e The End of the F***ing World: due giovani, evidentemente ai ferri corti con l’ordine sociale stabilitosi in quella che possiamo immaginare essere un apparato politico-economico distopico, in fuga da tutto e da tutti. Per due motivi però la serie da poco rinnovata da Netflix riusciva a funzionare molto di più di The Innocents: il primo era il tono canzonatorio con il quale la fuga dalla società era stata impostata; la seconda era l’assenza della caratura supernatural che invece la serie con Guy Pearce porta fieramente in mostra. Circa, perché ben poco minutaggio viene concesso alla tematica centrale dando piuttosto modo allo spettatore di intravedere il complicato tessuto sociale alla base del racconto (ma anche qui si tratta di una generica introduzione) e di conoscere da un po’ più vicino i (di nuovo giovanissimi) personaggi in scena.
June ed Harry sono i due giovani protagonisti al centro del racconto e sembrano essere accomunati, volendo cercare di cogliere i risvolti del mondo narrativo presentato dalla serie, accomunati da ben pochi elementi: entrambi portano avanti una vita da semi reclusi in casa e tutti e due hanno in famiglia ed accudiscono una persona portatrice di handicap (June il fratello ed Harry il padre).
Del resto poco altro si riesce a cogliere se non un certo attaccamento da parte di ogni singolo personaggio in scena agli elementi malattia-medicine: ciò si evince, per esempio, dallo sguardo impaurito e timoroso con il quale Harry osserva le pillole (non menzionate da June) che scivolano fuori dallo zaino dalla ragazza e soprattutto dal tono cupo con il quale l’argomento viene portato a galla nei minuti successivi del loro viaggio verso la libertà.
Già a questo punto tra i due sembra crearsi qualche attrito: June spaventata dalla possibile reazione di Harry; il ragazzo colpito dalla bugia/non menzione delle pillole da parte della giovane. Ma il vero punto di snodo, nonché elemento che andrà a cambiare ulteriormente gli animi dei due ragazzi è la “morte” violenta di cui si ritroverà vittima il feroce assalitore (mutaforma?) che avevamo già scorto ad inizio episodio.
Produttore esecutivo nonché regista di buona parte degli episodi (compreso “The Start Of Us”) è Farren Blackburn un nome che potrebbe dire poco ma di cui si è difficile non conoscere i lavori passati e le produzioni con le quali ha collaborato (Doctor Who, Luther, Daredevil, Iron Fist e The Defenders).
La puntata scorre senza appesantire o far assopire, questo è da concedere e da segnalare. Tuttavia ben poco convince di questo pilot visto e considerato che la parte più interessante del racconto, ossia quella relativa all’elemento supernatural viene malamente racchiusa in due spezzoni (prologo ed epilogo) e mai più menzionata e nemmeno minimamente approfondita. Si preferisce, invece, approfondire i legami sociali ed il teen drama che ormai Netflix pare voglia cucirsi addosso come elemento narrativo prediletto. Un qualcosa che gli sta riuscendo benissimo a discapito di produzioni e serie che avrebbero forse funzionato molto meglio con una gestione diversa dei propri elementi narrativi.
The Innocents è quindi l’ennesimo teen drama di Netflix con poco altro da mettere in mostra? Per ora sì, ma è davvero troppo presto per giudicare questo prodotto di inattaccabile bellezza per quanto riguarda fotografia e gestione dei particolari in scena.
La visione del pilot lascia un sapore insipido una volta terminata la puntata: un inizio prorompente e che apre le porte ad una miriade di domande relativamente sia al finale di episodio, sia relativamente all’enigmatico prologo che ben poco dice riguardo a cosa esattamente voglia raccontare la serie.
Tuttavia, ad un certo punto si fatica a trovare differenze tra The Innocents e The End of the F***ing World: due giovani, evidentemente ai ferri corti con l’ordine sociale stabilitosi in quella che possiamo immaginare essere un apparato politico-economico distopico, in fuga da tutto e da tutti. Per due motivi però la serie da poco rinnovata da Netflix riusciva a funzionare molto di più di The Innocents: il primo era il tono canzonatorio con il quale la fuga dalla società era stata impostata; la seconda era l’assenza della caratura supernatural che invece la serie con Guy Pearce porta fieramente in mostra. Circa, perché ben poco minutaggio viene concesso alla tematica centrale dando piuttosto modo allo spettatore di intravedere il complicato tessuto sociale alla base del racconto (ma anche qui si tratta di una generica introduzione) e di conoscere da un po’ più vicino i (di nuovo giovanissimi) personaggi in scena.
June ed Harry sono i due giovani protagonisti al centro del racconto e sembrano essere accomunati, volendo cercare di cogliere i risvolti del mondo narrativo presentato dalla serie, accomunati da ben pochi elementi: entrambi portano avanti una vita da semi reclusi in casa e tutti e due hanno in famiglia ed accudiscono una persona portatrice di handicap (June il fratello ed Harry il padre).
Del resto poco altro si riesce a cogliere se non un certo attaccamento da parte di ogni singolo personaggio in scena agli elementi malattia-medicine: ciò si evince, per esempio, dallo sguardo impaurito e timoroso con il quale Harry osserva le pillole (non menzionate da June) che scivolano fuori dallo zaino dalla ragazza e soprattutto dal tono cupo con il quale l’argomento viene portato a galla nei minuti successivi del loro viaggio verso la libertà.
Già a questo punto tra i due sembra crearsi qualche attrito: June spaventata dalla possibile reazione di Harry; il ragazzo colpito dalla bugia/non menzione delle pillole da parte della giovane. Ma il vero punto di snodo, nonché elemento che andrà a cambiare ulteriormente gli animi dei due ragazzi è la “morte” violenta di cui si ritroverà vittima il feroce assalitore (mutaforma?) che avevamo già scorto ad inizio episodio.
Produttore esecutivo nonché regista di buona parte degli episodi (compreso “The Start Of Us”) è Farren Blackburn un nome che potrebbe dire poco ma di cui si è difficile non conoscere i lavori passati e le produzioni con le quali ha collaborato (Doctor Who, Luther, Daredevil, Iron Fist e The Defenders).
La puntata scorre senza appesantire o far assopire, questo è da concedere e da segnalare. Tuttavia ben poco convince di questo pilot visto e considerato che la parte più interessante del racconto, ossia quella relativa all’elemento supernatural viene malamente racchiusa in due spezzoni (prologo ed epilogo) e mai più menzionata e nemmeno minimamente approfondita. Si preferisce, invece, approfondire i legami sociali ed il teen drama che ormai Netflix pare voglia cucirsi addosso come elemento narrativo prediletto. Un qualcosa che gli sta riuscendo benissimo a discapito di produzioni e serie che avrebbero forse funzionato molto meglio con una gestione diversa dei propri elementi narrativi.
The Innocents è quindi l’ennesimo teen drama di Netflix con poco altro da mettere in mostra? Per ora sì, ma è davvero troppo presto per giudicare questo prodotto di inattaccabile bellezza per quanto riguarda fotografia e gestione dei particolari in scena.
“Dal regista premio Omar Arminiodavondasinatoieri.”
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Un pilot molto confusionario, molto introduttivo ma anche molto interessante. Tutto molto, quindi. Peccato che come direbbe Sergio (Boris): “Un grande libro, un grande regista e un film in cui ce se capisce e nun ce se capisce. Io non c’ho capito un cazzo“.
The Start Of Us 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.