The Haunting Of Hill House 1×02 – Open CasketTEMPO DI LETTURA 3 min

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“You know how when you take one of your pictures, you capture something forever, just the way it is? Stories do that, too. So when things… When we die… we turn into stories. And every time someone tells one of those stories, it’s like we’re still here… for them.”

Quel poco che si è visto finora riguardo The Haunting Of Hill House non lascia alcun dubbio su quanto di buono ha questa serie da proporre al pubblico di fan dell’horror di Netflix.
Un pubblico che è stato, nell’ultimo periodo, subissato per lo più da esperimenti di carattere esotico (la serie indiana Ghoul) che non hanno però apportato delle grandi novità in ambito estetico-narrativo per quanto riguarda questo genere, rivelandosi più delle semplici riproposizioni di cliché triti e ritriti semplicemente inseriti in un’ambientazione non-convenzionale (leggasi “extra-USA”).
Al contrario, The Haunting Of Hill House fa proprio della riproposizione del “vecchio” il suo punto di forza, riuscendo (paradossalmente) a sembrare molto più innovativo proprio per questo motivo.
Se si osserva bene tutto si gioca sulla sottrazione: niente scene caricate eccessivamente di splutter-gore (qualcuna sì, come quella in obitorio, ma sempre senza calcarci troppo sopra) ma un’atmosfera di continua tensione emotiva che va avanti per tutti i 50 minuti di puntata. Su questa “sottrazione” si gioca tutta la struttura narrativa del racconto e l’angoscia che viene innestata nello spettatore. Se The Haunting Of Hill House insegna qualcosa, infatti, è come basti veramente poco per suscitare il vero orrore nello spettatore, anche senza scene particolarmente cruente.
Tanto per cominciare basta incentrare il tutto su alcuni traumi infantili particolarmente efficaci (leggasi “gattini morti”) e calcarli di un lato visionario e metaforico che si riallaccia al presente-adulto dei protagonisti.
La storia degli inquilini di Hill House, infatti, è chiaramente una storia di formazione al contrario (sul modello del celebre IT di Stepehen King) in cui alcuni adulti disfunzionali cercano in tutti i modi di rimembrare (con molta malavoglia) quello che sembrerebbe essere un loro trauma infantile. È questa, infatti, la loro vera paura: non tanto il presunto fantasma che li ossessiona, quanto il ricordo (rimorso? lo si scoprirà solo andando avanti) che questo scatena in loro.
Emblema di tutto questo è il personaggio della madre dei protagonisti, una meravigliosa Carla Cugino in grado, con poche scene e dialoghi centellinati ma particolarmente studiati, di delineare un personaggio enigmatico e sfaccettato. Chi è, infatti, Olivia Crain? Una donna consumata da una qualche malattia/pazzia che, ad un certo punto, ha tentato di far del male ai propri figli? Sembrerebbe così da quanto gli autori ci hanno permesso di vedere. Oppure la proiezione negativa del suo personaggio è semplicemente dovuta al senso di colpa di Shirley (protagonista assoluta dell’episodio) che riversa su di lei la colpa di non essere stata una madre altrettanto attenta ai bisogni dei suoi “figli”?
Questi interrogativi sono probabilmente destinati a rimanere senza risposta, almeno fino alla fine della stagione.
Nel frattempo, la serie continua a rilasciare più dubbi che certezze, svelando di volta in volta retroscena sempre più inquietanti sulla famiglia Crain grazie all’espediente narrativo del punto di vista, ogni volta diverso, del protagonista di turno (in questo caso la sopracitata Shirley). Il che crea certamente una discreta lentezza narrativa, infarcita di alcuni momenti soapish che appaiono come inevitabili, che potrebbe anche far venire allo spettatore la tentazione di skippare oltre e arrivare al punto. Ma il punto è che questa parcellizzazione della conoscenza generale degli eventi è necessaria per creare sempre più suspense narrativa, ed è proprio il bello della serie.
Si può dire quindi che The Haunting Of Hill House sia una degna discepola del duo Truffaut-Hitchcock per quanto riguarda la suspense narrativa. Cambiando in pregio quello che normalmente sarebbe un difetto, la serie diretta da Mike Flanaghan è la vera sorpresa dell’autunno di Netflix.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Cambio di punti di vista
  • Carla Gugino
  • Traumi infantili + horror= garanzia di qualità
  • Scena dell’autopsia
  • Ripetitività dello schema narrativo
  • Lato soap-operistico della serie

 

Per una volta la lentezza narrativa di una serie tv non è il suo difetto ma il suo pregio migliore. Come dovrebbe essere per ogni buon prodotto horror.

 

Steven Sees A Ghost 1×01 ND milioni – ND rating
Open Casket 1×02 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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