“I can’t stop. I won’t stop. I’ll never stop… I got to stop.”
Per il periodo estivo Netflix rilancia una sfilza di serie tv di vario genere, puntando su prodotti già collaudati e “sicuri”, con il solo scopo di riuscire ad intrattenere al meglio il proprio pubblico durante le lunghe giornate afose.
Ma non sempre tutti questi tentativi riescono e All About The Washingtons rientra purtroppo in questa categoria. Il genere è quello più made in USA di tutti, la classica sit-com famigliare dove i problemi e i rapporti tra i vari componenti della famiglia la fanno da padroni lungo tutto il racconto.
Sit-com del genere hanno avuto enorme successo lungo tutti gli anni 80-90 regalando perle che sono diventati dei veri e propri cult (basti citare serie televisive come 8 sotto un tetto, Pappa e Ciccia, Quell’uragano di papà, Horsin’Around…) oggi, guarda caso, quasi tutti oggetti di remake e/o reboot televisivi molto attesi, a dimostrazione che la fama che tali titoli si sono fatti, con il tempo, non è ancora del tutto scalfita.
Ma un conto è voler riproporre uno show già noto, seguendo quel filone-nostalgia che ormai da tempo imperversa nel piccolo schermo, e un altro è cercare di riproporre lo stesso tipo di comicità (abbastanza stantio e ripetitivo alla lunga) con serie televisive originali che rischiano di apparire, in questo modo, già “vecchie” e “trite e ritrite”. La risata pre-registrata in sottofondo, nel 2018, appare come quanto di più forzato ci possa essere, e il suo uso, spesso esagerato e inutile (è proprio necessario inserirla appena un personaggio apre bocca a caso?), non fa che renderla ancora più odiosa.
In tutto questo si aggiunge il fatto che i drammi e i conflitti famigliari sono più o meno sempre quelli, già visti e rivisti in altre mille serie.
Da questo punto di vista va detto però che All About the Washingtons fa di tutto per rendersi più originale possibile, pur con risultati non proprio esaltanti.
Il protagonista Joey Washingtons (Joseph Simmons) è una stella del rap che, dopo anni di carriera, decide di appendere il microfono al chiodo e dedicarsi alla sua famiglia, cosa che non ha mai potuto fare in quanto impegnato sempre fra dischi e tour. Ma occuparsi della propria famiglia può essere un’impresa molto difficile, soprattutto se il mondo è andato avanti benissimo anche senza di te e ogni componente della famiglia ha le sue esigenze da soddisfare.
Già da questa breve premessa si può intuire che i maggiori momenti di comicità saranno quelli in cui il buon Joey dovrà confrontarsi con i figli e con un gap generazionale che è veramente difficile da colmare. Interessante, da questo punto di vista, il rapporto che si crea con il figlio Wesley (Nathan Anderson), aspirante rapper sulle orme del padre, sempre in cerca di consigli e ispirazione da parte sua. La scena forse più divertente è quella dell’ascolto del suo tape in cui viene fuori tutto il difficile rapporto tra gli esponenti della scena rapper old school e la musica trap le nuove generazioni, capaci solo di creare suoni onomatopeici con il sintetizzatore.
La presa in giro del mondo gangsta-rap è parte essenziale di questa serie, e non a caso è stato scelto come protagonista Joseph Simmons, dato il suo passato importante nel settore. Il fatto che il protagonista sia stato effettivamente un rapper e che una buona parte delle situazioni descritte siano prese dalla sua vita reale (anche l’attrice che interpreta la moglie Justine è effettivamente sua moglie in pieno stile-casa Vianello) è sicuramente l’aspetto più originale e interessante di questa serie, nonché una vera e propria presa in giro (in questo caso anche auto-referenziale) dello stile di vita gangsta-rap e dei The Carters dei suoi esponenti.
Purtroppo per il resto non c’è molto altro di positivo: la recitazione è spesso piatta e monotona (tipica di chi non è effettivamente attore a tutto tondo) così come i characters presentati che ricordano molto quelli di Tutto in famiglia, forse la serie più assimilabile a questa per varie ragioni. Anche in questa serie, dei primi anni 2000 con Damon Wayans, infatti si cercava di rivitalizzare il genere sit-com famigliare facendo satira sulle famiglie afro-americane, tentativo fallito in quanto, già allora, appariva come superato da tempo.
Molte situazioni e personaggi in All About The Washingtons appaiono come ricalcate esattamente da quella serie: la figlia adolescente in preda a perenni crisi adolescenziali, la figlia-prodigio più piccola senza peli sulla lingua, il figlio piccolo con evidenti problemi estroverso e linguacciuto anch’esso, i perenni conflitti con la moglie Justine che pretende sempre più spazio e attenzione con il classico atteggiamento da ghetto-girl. Insomma stereotipi nigga e battute riciclate ormai da tempo che non fanno che rendere questa sit-com (che pure poteva essere interessante) solo una sorta di Tutto in famiglia 2.0.
Naturalmente non è detto che tutto ciò non possa piacere a chi, sopratutto nel periodo estivo in cui si cerca un tipo di intrattenimento più leggero, voglia semplicemente vedersi un sano prodotto old school in cui il cervello può pienamente rilassarsi. Si può dire che All About The Washingtons riesce a soddisfare questa esigenza e sicuramente è un prodotto che non vuole prendersi assolutamente troppo sul serio.
Fa comunque strano pensare che una serie del genere, più adatta al pubblico di una rete via cavo mainstream, venga prodotto da Netflix che ha abituato in passato il proprio pubblico a ben altro tipo di prodotti, sintomo che il voler strafare, proponendo roba sempre originale ogni mese per riempire sempre più il catalogo, non è sempre una buona scelta, anche perché, alla lunga, “il troppo stroppia”.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!