Letteralmente il titolo può essere tradotto con “Io sacrificherò il mio mostro” e l’unico vero mostro a cui si fa riferimento è quello autodistruttivo e lesionista di Hank Moody.
In una puntata che già dai primi frame trasuda nostalgia e con una 7° stagione già commissionata, è inutile aspettarsi lieti fini e vari ed eventuali “vissero felici e contenti”. Questa non è una serie Disney ed in Californication il finale è sempre tutto da riscrivere, lo so io, lo sapete voi e lo sa Tom Kapinos che, da abile mestierante, ci lascia con il più semplice ma al contempo il più efficace dei cliffhanger: un uomo che bussa ad una porta e aspetta che gli venga aperta. La simbologia anche qui è tutt’altro che nascosta. Hank ha finalmente realizzato che non è pronto a lasciarsi scappare la donna della sua vita e la scelta di lasciare Faith ed il circo di Atticus Fetch è il primo (doveroso) passo per cambiare nella persona che Karen vorrebbe che fosse, il primo passo per uccidere il suo mostro.
Insomma sono passate 6 stagioni, più o meno una decina d’anni all’interno della serie, ma alla fine dei conti, tra mariti, sveltine, rehab e processi, le cose stanno ritornando come al principio: i Runkle’s sono di nuovo marito e moglie e Hank è perdutamente innamorato della sua bella che è sempre lì lì per cadere ai suoi piedi. Ma è questo quello che ci aspettiamo da Californication? Personalmente la risposta è si.
Considerandomi un puro sangue degli happy endings, la mia speranza è che Kapinos soddisfi concluda tutto con una 7° stagione all’altezza delle aspettative e con un finale degno di questa serie che ormai ha proposto tutte le possibili situazioni e immaginabili e rischia di ricadere nel classico clichè del già visto. Ecco perchè mi piace vedere questo season finale come l’inizio di un puzzle che si ricompone pezzo dopo pezzo, relazione dopo relazione. Certo non è un season finale privo di difetti ma la sensazione di agrodolce che accompagna questi 30 minuti fa perdonare tutte le mancanze varie ed eventuali perchè la serie è da sempre agrodolce, così come lo è la vita e l’happy ending va prima di tutto sognato e poi conquistato tra mille dolori e sofferenze.
Tra le cose che non vanno in questo season finale si annovera la mancanza di minutaggio dedicata all’agognato momento di felicità dei Runkle’s, la quasi totale assenza di Karen e un ritorno di Lew Ashby non proprio così gradito come si potrebbe pensare. Se per le prime due mancanze si può motivare il tutto con un episodio Hankcentrico, per l’utilizzo di Lew Ashby invece si ha tutto il diritto di storcere il naso. Un po’ come successo nella 5×12 ecco che torna a tormentare i sogni di Hank Moody il defunto e compianto Lew “Fucking” Ashby. Già nel finale di stagione precedente si era fatto strada negli incubi di Hank come portavoce della sua subcoscenza interiore e qui ritorna di nuovo nel ruolo di Grillo Parlante che cerca di chiarire i dubbi al sempre incasinatissimo Moody. Francamente, per quanto mi sia piaciuto ed abbia adorato Lew quando era vivo, trovo la sua presenza mistificata fuori luogo e in parte anche abusata. Se nello scorso season finale poteva essere una piacevole sorpresa ed aveva il suo perchè all’interno della puntata, adesso il riutilizzo nello stesso modus operandi sà tanto di già visto e porta a snaturare il personaggio rendendolo odioso e francamente non ci sto.
Fantasmi del passato a parte, come ogni episodio finale di Californication che si rispetti si chiude il filone della stagione, si salutano i comprimari e si fa ritorno a casa perchè, come dice Becca, “Don’t worry, Dad. All roads lead back home.”.
- Melanconia a gogo
- La scelta di Hank: approved!
- Proposta di matrimonio immaginaria
- Atticus Fetch: sei stato una piacevole sorpresa.
- Pochissimo Runkle, delusione
- 1 anno di attesa prima di scoprire se dietro la porta rossa c’è qualcuno è decisamente troppo tempo
E ora chi aspetta Gennaio 2014 per vedere il seguito? Dovremo tutti farcene una ragione invece e ammazzare il tempo magari riguardando questa 6° stagione partita un po’ in sordina e poi riscopertasi sotto un’altra luce, migliore e qualitativamente degna di portare il nome Californication. Comunque e sempre: Californication rulez!
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.