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Marvel’s Luke Cage 1×02 – Code Of The StreetsTEMPO DI LETTURA 8 min

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“Jesus saves… I don’t.”

Il secondo episodio di Marvel’s Luke Cage non si prende troppi preamboli e giunge al cuore stesso della serie e al suo punto d’arrivo in poche ma efficaci battute.
Si può affermare che tutta la trama di questo secondo episodio si concentri sul tema della “redenzione”. In pratica è una rivisitazione contemporanea della parabola del figliol prodigo nel Vangelo di Luca (e forse non a caso il protagonista si chiama Luke, come ricorda il villain di turno nella scena memorabile della rasatura). Questo tema diventa emblematico nella serie ma non solo: mentre le altre serie televisive del Marvel Cinematic Universe (Daredevil e Jessica Jones) presentano supereroi ancora acerbi, all’inizio della carriera e non ancora consapevoli dei propri poteri, Luke è un personaggio che ha già sperimentato il suo potere, probabilmente ha già compiuto altri atti di eroismo in passato (almeno da quel che la sceneggiatura criptica di questa serie lascia trapelare) ma che ora è disilluso, sconfitto e affranto per quello che ha commesso in passato. Cerca, quindi, anche lui la sua “redenzione” e una nuova vocazione da supereroe che arriva nella maniera più traumatica verso la fine. Allo stesso modo il villain Cottonmouth (Mahershala Ali) cerca di redimere Harlem dalla sua fama di quartiere-ghetto, usando i suoi metodi, mentre sua cugina Mariah Dillard (Alfre Woodard) cerca, invano, di redimere lui dalla sua vita criminale.
Il tema della redenzione rende molto realistici e umani questi personaggi, e li lega in maniera indissolubile tra di loro (il rapporto tra Luke e Cottonmouth è, di fatto, lo stesso tra Daredevil e Wilson Fisk). Si tratta del “ritorno dell’eroe” più che della “nascita dell’eroe” e sicuramente questo aspetto non è stato scelto a caso ma risulta fondamentale anche per la stessa Netflix’s Marvel che (giunta alla terza trasposizione supereroistica televisiva ed essendo nel pieno del boom dei cinecomics) deve fare i conti con alcuni cliché a cui nessuna trama ormai può rinunciare ma, allo stesso tempo, cercare di rinnovarsi ogni volta per non perdere quei tratti di creatività e originalità che l’hanno sempre contraddistinta.
Si tratta di un fragile equilibrio in cui gli sceneggiatori scelgono apposta (come già evidenziato nel precedente episodio) di velocizzare i tempi per quanto riguarda la storyline di Luke, mantenendosi però più concentrati sui personaggi secondari della serie e sul mondo circostante ad essi. Una scelta coraggiosa, da parte degli autori, quella di tenere il pubblico sulle spine senza dare troppe spiegazioni sul passato del personaggio che richiede un grande atto di fedeltà da parte del suo pubblico, che comunque non rimane affatto deluso.
Nonostante, infatti, gli evidenti difetti dovuti a questa scelta come i buchi di sceneggiatura (in pochi secondi Luke riesce a trovare Chico mentre i gangster del quartiere, che sanno tutto di tutti, no?), le deduzioni troppo semplicistiche dei protagonisti e il fatto che, incredibilmente, nessuno abbia ancora notato i poteri di Luke (a partire dai due detective incaricati del caso, tra cui Misty Knight), la serie procede bene grazie a un’attenzione maniacale per i particolari che si ripetono nel corso delle puntate (tipo lo Swear Jar) che creano affezione alla storia e dicono molto sulla personalità dei personaggi, oltre che alla regia, sempre eccezionale.
Allo stesso modo i dialoghi, sempre molto azzeccati, soprattutto quelli al Barber Shop di Pop (Frankie Fason) uno dei personaggi meglio riusciti per simpatia e sfaccettature. In questo luogo, una mezza via tra un barbiere e un centro sociale, Luke e altri personaggi si ritrovano per parlare del più e del meno, all’apparenza. In realtà ogni dialogo rappresenta una citazione a miti della cultura afroamericana (in questo episodio i romanzi di Donald Goines) dando così uno spaccato di questo mondo (con numerosi riferimenti ai film di Spike Lee, tra cui Jungle Fever i cui titoli di testa vengono citati anche nella stessa sigla di questa serie) e offrendo un ulteriore indizio per capire un lato della personalità dei nostri protagonisti. Ne è un esempio la stupenda (per la tensione che riesce a trasmettere) scena della rasatura di Cottonmouth da parte di Pop, un campionario di citazioni tratte dalla Bibbia e dagli spaghetti-western che riesce a dire molto con poche battute e silenzi eloquenti (quelli di Theo Rossi, miglior interpretazione dopo quella di Mike Colter e miglior villain, anche più di Cottonmouth) segno di grande qualità registica ed espressiva da parte dell’attore.
Questi elementi riescono a catturare e coinvolgere ulteriormente lo spettatore nella trama e ad immergerlo nella cultura afroamericana che non è solo uno sfondo ma una chiave per capire i ragionamenti e le azioni dell’eroe (come spiega lui stesso nel monologo finale). Da qui i numerosi riferimenti alla cultura hip-hop e sportiva di Harlem (i numerosi playground all’aperto dove l’attrice Simone Missick fa sfoggio della sua bravura).
In tutto ciò, “Code Of The Streets” esprime la sua audacia grazie ad un evento che in particolare richiama all’attenzione pubblico e memoria fumettistica: la morte di Pop. La sua uccisione è infatti l’evento scatenante che smuove Luke dal suo immobilismo, un immobilismo dettato da eventi in parte noti ed in parte no ma che sono dei massi legate alle caviglie del non ancora supereroe. L’analogia con la morte dello Zio Ben che ha dato la svolta al Peter Parker in versione wrestler è evidente: l’uccisione a sangue freddo della figura paterna è l’evento determinante per la nascita dell’eroe. Inutile negare che quella di Pop abbia la stessa valenza per Luke Cage.
Marvel’s Luke Cage risulta così una serie molto pop, riconoscibile nei suoi citazionismi e nella rappresentazione del mondo a cui appartengono le vicende, con riferimenti all’attualità e alla cronaca, ma che guarda anche all’intrattenimento e all’azione.
Infine, per gli amanti del Marvel Cinematic Universe: nell’episodio torna il personaggio di Turk Barrett (Rob Morgan, già visto in Daredevil) ulteriore collegamento con le altre serie Netflix’s Marvel, un elemento che potrebbe annunciare sorprese già a partire dalle prossime puntate.

 

Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del primo eroe in vendita Marvel? Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.Marvel’s Agent Carter e Marvel’s Daredevil eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.

  1. Abbiamo la conferma che la detective con cui Luke Cage fa un po’ di sana ginnastica del piacere nello scorso episodio è Misty Knight. Comparsa per la prima volta su Marvel Team-Up #1 del 1972, Mercedes “Misty” Knight si diploma col massimo dei voti all’accademia di polizia locale entrando poi in servizio presso il NYPD, dove raggiunge il grado di tenente e lavora come partner di Rafe Scarfe. La sua vita cambia quando un giorno, per scongiurare l’esplosione di una bomba nel caveau di una banca, Misty rimane gravemente ferita e subisce l’amputazione del braccio destro, cosa che la rende tanto depressa e angosciata tanto da abbandonare la polizia. Poco tempo dopo Tony Stark, colpito dall’eroismo della ragazza, decide di donarle un braccio bionico che le permette di ricominciare la sua vita aprendo un’agenzia investigativa privata assieme alla sua migliore amica Colleen Wing: la Knightwing Restorations. Da li in poi Misty avrà spesso a che fare col mondo dei supereroi, stringendo amicizie, alleanze e relazioni più o meno durature con altri personaggi. Per esempio, oltre alla collaborazione vita natural durante con Colleen, avrà spesso a che fare con Luke Cage e Iron Fist, sopratutto col secondo, con cui instaurerà una relazione amorosa. Negli anni ’80 dividerà anche l’appartamento con Jean Grey degli X-Men.
  2. Comparso per la prima volta su Marvel Premiere #23 del 1975, Rafe Scarfe è stato il partner di Misty fino a quando la poliziotta non abbandonò il NYPD. Verrà sempre presentato come il classico poliziotto integerrimo e protettivo nei confronti della collega, apparendo in diverse testate ma rimanendo sempre un personaggio di contorno.
  3. Il titolo è un riferimento all’omonima canzone del duo hip-hop Gang Starr
  4. Il libro che sta leggendo Luke è Little Green di Walter Mosley, dodicesimo libro avente per protagonista il duro detective Easy Rawlins, un investigatore privato afroamericano e veterano della 2° Guerra Mondiale che vive a Watts, nei dintorni di Los Angeles. L’easter egg non è solo una citazione ad uno degli eroi della letteratura afroamericana ma è anche un collegamento alle origini di Luke Cage. Nel precedente libro della serie di Rawlins, Blonde Faith, il protagonista rimaneva vittima di un incidente d’auto che non lo uccise, ma lo mandò in coma. Anni dopo si risvegliò e percorse la stessa strada che Cage prese quando divenne un eroe in vendita.
  5. Luke non è di Savannah ma è nato e cresciuto ad Harlem. Probabilmente il cambio di provenienza è dovuto al fatto che la serie volesse collegare ancora di più il protagonista con Seagate, visto che il carcere si trova proprio dalle parte delle Georgia.
  6. Rob Morgan torna nei panni del delinquentello Turk Barrett per una piccola citazione a Marvel’s Daredevil e come ulteriore elemento di connessione tre le quattro serie che andranno a formare i Difensori.
THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Interpretazioni di Mike Colter e Theo Rossi
  • Citazioni tratte da Spike Lee e dagli spaghetti-western
  • Morte di Pop come evento costituente del futuro supereroe
  • Dialoghi al Barber Shop di Pop
  • Tutta la scena della rasatura di Cottonmouth
  • Simone Missick aka “The Queen of Playground”
  • Turk Barrett che ci riporta nel MCU 
  • Buchi di sceneggiatura
  • Deduzioni troppo semplicistiche
  • Detective troppo stupidi

 

La seconda puntata ci porta direttamente nelle strade di Harlem con uno spaccato, non troppo lontano dalla realtà, della situazione nei quartieri afroamericani. Il tutto per arrivare al culmine finale in cui Luke concepisce la sua vocazione da supereroe (come già accaduto per Daredevil e Jessica Jones). Il ritmo dell’episodio (a tratti lento e poi iper-velocizzato nel finale) è calibrato magistralmente ma subisce alcuni buchi di sceneggiatura che rischiano di abbassare la qualità del prodotto.

 

Moment Of The Truth 1×01 ND milioni – ND rating
Code Of The Streets 1×02 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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