“My name is Charlie Manx. And I understand what it is to feel lonesome. To feel like you’re the only person in the whole world. No, no. Don’t fret, my boy. Those presents will return to you as soon as we arrive at Christmasland. Oh, it’s a very special place where every day is Christmas Day and unhappiness is against the law.”
C’è un figlio d’arte dietro questa nuova serie di AMC, perché dietro lo pseudonimo di Joe Hill, autore del romanzo originario, si nasconde semplicemente il secondogenito di Stephen King, uno che ha capito che avere un cognome famoso può essere una maledizione e che è meglio distaccarsene per evitare asfissianti confronti col genitore. L’apparentemente incomprensibile titolo NOSF4A2, invece, ha un significato ben preciso: provate a leggerlo secondo la pronuncia inglese e ne verrà fuori “Nosferatu”, parola che accenderà prontamente una lampadina nel cervello di cinefili e appassionati dell’horror. Per chi non lo sapesse, Nosferatu, eine Symphonie des Grauens è un celebre film del 1922, capolavoro del regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau nato come adattamento non autorizzato dell’altrettanto famoso Dracula di Bram Stoker, di cui furono cambiati totalmente i nomi di luoghi e personaggi. Tuttavia, la differenza più evidente introdotta da Murnau stava nell’aspetto del vampiro: non più un affascinante e seducente principe delle tenebre che irretiva le fanciulle, ma un essere spettrale, pallido, glabro e dal fisico scheletrico, come partorito dai peggiori incubi umani. Il conte Orlok è poi rimasto una delle figure più iconiche della settima arte e ha fatto scuola, se si pensa che persino l’estetica degli strigoi di The Strain ne ha ripreso il look.
A questo punto, ci si potrebbe aspettare che NOS4A2 sia una rilettura del mito vampirico tutto sommato “fedele” alla tradizionale immagine del non-morto sanguisuga, poco importa se affascinante come lord Ruthven e Dracula o deforme come Orlok. E invece non è così. Da questo punto di vista, anzi, la nuova serie AMC potrebbe rivelarsi addirittura deludente: non solo manca un vampiro riconducibile alla vecchia e cara immagine del succhiasangue coi denti aguzzi, ma il lavoro della scrittura è quasi interamente dirottato sulla creazione di atmosfere e ambientazioni e sulla presentazione dei personaggi più che sulla costruzione di situazioni che suscitino paura e disagio. E sulla carta questo non è affatto un difetto: la storia è piena di serie dalla partenza lenta che esplodono più avanti, preferendo anteporre una solida costruzione della narrazione e dei suoi protagonisti al facile colpo di scena. Il problema di NOS4A2 è che la trama affoga ben presto in quell’orrendo pantano che risponde al nome di teen drama, come vedremo tra poco.
Nel pilot si delineano con chiarezza due subplots destinati prevedibilmente a incrociarsi presto o tardi. Da un lato c’è Charlie Manx, un misterioso vecchiaccio che va in giro a bordo di una Rolls Royce Wraith del 1983 rapendo bambini disagiati e maltrattati per portarli nella magica terra di Christmasland: nulla a che vedere col classico succhiasangue, ma si capisce subito che dietro il mondo da favola vagheggiato c’è qualcosa di ben più losco e si può anche intuire che il vegliardo si nutra in qualche modo delle energie vitali delle sue giovani vittime, ringiovanendo nel processo. Quasi irriconoscibile sotto trucco e parrucco, Zachary Quinto conferisce comunque al suo personaggio il giusto mix di ripugnanza e di inquietante presenza scenica e il resto lo fanno le canzoncine natalizie (classico riuso di un elemento lieto e “rassicurante” in chiave orrorifica) nonché la fiammante Rolls Royce che guida, dettaglio bizzarro ma sufficiente per conferire una ben precisa identità a questa via di mezzo tra il vampiro rivoltante à la Murnau, il pifferaio magico che irretisce ragazzini e un Babbo Natale ben poco raccomandabile.
Dall’altro lato c’è Vic McQueen, adolescente che deve scontrarsi col provincialismo della cittadina del Massachusetts in cui risiede, con lo snobismo dei suoi coetanei più ricchi e con i problemi familiari, stretta tra un padre che vorrebbe vederla spiccare il volo e realizzare tutte le proprie potenzialità e una madre che invece sembra fare di tutto per tarparle le ali e richiamarle alla realtà. Anche qui troviamo un’interprete assai convincente, la giovane ma promettente Ashleigh Cummings, la cui bravura è però messa al servizio di un personaggio creato chiaramente per conferire alla serie una forte vena teen. Non si dimentichi che il romanzo originale di Joe Hill racconta la storia di Vic partendo dall’infanzia e passando solo dopo all’adolescenza e all’età adulta: tagliar via tutta la prima parte, a meno che non la si ripeschi più avanti con l’ausilio di qualche flashback, significa confezionare fin da subito una protagonista con cui una buona fetta di pubblico può già identificarsi, mentre con una bambina sarebbe stato più complicato. E non c’è dubbio che l’angst adolescenziale della giovane protagonista, la sua continua insoddisfazione, il suo perenne conflitto con genitori e coetanei siano tutti ingredienti che piaceranno a chi si trova a vivere quegli anni e magari quelle stesse situazioni, in un momento della propria vita in cui ci si sente ingabbiati da tutto quello che ci circonda e si vorrebbe solo saltare in sella ad una moto e correre via, come fa appunto la ragazza.
Ma questo ampio spazio concesso ai problemi di una ragazzina rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio, capace di incollare allo schermo una fetta di pubblico particolarmente sensibile a quelle situazioni e a quei problemi, e nel contempo di rallentare terribilmente l’andamento narrativo, oltre a ridurre al minimo le componenti sovrannaturali e orrorifiche: così si scontenta sia chi è ormai fuori dal target del teen drama, sia soprattutto chi guardando NOS4A2 si aspettava una storia dell’orrore ben definita e non un “Piccole donne crescono in periferia” col freno a mano. Sia chiaro, l’elemento fantastico c’è anche per quanto riguarda Vic, nella misura in cui si iniziano a presentare sullo schermo le sue visioni e la sua capacità di vedere cose e luoghi che in teoria non dovrebbero esistere, facendone quasi una sorta di prescelta nella lotta contro il vampiro pedofilo rapitore di bambini; e non bisogna dimenticare la figura di Maggie, caratterizzata fugacemente ma efficacemente attraverso il particolare funzionamento del suo potere divinatorio, che si serve delle tessere di Scarabeo per funzionare. E tuttavia, si tratta solo di sprazzi fugaci in un mare di paturnie giovanili e melodrammi liceali che potrebbero spingere qualche spettatore a guardare insistentemente l’orologio per capire quanto manca alla fine della puntata.
In tutto questo, però, c’è un risvolto positivo: AMC ha rilasciato tutte e dieci le puntate sulla propria piattaforma on-demand, dando così la possibilità a chi fosse sufficientemente incuriosito da “The Shorter Way” di darsi al binge watching più sfrenato senza dover attendere i nuovi episodi a cadenza settimanale. Chi scrive, però, per il momento si ferma qui: troppe le serie televisive da guardare e troppo poco il tempo per “sprecarlo” dietro un prodotto come NOS4A2, anche volendogli concedere tutta la fiducia possibile.
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The Shorter Way 1×01 | 1.11 milioni – 0.3 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.