Ciò che rende Poldark molto più di un banale feuilleton ambientato in un generico Settecento, è la grande attenzione che il suo autore, Winston Graham, ha riservato alla ricostruzione del contesto storico e geografico (per di più, ambientando la storia in una regione periferica quale la Cornovaglia) e che, inevitabilmente, l’adattamento televisivo non ha potuto che ereditare: le condizioni di vita del popolo, i malcontenti e le occasionali sommosse, la diffusione di movimenti religiosi contrapposti all’opulenta chiesa anglicana, gli echi della Rivoluzione francese sul suolo britannico e la guerra della Prima coalizione rimangono a volte sullo sfondo e a volte si intrecciano profondamente con le vicende personali di Ross, Demelza, Elizabeth, George, Dwight, Caroline e degli altri, ma sono sempre parte integrante della narrazione. Di questa attenzione a volte certosina dell’autore per gli avvenimenti reali è esempio lampante l’eclissi lunare che accompagna la nascita di Valentine Warleggan nel primo episodio della terza stagione e che dà il titolo al quinto volume della saga, The Black Moon, corrispondente ad un effettivo evento astronomico del 14 febbraio 1794; ma anche il “worst winter in thirty years” in cui è ambientata questa quarta puntata non è inventato dal nulla, bensì si tratta dell’inverno del 1794-95, che fece registrare in Inghilterra le temperature più rigide dal 1659 e che nello show della BBC si trasforma anche nel motore di alcuni importanti avvenimenti.
Il freddo del rigido inverno provoca scarsi raccolti, a cui bisogna aggiungere lo stato di guerra che rende più ardui gli approvvigionamenti: il popolo, che già non vive in chissà quali floride condizioni, muore di fame, è scontento, è prossimo all’esasperazione. George Warleggan sguazza placidamente in mezzo a tutta questa disperazione come un ippopotamo sguazzerebbe in un fiume africano, sfrutta la penuria di cibo per accumulare grano da rivendere a prezzi vantaggiosi per lui e, quando un suo carico viene depredato da un gruppo di disperati, usa la sua carica di magistrato per infliggere condanne e deportazioni pluridecennali, rendendo ancora più palese quale enorme errore abbia commesso Ross lasciando che un individuo del genere ottenesse il potere di amministrare la giustizia. Questa, però, è solo la punta dell’iceberg della cattiveria del Warleggan che nel corso dell’episodio si sbizzarrisce da questo punto di vista: provoca Ross di fronte alla Wheal Leisure ben sapendo che, essendo la sua terra, questi non può fargli nulla; alla notizia del battesimo di Clowance Poldark fa un’infelice e fastidiosissima battuta sulla defunta Julia; cerca di cogliere Ross con le mani nel sacco credendo (erroneamente) che si stia dando di nuovo al contrabbando per spedirlo in prigione; per ripicca contro l’eterno rivale, chiude la Wheal Leisure lasciando senza lavoro settanta minatori con famiglie a carico. Persino quando accetta la richiesta di Caroline Penvenen di una donazione per i poveri della regione, dando cinquanta ghinee, lo fa solo per orgoglio e per vanagloria, per comparire nella lista dei benefattori (possibilmente in cima, vista l’entità della somma donata) e non per reale filantropia. Lo spettatore potrebbe comunque trovare una sorta di consolazione “karmica” sia nel fatto che il piano del malefico banchiere per incastrare Ross gli si ritorce contro, visto che il Poldark aveva solo acquistato cibo con i soldi delle donazioni per poi distribuirlo tra i poveri, nel pieno rispetto della legge, sia nel continuo fallimento dei tentativi di questo novello Mastro-don Gesualdo cornico di farsi accettare dall’aristocrazia locale, dai Basset e dai Godolphin, che non lo onorano né di un invito nelle proprie residenze né tanto meno di una partecipazione al ricevimento da lui organizzato.
Contrapposto all’opulenza, allo sfarzo ma anche alla freddezza della residenza dei Warleggan a Truro c’è l’ambiente di Nampara, modesto e umile ma anche pieno di calore umano, perché vi si riuniscono persone che si amano e che si stimano, parenti e amici, per festeggiare il battesimo di Clowance. La mancata consegna dell’invito per zia Agatha offre a Ross l’occasione per ritornare a Trenwith per la prima volta da quando aveva stipulato il patto con George: è l’occasione per far interagire nuovamente due personaggi che non si vedevano insieme da un po’ (e per far pronunciare l’ennesima gag sulla reale paternità di Valentine, espediente che sinceramente sta un po’ stancando), nonché una sorta di simbolico ritorno alle origini, un rimettere piede nell’atavica residenza di famiglia, di cui la vecchia zia rappresenta l’unico membro ancora in vita lì presente (Geoffrey Charles è a Truro in quel momento). E di ritorno alle origini per il personaggio di Ross si può davvero parlare, in questi episodi, perché l’apatico e desolante protagonista visto sul finire della seconda stagione e nei primi due episodi della terza ha lasciato il posto nuovamente all’eroe testardo e dal cuore d’oro dalla parte del popolo, pronto a mettersi in gioco per difendere i deboli e garantire loro il cibo necessario a superare l’inverno; nel contempo, è un uomo nuovo, meno avventato e più riflessivo, capace di trattenersi quando George lo provoca e di rispondergli a modo senza perdere la calma (anche se un’altra scazzottata non sarebbe stata male). Evidentemente anni di disavventure, processi, prigioni e rischi di condanne a morte l’hanno reso un po’ più cauto e razionale.
Morwenna: “It is wrong to hope for love in a marriage? When you wed Francis, did you not marry for love?“
Elizabeth: “I married for what I thought was love. The illusion lasted barely a year. My marriage to Mr. Warleggan was not founded on romance, yet it is altogether more successful.”
L’episodio vede la comparsa di due importanti new entries. Innanzitutto c’è Hugh Armitage, compagno di prigionia/allievo di Dwight Enys (a cui è dedicato un maggior minutaggio rispetto allo scorso episodio, giusto per mostrare le condizioni di vita disumane della prigione francese, in cui i prigionieri rischiano persino di essere uccisi per un puro capriccio dei carcerieri) che al momento ha un ruolo piuttosto marginale, ma avrà il suo momento di gloria più avanti.
Il secondo nuovo ingresso, ben più importante al momento, è Osborne Whitworth, un personaggio in cui ogni singola caratteristica sembra avere il fine ultimo di suscitare ripugnanza e disprezzo: la fisionomia suina (un plauso al suo interprete, Christian Brassington che per la parte ha dovuto assumere 3500 calorie al giorno e metter su chili!), i modi viscidamente melliflui, il totale disinteresse per la perdita della moglie, la vanità nel vestirsi e nell’atteggiarsi. Persino George Warleggan lo definisce “a reptile and a prig”, e se lo dice uno come lui vuol dire che dev’essere proprio una persona sgradevole. A tratti la figura del reverendo sembra assumere anche una funzione comica, come nelle scene della contrattazione della dote di Morwenna (montate in modo da alternarsi a quelle, altrettanto comiche, di Demelza e Caroline che sfoderano tutto il proprio charme femminile e la propria oratorio per scucire ghinee ai ricchi donatori); ma c’è poco da ridere quando si considera che la sua comparsa minaccia ulteriormente la già poco serena relazione tra la Chynoweth e Drake Carne, osteggiata persino da Samuel e Demelza, seppur per motivi diversi: il primo, sorretto dallo zelo religioso se non addirittura dal fanatismo tipico dei predicatori, vede in tale amore una minaccia per l’anima immortale del fratello; la seconda è consapevole delle difficoltà che l’unione di un plebeo e un’aristocratica comporterebbe e cerca di evitare il peggio. Qualcuno potrebbe accusare la rossa di incoerenza se non addirittura di ipocrisia (dopotutto anche lei è una donna del popolo che ha sposato un nobile, per quanto all’epoca fosse in miseria, e ha aiutato Dwight e Caroline a coronare il loro sogno d’amore), ma si tratta di situazioni diverse, che non possono essere equiparate: Demelza si era approcciata sessualmente a Ross senza aspettarsi nulla in cambio e il matrimonio è stato in effetti voluto dall’uomo primariamente per una questione d’onore, mentre la Penvenen era in possesso, in quanto ricca ereditiera, di un’autonomia economica e in parte sociale che Morwenna, governante del figlio di sua cugina e rampolla di una famiglia ormai squattrinata, può sognarsi. Per il momento, Drake e Morwenna non possono far altro che cercare di godersi il più possibile quell’amore a cui non riescono a sfuggire e che nemmeno la momentanea lontananza può indebolire, in attesa che si abbatta su di loro l’inevitabile tempesta.
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Episode 3 3×03 | 5.93 milioni – ND rating |
Episode 4 3×04 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.