La notizia dell’adattamento televisivo di Preacher ha creato diverse aspettative nell’eterogeneo pubblico statunitense ed europeo. I motivi principali di questa discreta attenzione mediatica sono stati due:
- L’enorme reputazione dell’omonima serie fumettistica che è una pietra miliare del fumetto mondiale, scritta da Garth Ennis e disegnata da Steve Dillon per tutta la sua durata;
- Il fatto che la producesse la AMC, network televisivo che, in fatto di trasposizioni, a volte ha lasciato terribilmente a desiderare con The Walking Dead, snaturando più volte l’anima stessa del survival horror di Robert Kirkman.
Detto questo, sapete già dove vogliamo arrivare. Preacher era sotto i riflettori perché le preoccupazioni principali riguardavano la fedeltà al materiale originale e, definiteci pure “nerd precisini”, ma la trasposizione da un media al piccolo schermo è importantissima, soprattutto nel caso di Preacher.
Si parla di attenzione e fedeltà con senno perché Preacher è un fumetto che rappresenta in tutto e per tutto il creatore Garth Ennis, uno sceneggiatore le cui opere sono caratterizzate da un’estremizzazione della violenza, umorismo nero, linguaggio volgare ed esplicito, il trattamento approfondito di tematiche etico-sociali e una vasta gamma di allusioni alla cultura popolare anche al di fuori dei fumetti. Se è vero che una serie tv deve semplicemente tradurre in termini televisivi i ritmi sequenziali del fumetto, è anche altrettanto vero che questa “traduzione” debba semplicemente attenersi alla differenziazione di come quelle scene vengono rappresentate sul piccolo schermo, non sostituirsi all’originale contesto. Ergo: se in Preacher è importante quello che succede, è anche altrettanto importante come succede e con che dialoghi viene accompagnato, poiché il linguaggio usato in termini di scene e testi è radicato nell’animo stesso della serie. Detto in parole povere, e scomodando The Walking Dead come paragone, c’era la paura che la AMC estirpasse l’impronta di Ennis di cui Preacher è talmente pregno da non poter vivere senza.
Dopo la visione di questo episodio erroneamente chiamato “Pilot”, siamo tutti molto più tranquilli. “Pilot” non è la descrizione più appropriata per questa series premiere perché più che un vero e proprio primo episodio è un episodio zero, una puntata di un’ora il cui unico obiettivo è quello di presentare semplicemente i personaggi principali della serie e le loro caratteristiche, oltre che delineare il rapporto che il protagonista Jesse Custer ha con ognuno di loro. Inutile dire che questa linea di condotta è un’arma a doppio taglio.
Da una parte l’ambientazione texana si mostra affascinante per il tripudio di citazioni cinematografiche del genere western in fatto di inquadrature, atmosfere e fotografia (sopra tutti regna Gli Spietati di Clint Eastwood), così come i protagonisti che si presentano subito sopra le righe e irresistibili per l’overdose di carisma che sprigionano. La caratterizzazione dei personaggi è infatti uno dei maggiori punti di forza di Preacher, cosa che si dimostra esserlo anche in questa controparte televisiva. Ancora non si può dire granché su molti di loro poiché il pilota non dà poi tutti questi grandi elementi per poter andare a commentarli ma, per quanto visto in questo “open day” della serie, incisiva e memorabile è la caratterizzazione della triade dei protagonisti principali formata da Jesse Custer (Dominic Cooper), Tulip O’Hara (Ruth Negga) e Cassidy (Joe Guilgan), personaggi subito impressi nella memoria per il background bizzarro e politicamente scorretto dei character che gli attori hanno preso di petto e interiorizzato alla perfezione. Dall’altra “Pilot” è così introduttivo e riservato, che non si scomoda nemmeno di presentare gli elementi più iconici della originale serie Vertigo come, per esempio, il potere di cui viene investito Jesse (la Parola di Dio) o Eugene, personaggio che sarà meglio noto con l’alias di Faccia di Culo (no, davvero). Addirittura nemmeno la vera trama viene resa nota in questo episodio che va ben oltre il semplice “I am that preacher. This is my answer. This is why I’ve come home. To save you.” finale di Custer.
Visto così, l’episodio sarebbe da Save Them All e invece a sorpresa si becca un Thank.
Se da una parte il nuovo prodotto AMC può addirittura sembrare eccessivamente tedioso per l’esagerata lentezza, comunque necessaria per introdurre questa nuova realtà, “Pilot” si fa perdonare per quanto detto poche righe sopra. Nonostante la rivisitazione (in certe cose radicale) di molti degli elementi della originale serie cartacea, è un piacere nonché una soddisfazione vedere che gli showrunner Evan Goldberg, Seth Rogen e Sam Catlin abbiano mantenuto inalterato lo spirito e la verve di Garth Ennis, tanto che regia e sceneggiatura (sempre ad opera del suddetto trio) sembrano supervisionati o addirittura scritti da lui. Fin dai primi fotogrammi si capisce che la triade sopracitata ha analizzato le tematiche principali della serie ed il modo in cui il suo creatore si è approcciato ad esse. Capendo questo e capendo la mentalità del fumetto Vertigo, anche se diverse scene sono state realizzate ex-novo per la serie o estremamente rivisitate, è palpabile lo spirito di Ennis. Ovviamente per alcune evoluzioni di trama sarà essenziale tracciare la strada seguendo il solco lasciato dal fumetto, ma è comunque una gran prova di rispetto e coscienza verso il materiale originale aver interiorizzato la modalità narrativa di Preacher, anche in vista delle porzioni di trama che andranno rivisitate, così da tenere una rispettabile dose di fedeltà.
Oltre a questo, ci sono anche dei piccoli accorgimenti che rendono ancora più appetibile il pilota dal punto di vista del riferimento fumettistico come, ad esempio, le scritte giganti durante gli stacchi, quasi per mimare le didascalie descrittive dei cambi di location dei fumetti o i sottotitoli per Faccia di Culo (essenziali per capire quello che dice). E ancora: i messaggi dissacratori come quello messo nell’immagine d’apertura (Open Your Ass And Holes To Jesus) e nel finale (Repent For He Is Cumming), le scene violentissime e al limite del gore (vedi quella finale) e situazioni di ingiustizia sociale tramutati in imbarazzanti equivoci politicamente scorretti (vedi la signora a cui piace essere picchiata dal marito). Queste situazioni sono un marchio di fabbrica tipico di Garth Ennis che va a valorizzare il discorso della fedeltà spirituale di cui sopra e che si pone al centro di tutta la narrazione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Pilot 1×01 | 2.38 milioni – 0.9 rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tulip nera snatura il personaggio. Meglio la gn