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Quando ci si appresta alla visione di un season finale, la prima domanda che viene spontaneo farsi è molto spesso: “Ma è stata rinnovata per una nuova stagione o sto per vedere il series finale?”. Mentre, in alcuni casi, si sa la risposta già con larghissimo anticipo (i fan di Empire, per fare un esempio, non si dovranno porre queste questioni per almeno altri due anni), in altri la situazione è, ogni volta, delicata e impronosticabile, il che può comportare sia un rinnovo in extremis (Turn: Washington’s Spies è stato dato per cancellato sin dal pilot e ora è stato rinnovato per una quarta e ultima stagione) o in una cancellazione amarissima (Masters Of Sex è il caso più recente).
Quarry, sin dal suo esordio, ha fatto registrare ascolti decisamente bassi (182 mila spettatori è stato il peggior esordio di sempre per una serie originale Cinemax), ma ha avuto il pregio di mantenerli estremamente costanti nel corso della stagione; “addirittura” in ben tre episodi ci sono stati più spettatori rispetto al pilot, e questo finale è stato visto da 178mila persone, un risultato vicinissimo a quello della prima puntata. Il tutto senza contare le repliche. Questi dati indicano come il pubblico abbia gradito la serie e, addirittura, ne abbia fatto aumentare il bacino d’utenza grazie al passaparola e alle reazioni positive da parte della critica. Per tutta questa serie di fattori, ci sono buoni motivi per sperare in un rinnovo, che potrebbe essere incentivato anche da eventuali nomination (Logan Marshall-Green, Peter Mullan, Jodi Balfour e Damon Harriman si sono resi protagonisti di grandissime interpretazioni, e non è esclusa qualche nomination anche nelle categorie tecniche, soprattutto alla luce di quanto accaduto in questo episodio).
Dopo questa premessa veniamo alla puntata in sé per sé. Visto che lo stile di Quarry è sempre stato caratterizzato da una profonda lentezza, dall’avanzare molto parsimonioso della narrazione (in questo senso ricorda un po’ il titolo: Nước Chảy đá Mòn, infatti, è un antico proverbio vietnamita che si può tradurre con “Lo scorrere dell’acqua fa erodere le rocce”, ma su questo significato torneremo tra un po’); per questo motivo, ci si sarebbe potuta aspettare una graduale conclusione della vicenda legata a Credence Mason e all’assassinio di Cliff Williams, culminati nel “Conway” strillato dall’agente Olsen poca prima che Mac entrasse nella sala giochi per uccidere Credence.
Ebbene, niente di più sbagliato, in quanto il tutto viene affrontato e concluso nel giro di sette minuti (i quali includono anche degli spezzoni delle vicende vietnamite di Mac). Non si pensi però, che sia una conclusione sbrigativa e un po’ raffazzonata; si tratta, in realtà, di una scena ad altissima tensione; allo stesso tempo, però, la musica estremamente rilassata e allegra dei luna park contribuisce a dare un tocco surreale, così come l’enorme corpo senza vita di Mason che gira in tondo assieme ai cavalli a dondolo mentre, attorno a lui, ci si spara senza soluzione di continuità. Volendo trovare dei difetti, si potrebbe far notare che, con la prematura morte del detective Olsen, nessuno si occuperà più del filone investigativo riferito a Mac e che, come in moltissime altre sparatorie, sia in tv che al cinema, i “buoni” non vengono mai nemmeno sfiorati e hanno una mira degna del miglior Chris Kyle, mentre i “cattivi” muoiono sempre al prima colpo e hanno una mira degna degli Stormtrooper di Star Wars. Se per il primo quesito l’inquadratura finale del detective Verne Ratcliff sembra indicare che la morte di Cliff Williams sarà ancora una spina nel fianco per Mac, sul secondo non si può che esprimere il dispiacere per la presenza di uno degli stereotipi più fastidiosi che ci siano, ma stiamo parlando del classico pelo nell’uovo.
Dopo questi primi minuti così intensi e pieni di avvenimenti è plausibile che molti spettatori si siano chiesti ” E ora che succede?” I successivi 73 minuti (la durata dell’episodio era di 1 ora e 20) sono di un livello addirittura superiore a quello dei primi 7, e hanno la duplice funzione di chiudere alcune storyline, rilanciarne altre e porre le basi per un futuro sempre più intrigante, il tutto con il filo conduttore del Nước Chảy đá Mòn sempre ben presente.
Lo scorrere dell’acqua fa corrodere le rocce. Come tutti i proverbi e i modi di dire, questa frase è soggetta a interpretazioni diverse, e si presta benissimo ad essere usata come metafora. I ricordi di guerra sono acqua e stanno corrodendo la vita di tutti i giorni di Mac, la sua roccia, che è composta da amici, amore, famiglia, divertimento. Analizziamo un attimo queste quattro voci: il suo amico più caro, Arthur, è morto anche e soprattutto a causa delle difficoltà di dimenticarsi di quanto accaduto in Vietnam; il suo rapporto con Joni è sempre appeso ad un filo, perché il tempo passato a migliaia di chilometri di distanza e, ancora una volta, il suo stress post-traumatico stanno giocando un ruolo determinante; i rapporti con la matrigna non erano mai stati buoni ma i fatti di Quan Thang hanno sancito la definitiva rottura con lei e, di conseguenza, col padre: nonostante si sforzi moltissimo, Mac non riesce più a stare in mezzo alle persone, schiavo dei suoi incubi e dei mostri di un passato troppo recente per essere dimenticato (e che forse non sarà mai dimenticato).
Nonostante la sua roccia si stia sgretolando, Joni fa di tutto per non eroderla completamente, e questo finale lo mostra in modo chiaro come non mai: decide di non vendere la casa e difende il marito a spada tratta di fronte alle accuse e alle cattiverie (gravi, pesanti ed ingenerose) della matrigna. Questa scena, oltre a segnare un rafforzamento dell’amore tra i due (una cosa assolutamente impensabile al termine del primo episodio e, soprattutto, del secondo), segna il passaggio finale dell’allontanamento tra lui e il padre che, nonostante non abbia detto niente di negativo su di lui, non lo difende dagli attacchi della matrigna, il che equivale ad averlo insultato a sua volta. La delusione negli occhi di Mac era evidente e non lascia adito a dubbi: difficilmente Lloyd Conway Senior avrà spazio nelle future vicende del figlio.
In questa spirale di problemi e situazioni negative (che peggioreranno col passare dei minuti, come vedremo tra un po’), c’è un elemento un tempo avverso che ora, invece, sorride al nostro protagonista: così come il passare dell’acqua erode le rocce, il passare del tempo fa spostare l’attenzione dell’opinione pubblica da un’altra parte; a questo proposito, la facilità con la quale viene assunto come venditore di piscine è emblematica, soprattutto, se contrapposta ai numerosi rifiuti, spesso motivati da ragioni assolutamente ridicoli e non plausibili, che ricevette appena tornato dal fronte. Purtroppo per lui, però, i traumi non svaniscono via con la stessa facilità dell’attenzione mediatica e, anzi, si ingrandiscono e diventano più temibili man mano che passa il tempo, soprattutto se non vengono trattati in maniera appropriata. Parlando dei traumi di Mac, è tempo di iniziare a parlare dell’elemento di spicco di questo finale e, in generale, filo conduttore (finora invisibile) dell’intera serie: il Vietnam.
Dopo i primi episodi basati (ovviamente) moltissimo sul reinserimento di Mac nella società, dal rapimento di Joni in poi tutta la questione era stata abbastanza messa da parte in favore di avanzamento di trama e di un inserimento di ulteriori aspetti della società americana (la tensione razziale in quel periodo). Da parte nostra, però, non c’è mai stata una critica a questa scelta in quanto sicuri che gli autori, che si sono dimostrati sempre meticolosi e attenti al più piccolo dettaglio, non avrebbero mai abbandonato del tutto una delle tematiche più importanti (se non la più importante) dell’intera serie, ma l’avrebbero riproposta, in maniera anche un po’ furba, nel corso dell’ultima puntata.
Dopo un paio di flashback non lunghissimi ad inizio episodio in cui si parla del rapporto a distanza tra Mac e Joni e si introducono un paio di personaggi che si riveleranno poi importanti, è sul finire della puntata che si entra nel vivo delle vicende di Quan Thang. È doveroso dire, innanzitutto, che il lunghissimo piano sequenza finale (quasi 10 minuti) è qualitativamente perfetto; inoltre, se a ciò aggiungiamo delle scene di guerra quasi al livello della storia della TV (Band Of Brothers e The Pacific), allora si sta parlando di uno dei momenti più alti della serialità di questo 2016. Questo piano sequenza non ha solo una funzione estetica, ma ci rende partecipi all’evento che ha scatenato quanto è stato visto da “You Don’t Miss Your Water” in poi.
Mac Conway è colpevole di quanto è stato accusato, e su questo c’erano pochi dubbi sin dall’inizio; in questo caso, però, non bisogna pensare solo al gesto compiuto ma bisogna analizzare la questione più a fondo. Sin dai primi frammenti del conflitto, è apparso subito in modo chiaro come Mac e Arthur fossero tra i meno esaltati guerrafondai all’interno della compagnia, a differenza, ad esempio, del soldato Strickland che, poco prima della battaglia, si autoproclama Dio del fuoco ed è intenzionato a bruciare vivi quanti più vietcong possibili. Lo scontro è straziante e ci sono subito numerosi morti. Mac, nonostante, intuisca che qualcosa non quadri, continua a combattere e, quando vede un nascondiglio sotterraneo, non esita a lanciare la granata. Un attimo prima che la bomba esploda si avverte un cambiamento negli occhi del bravissimo Logan Marshall-Green; infatti, ancora prima di vedere l’atroce scena di corpi mutilati di bambini, sente le urla di terrore delle giovanissime vittime. Quello che ne consegue è storia nota: lo shock, il senso di colpa sono talmente forti da provocargli un senso di straniamento che si porta dietro ancora adesso. Molto significativa, al riguardo, la scena senza audio nella quale guarda, con gli occhi sbarrati, i combattimenti che si stanno svolgendo a brevissima distanza da lui.
Quando si analizza questa vicenda è vitale sottolineare come tutti fossero convinti che Quan Thang fosse pieno di armi e vietcong, e non di bambini, anziani e pescatori. Per questo motivo Mac lanciò la granata senza pensarci due volte: non aveva idea che ci fossero dei bambini e ne è pienamente consapevole, ma ciò non basta a fargli diminuire il senso di colpa e la rabbia che lo portano a scatti d’ira violenti. La persona per la quale prova più odio, oltre a sè stesso, è il suo Capitano, che mentì ai suoi uomini descrivendo Quan Thang come un deposito d’armi e un covo di guerriglieri pericolosi e, dunque, condizionando pesantemente le azioni di tutti (se Mac avesse saputo che erano tutti anziani, pescatori, donne e bambini, probabilmente non avrebbe lanciato la granata con questa leggerezza).
La sua presenza al pub (lo stesso nel quale ci sarebbe dovuto essere l’incontro tra Conway e il Broker), dunque, difficilmente sarebbe potuta essere una coincidenza: le sue parole nei confronti del suo ex sottoposto, nelle quali esprime sentimenti d’odio per i neri e di nostalgia della guerra, unite all’inseguimento successivo e alla sua morte (finalmente si conosce l’identità della vittima della prima scena del pilot) servono a far scattare un procedimento nella mente di Quarry: la guerra è un’esperienza terribile ma, dall’altro lato, ti fornisce scariche d’adrenalina in quantità che la vita quotidiana non potrà mai fornire; inoltre, una volta andati a combattere, la mente non tornerà più indietro. Per questo motivo, pur non potendo tornare in guerra, bisognerà fare qualcosa il più simile possibile come, ad esempio, il sicario. Una volta saldato il debito di Arthur, molto difficilmente sarebbe rimasto alle dipendenze del Broker che, essendo pienamente consapevole del fatto che le parole non gli avrebbero mai fatto cambiare idea, ha deciso di attuare un piano più sottile, astuto, subdolo; un piano, dunque, che rispecchia pienamente il personaggio di Peter Mullan.
La scelta di usare quasi esclusivamente reduci è quanto di più deplorevole e cinico possa esserci: usa persone che hanno vissuto esperienze traumatiche e fa fare loro dei lavori violenti convincendoli di come quella sia l’unica strada che possano intraprendere, garantendosi così anche fedeltà e dedizione al lavoro. Inoltre, alcune immagini finali mostrano come si fosse informato su Quarry già durante il periodo bellico e che tutta l’operazione a Quan Thang sia stata fatta solo per dei fiori dai quali si ricava l’eroina. Questo fatto dimostra quanto, forse, si siano sottovalutati il suo potere e la sua influenza: che avesse una rete molto ramificata era lapalissiano ma era difficile immaginare che potesse addirittura influenzare un conflitto di interesse mondiale come quello vietnamita. In un’eventuale seconda stagione, The Broker ha ancora moltissimo da svelare. Allo stesso modo, anche il rapporto tra Mac e Joni sarà motivo di nuovo e vivo interesse: proprio ora che tutto sembrava andare per il meglio, la sua decisione di restare un killer a pagamento causerà senza dubbio moltissime tensioni.
Un altro personaggio da tenere d’occhio è Buddy che sembra aver toccato definitivamente il fondo, sia a livello fisico che psicologico, uscendo ubriaco e venendo picchiato da un paio di persone che si sono finte omosessuali (l’attenzione della serie nei confronti delle tematiche sociali si conferma sempre altissima). Questo sfondo potrebbe rappresentare un punto di ripartenza o, magari, solo un gradino in una discesa verso il baratro molto più profonda del prevista.
L’unica storia che sembra essersi risolta in maniera definitiva è quella di Ruth e di Moses il quale, una volta trovati i soldi, è uscito (per sempre?) dalla sua vita e da quella di Marcus. Parlando del ragazzo, l’unico modo per far andare avanti la storyline della famiglia di Arthur sarà quello di concentrarsi su di lui e sui suoi traumi (dopo l’aggressione sullo scuolabus, anche la pistola puntatagli contro da una persona della quale si fidava). Si potrebbe obiettare che il loro filone narrativo sia inutile, e che si sia dedicato troppo tempo alla semplice ricerca di una borsa piena di soldi. Al di là di questa trama, effettivamente scarna, però, c’è molto di più: come detto prima, Quarry ha sempre prestato moltissima attenzione alle varie dinamiche sociali dell’epoca e, per questo motivo, mostrare uno spaccato della vita di una famiglia afroamericana in maniera continuativa era essenziale (vedi, ad esempio, la diversa gestione del coprifuoco nei quartieri neri e quelli bianchi).
Quarry, sin dal suo esordio, ha fatto registrare ascolti decisamente bassi (182 mila spettatori è stato il peggior esordio di sempre per una serie originale Cinemax), ma ha avuto il pregio di mantenerli estremamente costanti nel corso della stagione; “addirittura” in ben tre episodi ci sono stati più spettatori rispetto al pilot, e questo finale è stato visto da 178mila persone, un risultato vicinissimo a quello della prima puntata. Il tutto senza contare le repliche. Questi dati indicano come il pubblico abbia gradito la serie e, addirittura, ne abbia fatto aumentare il bacino d’utenza grazie al passaparola e alle reazioni positive da parte della critica. Per tutta questa serie di fattori, ci sono buoni motivi per sperare in un rinnovo, che potrebbe essere incentivato anche da eventuali nomination (Logan Marshall-Green, Peter Mullan, Jodi Balfour e Damon Harriman si sono resi protagonisti di grandissime interpretazioni, e non è esclusa qualche nomination anche nelle categorie tecniche, soprattutto alla luce di quanto accaduto in questo episodio).
Dopo questa premessa veniamo alla puntata in sé per sé. Visto che lo stile di Quarry è sempre stato caratterizzato da una profonda lentezza, dall’avanzare molto parsimonioso della narrazione (in questo senso ricorda un po’ il titolo: Nước Chảy đá Mòn, infatti, è un antico proverbio vietnamita che si può tradurre con “Lo scorrere dell’acqua fa erodere le rocce”, ma su questo significato torneremo tra un po’); per questo motivo, ci si sarebbe potuta aspettare una graduale conclusione della vicenda legata a Credence Mason e all’assassinio di Cliff Williams, culminati nel “Conway” strillato dall’agente Olsen poca prima che Mac entrasse nella sala giochi per uccidere Credence.
Ebbene, niente di più sbagliato, in quanto il tutto viene affrontato e concluso nel giro di sette minuti (i quali includono anche degli spezzoni delle vicende vietnamite di Mac). Non si pensi però, che sia una conclusione sbrigativa e un po’ raffazzonata; si tratta, in realtà, di una scena ad altissima tensione; allo stesso tempo, però, la musica estremamente rilassata e allegra dei luna park contribuisce a dare un tocco surreale, così come l’enorme corpo senza vita di Mason che gira in tondo assieme ai cavalli a dondolo mentre, attorno a lui, ci si spara senza soluzione di continuità. Volendo trovare dei difetti, si potrebbe far notare che, con la prematura morte del detective Olsen, nessuno si occuperà più del filone investigativo riferito a Mac e che, come in moltissime altre sparatorie, sia in tv che al cinema, i “buoni” non vengono mai nemmeno sfiorati e hanno una mira degna del miglior Chris Kyle, mentre i “cattivi” muoiono sempre al prima colpo e hanno una mira degna degli Stormtrooper di Star Wars. Se per il primo quesito l’inquadratura finale del detective Verne Ratcliff sembra indicare che la morte di Cliff Williams sarà ancora una spina nel fianco per Mac, sul secondo non si può che esprimere il dispiacere per la presenza di uno degli stereotipi più fastidiosi che ci siano, ma stiamo parlando del classico pelo nell’uovo.
Dopo questi primi minuti così intensi e pieni di avvenimenti è plausibile che molti spettatori si siano chiesti ” E ora che succede?” I successivi 73 minuti (la durata dell’episodio era di 1 ora e 20) sono di un livello addirittura superiore a quello dei primi 7, e hanno la duplice funzione di chiudere alcune storyline, rilanciarne altre e porre le basi per un futuro sempre più intrigante, il tutto con il filo conduttore del Nước Chảy đá Mòn sempre ben presente.
Lo scorrere dell’acqua fa corrodere le rocce. Come tutti i proverbi e i modi di dire, questa frase è soggetta a interpretazioni diverse, e si presta benissimo ad essere usata come metafora. I ricordi di guerra sono acqua e stanno corrodendo la vita di tutti i giorni di Mac, la sua roccia, che è composta da amici, amore, famiglia, divertimento. Analizziamo un attimo queste quattro voci: il suo amico più caro, Arthur, è morto anche e soprattutto a causa delle difficoltà di dimenticarsi di quanto accaduto in Vietnam; il suo rapporto con Joni è sempre appeso ad un filo, perché il tempo passato a migliaia di chilometri di distanza e, ancora una volta, il suo stress post-traumatico stanno giocando un ruolo determinante; i rapporti con la matrigna non erano mai stati buoni ma i fatti di Quan Thang hanno sancito la definitiva rottura con lei e, di conseguenza, col padre: nonostante si sforzi moltissimo, Mac non riesce più a stare in mezzo alle persone, schiavo dei suoi incubi e dei mostri di un passato troppo recente per essere dimenticato (e che forse non sarà mai dimenticato).
Nonostante la sua roccia si stia sgretolando, Joni fa di tutto per non eroderla completamente, e questo finale lo mostra in modo chiaro come non mai: decide di non vendere la casa e difende il marito a spada tratta di fronte alle accuse e alle cattiverie (gravi, pesanti ed ingenerose) della matrigna. Questa scena, oltre a segnare un rafforzamento dell’amore tra i due (una cosa assolutamente impensabile al termine del primo episodio e, soprattutto, del secondo), segna il passaggio finale dell’allontanamento tra lui e il padre che, nonostante non abbia detto niente di negativo su di lui, non lo difende dagli attacchi della matrigna, il che equivale ad averlo insultato a sua volta. La delusione negli occhi di Mac era evidente e non lascia adito a dubbi: difficilmente Lloyd Conway Senior avrà spazio nelle future vicende del figlio.
In questa spirale di problemi e situazioni negative (che peggioreranno col passare dei minuti, come vedremo tra un po’), c’è un elemento un tempo avverso che ora, invece, sorride al nostro protagonista: così come il passare dell’acqua erode le rocce, il passare del tempo fa spostare l’attenzione dell’opinione pubblica da un’altra parte; a questo proposito, la facilità con la quale viene assunto come venditore di piscine è emblematica, soprattutto, se contrapposta ai numerosi rifiuti, spesso motivati da ragioni assolutamente ridicoli e non plausibili, che ricevette appena tornato dal fronte. Purtroppo per lui, però, i traumi non svaniscono via con la stessa facilità dell’attenzione mediatica e, anzi, si ingrandiscono e diventano più temibili man mano che passa il tempo, soprattutto se non vengono trattati in maniera appropriata. Parlando dei traumi di Mac, è tempo di iniziare a parlare dell’elemento di spicco di questo finale e, in generale, filo conduttore (finora invisibile) dell’intera serie: il Vietnam.
Dopo i primi episodi basati (ovviamente) moltissimo sul reinserimento di Mac nella società, dal rapimento di Joni in poi tutta la questione era stata abbastanza messa da parte in favore di avanzamento di trama e di un inserimento di ulteriori aspetti della società americana (la tensione razziale in quel periodo). Da parte nostra, però, non c’è mai stata una critica a questa scelta in quanto sicuri che gli autori, che si sono dimostrati sempre meticolosi e attenti al più piccolo dettaglio, non avrebbero mai abbandonato del tutto una delle tematiche più importanti (se non la più importante) dell’intera serie, ma l’avrebbero riproposta, in maniera anche un po’ furba, nel corso dell’ultima puntata.
Dopo un paio di flashback non lunghissimi ad inizio episodio in cui si parla del rapporto a distanza tra Mac e Joni e si introducono un paio di personaggi che si riveleranno poi importanti, è sul finire della puntata che si entra nel vivo delle vicende di Quan Thang. È doveroso dire, innanzitutto, che il lunghissimo piano sequenza finale (quasi 10 minuti) è qualitativamente perfetto; inoltre, se a ciò aggiungiamo delle scene di guerra quasi al livello della storia della TV (Band Of Brothers e The Pacific), allora si sta parlando di uno dei momenti più alti della serialità di questo 2016. Questo piano sequenza non ha solo una funzione estetica, ma ci rende partecipi all’evento che ha scatenato quanto è stato visto da “You Don’t Miss Your Water” in poi.
Mac Conway è colpevole di quanto è stato accusato, e su questo c’erano pochi dubbi sin dall’inizio; in questo caso, però, non bisogna pensare solo al gesto compiuto ma bisogna analizzare la questione più a fondo. Sin dai primi frammenti del conflitto, è apparso subito in modo chiaro come Mac e Arthur fossero tra i meno esaltati guerrafondai all’interno della compagnia, a differenza, ad esempio, del soldato Strickland che, poco prima della battaglia, si autoproclama Dio del fuoco ed è intenzionato a bruciare vivi quanti più vietcong possibili. Lo scontro è straziante e ci sono subito numerosi morti. Mac, nonostante, intuisca che qualcosa non quadri, continua a combattere e, quando vede un nascondiglio sotterraneo, non esita a lanciare la granata. Un attimo prima che la bomba esploda si avverte un cambiamento negli occhi del bravissimo Logan Marshall-Green; infatti, ancora prima di vedere l’atroce scena di corpi mutilati di bambini, sente le urla di terrore delle giovanissime vittime. Quello che ne consegue è storia nota: lo shock, il senso di colpa sono talmente forti da provocargli un senso di straniamento che si porta dietro ancora adesso. Molto significativa, al riguardo, la scena senza audio nella quale guarda, con gli occhi sbarrati, i combattimenti che si stanno svolgendo a brevissima distanza da lui.
Quando si analizza questa vicenda è vitale sottolineare come tutti fossero convinti che Quan Thang fosse pieno di armi e vietcong, e non di bambini, anziani e pescatori. Per questo motivo Mac lanciò la granata senza pensarci due volte: non aveva idea che ci fossero dei bambini e ne è pienamente consapevole, ma ciò non basta a fargli diminuire il senso di colpa e la rabbia che lo portano a scatti d’ira violenti. La persona per la quale prova più odio, oltre a sè stesso, è il suo Capitano, che mentì ai suoi uomini descrivendo Quan Thang come un deposito d’armi e un covo di guerriglieri pericolosi e, dunque, condizionando pesantemente le azioni di tutti (se Mac avesse saputo che erano tutti anziani, pescatori, donne e bambini, probabilmente non avrebbe lanciato la granata con questa leggerezza).
La sua presenza al pub (lo stesso nel quale ci sarebbe dovuto essere l’incontro tra Conway e il Broker), dunque, difficilmente sarebbe potuta essere una coincidenza: le sue parole nei confronti del suo ex sottoposto, nelle quali esprime sentimenti d’odio per i neri e di nostalgia della guerra, unite all’inseguimento successivo e alla sua morte (finalmente si conosce l’identità della vittima della prima scena del pilot) servono a far scattare un procedimento nella mente di Quarry: la guerra è un’esperienza terribile ma, dall’altro lato, ti fornisce scariche d’adrenalina in quantità che la vita quotidiana non potrà mai fornire; inoltre, una volta andati a combattere, la mente non tornerà più indietro. Per questo motivo, pur non potendo tornare in guerra, bisognerà fare qualcosa il più simile possibile come, ad esempio, il sicario. Una volta saldato il debito di Arthur, molto difficilmente sarebbe rimasto alle dipendenze del Broker che, essendo pienamente consapevole del fatto che le parole non gli avrebbero mai fatto cambiare idea, ha deciso di attuare un piano più sottile, astuto, subdolo; un piano, dunque, che rispecchia pienamente il personaggio di Peter Mullan.
La scelta di usare quasi esclusivamente reduci è quanto di più deplorevole e cinico possa esserci: usa persone che hanno vissuto esperienze traumatiche e fa fare loro dei lavori violenti convincendoli di come quella sia l’unica strada che possano intraprendere, garantendosi così anche fedeltà e dedizione al lavoro. Inoltre, alcune immagini finali mostrano come si fosse informato su Quarry già durante il periodo bellico e che tutta l’operazione a Quan Thang sia stata fatta solo per dei fiori dai quali si ricava l’eroina. Questo fatto dimostra quanto, forse, si siano sottovalutati il suo potere e la sua influenza: che avesse una rete molto ramificata era lapalissiano ma era difficile immaginare che potesse addirittura influenzare un conflitto di interesse mondiale come quello vietnamita. In un’eventuale seconda stagione, The Broker ha ancora moltissimo da svelare. Allo stesso modo, anche il rapporto tra Mac e Joni sarà motivo di nuovo e vivo interesse: proprio ora che tutto sembrava andare per il meglio, la sua decisione di restare un killer a pagamento causerà senza dubbio moltissime tensioni.
Un altro personaggio da tenere d’occhio è Buddy che sembra aver toccato definitivamente il fondo, sia a livello fisico che psicologico, uscendo ubriaco e venendo picchiato da un paio di persone che si sono finte omosessuali (l’attenzione della serie nei confronti delle tematiche sociali si conferma sempre altissima). Questo sfondo potrebbe rappresentare un punto di ripartenza o, magari, solo un gradino in una discesa verso il baratro molto più profonda del prevista.
L’unica storia che sembra essersi risolta in maniera definitiva è quella di Ruth e di Moses il quale, una volta trovati i soldi, è uscito (per sempre?) dalla sua vita e da quella di Marcus. Parlando del ragazzo, l’unico modo per far andare avanti la storyline della famiglia di Arthur sarà quello di concentrarsi su di lui e sui suoi traumi (dopo l’aggressione sullo scuolabus, anche la pistola puntatagli contro da una persona della quale si fidava). Si potrebbe obiettare che il loro filone narrativo sia inutile, e che si sia dedicato troppo tempo alla semplice ricerca di una borsa piena di soldi. Al di là di questa trama, effettivamente scarna, però, c’è molto di più: come detto prima, Quarry ha sempre prestato moltissima attenzione alle varie dinamiche sociali dell’epoca e, per questo motivo, mostrare uno spaccato della vita di una famiglia afroamericana in maniera continuativa era essenziale (vedi, ad esempio, la diversa gestione del coprifuoco nei quartieri neri e quelli bianchi).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Non sappiamo se Quarry sarà rinnovato e, anche se ciò non dovesse accadere, possiamo già affermare con tranquillità di aver assistito ad uno dei migliori show degli ultimi anni (scandalosamente snobbato ai Golden Globe). Le nostre migliori benedizioni a Cinemax.
Carnival Of Souls 1×07 | 0.2 milioni – 0.1 rating |
Nước Chảy đá Mòn 1×08 | 0.18 milioni – 0.1 rating |
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.