Per parlare di Andor è necessario contestualizzare il tutto e fare un passo indietro per tornare alla post-produzione di quel piccolo gioiello di spin-off che prenderà il nome di Rogue One. Il film era un disastro annunciato per Lucasfilm che decise di assumere tale Tony Gilroy, autore dei film della saga di Jason Bourne, per assistere Gareth Edwards nei reshoot del finale. Ciò che accadde fu un piccolo miracolo: Gilroy assunse in pieno il controllo dell’opera consegnando un terzo atto superbo e convincendo addirittura Disney a realizzare un’enorme serie TV sulle origini di Cassian Andor da due stagioni per 24 episodi complessivi.
Uno show abbastanza travagliato, con le riprese avviate nell’ormai lontano 2020 a causa della mole di episodi e dal production value messo in campo. Se a questo si aggiunge un certo Toby Haynes (quella perla di “The Reichenbach Fall“) dietro la macchina da presa, il direttore della fotografia di The Crown e una colonna sonora di tutto rispetto firmata Nicholas Britell (Winning Time, Don’t Look Up) ecco che diventa difficile fare un passo falso. Anzi, nonostante un pilot esageratamente introduttivo, qui è tangibile quella cura e quell’attenzione nei dettagli sempre presente in The Mandalorian, ma assente ingiustificata in Kenobi e The Book of Boba Fett.
PREQUEL DEL PREQUEL
In molti hanno storto il naso all’annuncio di una serie incentrata sul personaggio interpretato da Diego Luna (Narcos: Mexico). Come dargli torto, considerando che si tratta di un prequel di un prequel, e che l’entertainment odierno, con Disney in primis, ha purtroppo abituato ad operazioni di mungitura sterili e non necessarie. Invece forse un senso c’è. Gilroy pare infatti aver capito quanto l’universo di Star Wars sia ad un punto morto, fatta esclusione per il “Mando-verse”, e sa come poter rilanciare una saga fin troppo impegnata a farsi amare piuttosto che a sorprendere.
Ci sarà tempo poi per K-2SO, per i ribelli e per i collegamenti. Ciò che è fondamentale per ogni spin-off valido è saper costruire personaggi nuovi, convincenti, e che camminino sulle proprie gambe. Cassian è l’unico volto noto in questo pilot, e va bene così. Andor deve dimostrare di poter esistere anche da solo, anche come una spy-story in salsa sci-fi. L’errore più grande è stato scampato, adesso serve una storia, necessaria per far conoscere i personaggi. E forse è anche per questo che Disney+ ha deciso di rilasciare i primi tre episodi insieme, tradendo il tradizionale rilascio settimanale, che più volte ha permesso di ingigantire ogni errore sotto la lente di ingrandimento.
Hostess: “Looking for something special tonight?”
Cassian: “A friend of mine said there was a girl from Kenari working here.”
STESSA GALASSIA, TUTTO DIVERSO
Di primo acchito, guardando qualche scena di Andor quasi non sembra di vedere un qualcosa legato a Star Wars. Mancherà la Forza, le spade laser, (per ora) anche le battaglie spaziali, ma tant’è che il nuovo show di Lucasfilm rappresenta una vera e propria boccata d’aria. Un prodotto capace di reinventare Star Wars da un altro punto di vista, solitamente esplorato solo nel medium cartaceo. La galassia non è più composta solo esclusivamente da buoni e cattivi. Come intravisto in Rogue One, anche i ribelli possono ricorrere a metodi non ortodossi, e non è infatti un caso che l’Alleanza sia composta per lo più da ex-separatisti reduci dalle Guerre dei Cloni.
Ci si affaccia su nuovi pianeti, capaci di regalare scenografie nuove e sfumature originali oltre la solita palla di sabbia di Tatooine. Dalla natura incustodita di Kenari passando per Ferrix, fino ad arrivare al mondo cyberpunk di Morlana One. Qui si inserisce Kassa, un giovane appartenente a una tribù primitiva su Kenari, ex-soldato/bambino ora impegnato nella ricerca della sorella mentre scappa dalle sue malefatte. Una premessa alquanto sommaria che attende di essere approfondita certamente, ma che comunque permette allo spettatore di re-inquadrare un personaggio forse fin troppo sottovalutato, insieme a Jyn Erso, nella storia recente di Star Wars.
QUALITÀ
Ciò che differenzia Andor in generale da un po’ tutti i prodotti usciti su Disney+ è un tono molto coraggioso, serio. Il target è evidentemente il fan adulto, stavolta smettendo di rivolgere l’attenzione ai più piccoli. Questa differenza con i precedenti show è visibile anche nelle scelte di produzione. Le location tornano ad essere di moda, rimpiazzando il Volume che sta dilagando nelle produzioni mainstream per abbattere i costi. Il budget sembra essere di quelli importanti, probabilmente ancor più che in Kenobi, nonostante quest’ultimo sarebbe dovuto essere il prodotto di punta per il brand di Star Wars. Invece forse proprio a causa di questa sottovalutazione generale, Tony Gilroy potrebbe aver fatto centro mettendo in piedi una serie matura, consapevole e coraggiosa. Un qualcosa che non si vede tutti i giorni dalle parti di Lucasfilm, dove i progetti vengono di solito cancellati piuttosto che portati a termine. Andor potrebbe essere una piccola rivoluzione per mettere finalmente Star Wars su binari nuovi ed inesplorati.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Chi scrive sa che molto probabilmente i Thumbs Down verranno riconsiderati alla luce dei successivi due episodi usciti contemporaneamente. Tuttavia questo episodio pilota, seppur ottimo nel confezionamento e nell’aspetto, non riesce ad ingolosire lo spettatore dal punto di vista narrativo. La sufficienza è piena, grazie al coraggio e alle novità per un prodotto di Star Wars, e le sensazioni sono molto positive. La speranza è che un progetto finalmente “diverso” possa dare man forte a Mando per risollevare il franchise di Star Wars.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.