Silo 1×01 – Freedom DayTEMPO DI LETTURA 4 min

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Silo 1x01 recensioneSilo è la nuova serie sci-fi distopica in onda su Apple TV+ a partire dal 5 maggio. Tratta dai romanzi di Hugh Howey, la serie è stata creata da Graham Yost (produttore e sceneggiatore di svariati prodotti, come Band Of Brothers, Justified, The Americans, Sneaky Pete) e vede Morten Tyldum (The Imitation Game, Passengers e come telefilm Jack Ryan, Defending Jacob) regista dei primi tre episodi.
Il tema della distopia non rappresenta nulla di nuovo in campo artistico, essendo stato declinato in tutte le salse da romanzi, film, saghe letterarie e cinematografiche, serie tv e miniserie. Basti pensare a fenomeni come Terminator, Hunger Games, Divergent, Snowpiercer, The Handmaid’s Tale e Westworld, solo per scalfire la punta dell’iceberg.
Silo narra di un’umanità futura, quasi completamente annientata da eventi catastrofici, costretta a sopravvivere in un enorme silo, profondo circa due chilometri. Come in tutti gli spazi chiusi che si rispettino, in questo silo vigono regole ferree ed una gerarchia da rispettare. I superstiti, dunque, cercano di vivere normalmente, nonostante una libertà personale molto limitata ed un gruppo ristretto di persone che controlla ogni attività.
Uscire dal silo è impensabile, in quanto l’atmosfera è diventata tossica e la morte sopraggiunge in pochi secondi. Malgrado ciò, è possibile abbandonare questo luogo sicuro come punizione o, semplicemente, sotto esplicita richiesta.

“WE DO NOT KNOW WHO BUILT THE SILO”


Nonostante non brilli di certo per originalità, Silo è una goduria dal punto di vista scenico e visivo, con una fotografia opprimente, ma dai toni caldi, quasi arrugginiti e polverosi.
L’atmosfera che si sprigiona dalla visione di “Freedom Day” è quella claustrofobica dello Snowpiercer, quella totalitaria di Hunger Games e quella ingannevole alla Commonwealth o alle fazioni di Divergent.
Le persone vivono nei vari livelli del silo ed ognuno adempie al proprio compito, cercando di omologarsi alla massa, senza esprimere le proprie opinioni. Sì, perché nel silo esiste solo una certa visione del mondo ed ogni barlume di libero pensiero è bloccato sul nascere.
Questa dittatura, però, non è così evidente nella prima puntata, ma vengono disseminati indizi durante il minutaggio (l’ipotesi di un controllo su chi può o non può avere figli, le conversazioni private vengono ascoltate, nessuno può possedere cimeli dell’epoca pre-silo).
Nonostante queste premesse, Holston (David Oyelowo), lo sceriffo del Silo e protagonista della serie, sembra passarsela bene e non si fa troppe domande sull’origine del silo e la vita prima di esso. Diametralmente opposta a lui è, invece, Allison (Rashida Jones), sua moglie che comincia ad indagare, scatenando una cascata di conseguenze.

“I WANT TO GO OUT”


La moglie di Holston è descritta come una donna determinata, intelligente e perspicace. Sebbene viva una realtà apparentemente felice, qualcosa cambia dentro di lei, soprattutto dopo l’ennesimo e fallito tentativo di avere un bambino.
Allison viene avvicinata da due individui che modificheranno la sua percezione del silo e di chi lo governa: George Wilkins, che possiede dei files segreti e Gloria Hildebrandt, una donna con determinate teorie complottiste.
Allison, già portata al pensiero libero e critico, comincia a capire che, in realtà, il mondo non è finito e fuori dal silo esiste una vera e propria possibilità di salvezza. Per convincere il marito, però, Allison ha un’unica strada: urlare davanti a tutti la sua volontà di uscire.
Silo, dunque, si unisce a tutti quei prodotti fantascientifici e distopici che condannano il totalitarismo e la manipolazione del popolo, perpetrata da chi si trova al potere in modo da tenere tutti sotto il proprio controllo.
La popolazione resa debole, ma soprattutto, ignorante, è più facile da gestire e condizionare, così che si possa accontentare solo di un’unica versione della verità. Quella fasulla. Un po’ come il mito della caverna di Platone, dal quale Hugh Howey ha preso spunto per i suoi romanzi.

SNOWPIERCER INCONTRA DIVERGENT


Come già affermato nelle righe precedenti, Silo è un ottimo mix di produzioni precedenti inerenti la stessa tematica, ma nonostante questo il prodotto funziona e viene promosso a pieni voti.
Il comparto tecnico di qualità e le interpretazioni convincenti del cast (tra i vari nomi altisonanti fanno capolino anche Tim Robbins e Will Patton) confezionano un ottimo inizio e agganciano la curiosità dello spettatore.
D’altronde, Apple TV+ ha abituato il suo pubblico a ricercare prodotti più di nicchia, ma qualitativamente migliori, rispetto alla quantità mainstream (“did you say Netflix?”). Silo parte subito in quarta immergendo lo spettatore nella realtà claustrofobica del silo e nelle sue ombre più oscure.
Il futuro distopico presentato da Graham Yost colpisce, spaventa e demoralizza proprio per i riscontri sempre più attuali tra la società del silo e quella odierna. Una società che non si cura degli altri, sempre più egoista e avida di potere, che non pensa al futuro e vive solo di apparenza ed ignoranza.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Comparto tecnico, dalla regia alla fotografia
  • Opening credits
  • Interpretazione del cast
  • Rashida Jones ha trainato tutto l’episodio
  • Tematica distopica, ma comunque applicabile anche alla società di oggi
  • Un giusto mix di produzioni precedenti
  • Nulla da segnalare

 

Silo è l’ennesima scommessa vincente di Apple TV+, che conquista lo spettatore con un ottimo comparto tecnico, un cast eccellente ed una tematica che non stancherà mai abbastanza.

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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