Invece no: si opta per un formato più procedurale, con il caso del giorno da risolvere e ci si prende subito una vacanza dalla trama principale, cioè l’indagine per scoprire se Howard Hargrave sia pazzo o meno, o cosa sia esattamente il piano Whitehall di Susan.
C’è da salvare un ragazzo molto caro al cuore di Mrs. Hargrave: un agente della C.I.A., sotto copertura come giornalista investigativo in un immaginario paese del Medio Oriente. Era un amichetto di Christopher ai tempi dell’asilo e le due mamme sono rimaste grandi amiche. (Due vicine di casa, i figli entrambi agenti segreti di alto livello. Sembra quasi ci sia una comunità come quella che che ruota attorno ai reali d’Inghilterra, dove il maggiordomo, ad esempio, è figlio e nipote della servitù precedente.)
Questa scelta porta a puntualizzare come, parafrasando Orwell, anche nel mondo Gray Matters ci siano matters un po’ più gray delle altre (qui sì che abbiamo le vere sfumature di grigio). Si nota, di conseguenza, quanto sia pericoloso mettere un così grande potere come un’organizzazione “too big to fail” in mano ad una sola persona, non luminosamente razionale per il puro fatto di essere un semplice e fallibile essere umano. Susan, comunque, procede baldanzosa invitando chiunque la ostacoli, fosse pure il governo degli Stati Uniti, a “cacciarsi in tasca la sua memoria selettiva e la sua morale selettiva”.
Nelle operazioni per salvare Kevin Jensen, titolare dell’episodio, si nota come Redemption, a differenza della serie madre, non faccia alcuno sforzo per elevare i suoi ingredienti. Lo svolgimento è simile a tante altre pellicole viste mille volte tra cinema e tv. Non c’è nemmeno una cura particolare nel disegnare geografia e linguistica del Medio Oriente fittizio in cui è ambientata la vicenda. Si cerca, comunque, di inserire qua e là piccoli momenti comici: su tutti, in questa puntata, merita una citazione la figlia, aspirante popstar, del potente mediorientale con cui il gruppo Halcyon Aegis deve accordarsi per uno scambio di favori. Anche la conversazione fra Naz e Mr. Solomon, su quanto sarebbe meglio esser magari proctologi, piuttosto che ficcarsi in certe situazioni ad alto rischio, è carina, ma i due personaggi non sono, almeno per ora, particolarmente approfonditi e utilizzati (lei è sostanzialmente l’autista del gruppo). Vedremo in seguito.
La scena della morte di Kevin Jensen merita una sottolineatura, non solo perché la missione va a finire male, proprio ad un passo dal traguardo: fa capire come i personaggi non siano onnipotenti, per quanto addestrati e attrezzati di tutto punto, ne fa emergere l’umanità e c’è un uso del rallentatore mai così efficace dai tempi della vecchia serie della Donna Bionica.
In conclusione, manca forse l’elemento (o gli elementi) in grado di fare appassionare profondamente gli spettatori alla vicenda e ai suoi personaggi, ma la semplicità rilassante potrebbe pagare. Verificheremo con i restanti sei episodi se il rialzo negli ascolti è dovuto a virtù interne della serie o al buon traino del programma precedente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Leland Bray 1×01 | 4.20 milioni – 0.8 rating |
Kevin Jensen 1×02 | 4.76 milioni – 1.0 rating |
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).