The Kominsky Method 1×01 – Chapter 1. An Actor AvoidsTEMPO DI LETTURA 5 min

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“So what is acting? I mean when an actor acts, what is he or she… or they… actually doing? […] What’s really happening… and I want you to listen carefully… What’s really happening is that the actor is playing… God. Because, after all, what does God do? God creates. God says “Here is a world”, and bam! That world exists. God says “Here’s life”, and bam again! Life happens. God says “Here’s death” and boom! Darkness. The darkness returns. […] The answer, my dear colleagues, is that, like God, we must love our creations. We must imbue them with life, with characters, with hope and dreams and fatal flaws, and then… Then… we must let them go. Because, in the end, true love, God’s love, is letting go!””

Parte subito con un monologo abbastanza esplicativo l’entrata in scena di  Sandy Kominsky (un immenso Michael Douglas), consumato ex-attore e uno dei più grandi insegnanti di recitazione al mondo (almeno a quanto dice il suo curriculum).
Un monologo che andrebbe fatto leggere e imparare a forza a tutti quegli attori-cani che, purtroppo, imperversano nel piccolo schermo.
L’ultima creatura partorita dal genio di Chuck Lorre (autore e produttore di alcuni “piccoli” capolavori come Dharma & Greg, The Big Bang Theory e Two And A Half Men) è un’intenso dramedy che però non nasconde anche una certa meta-ironia/omaggio ai suoi precedenti lavori.
In uno dei primi dialoghi dello show, infatti, Sandy e l’amico di sempre, nonché manager, Norman (un altrettanto immenso Alan Arkin) parlano proprio della possibilità di Sandy di partecipare a una sit-com come quella dei “those little pischers on the Big Bang thing“, con toni certamente non auto-celebrativi.
Ma la vera novità nell’ultimo lavoro di Lorre è una ricerca costante della qualità e del ritmo, qualcosa che si era andata sempre più perdendo nei suoi ultimi lavori (e il triste epilogo della sopracitata Big Bang-cosa ne è la dimostrazione).
Anche l’uscita dal genere chiuso, e ormai ripetitivo e stra-abusato, della semplice sit-com deve essere vista in questa ottica.
The Kominsky Method è, al contrario, un vero e proprio dramedy ambientato nel mondo dello spettacolo dove le risate si mischiano alle lacrime e al dolore, sulla scia dei recenti dramedy come, ad esempio, Kidding, forse il prodotto più affine a questo.
Come in Kidding, il personaggio protagonista è visto come un’autorità nel suo campo ma è in preda a una profonda crisi esistenziale (leggasi, in questo caso, “principio di senilità”).
Mentre però la serie con Jim Carrey punta tutto sul lato malinconico-surreale della vicenda, The Kominsky Method è più fedele al “lato sit-com” elargendo perle di rara acidità e black humour come mai si erano viste in uno show Netflix.
Sì perché è proprio la morte l’argomento principale di questo primo episodio di The Kominsky Method, che parte subito col botto immergendo lo spettatore nel cuore della vicenda.
La storyline verticale dell’episodio riguarda infatti il tumore che sta uccidendo lentamente Eileen, la moglie di Norman. Un problema per cui Sandy non si dà pace e di cui non vuole assolutamente avere a che fare, perché riguarda la cosa che più lo spaventa al mondo: la morte (da Oscar il dialogo con una straordinaria Sarah Baker nei panni di Mindy, la figlia di Sandy).
Ed è interessante notare come questo argomento s’intrecci con il tema della lezione che Sandy vorrebbe imprimere ai propri allievi di recitazione: lasciarsi andare alle proprie emozioni.
In questo modo il teatro e la vita (come in una buona opera di Shakespeare) sono strettamente inter-connesse, creando tra l’altro ottimi input narrativi.
Si può supporre che questo binomio recitazione-vita scandirà tematicamente anche le prossime puntate creando quell’elemento seriale su cui si baserà tutta la narrazione della serie.
Sicuramente un binomio vincente in quanto fa un’ottima presa sullo spettatore e può essere visto anche in un’ottica meta-televisiva con le vicende reali degli stessi attori protagonisti (nella vita reale Michael Douglas si è dovuto sottoporre a delle cure per un tumore alla gola).
Questo continuo intreccio tra vita e finzione è la vera forza della serie e si mantiene grazie a una struttura serrata in cui ogni scena viene sdrammatizzata quando serve e accentuata in maniera patetica quando occorre.
Merito soprattutto di un cast di tutto rispetto (oltre agli attori già citati vanno sicuramente menzionati Nancy Travis, Emily Osment e Graham Rogers) che riesce a creare un piccolo universo di personaggi memorabili proprio per la loro umanità e varietà di caratteri. Anche il più piccolo comprimario si rivela fondamentale per creare una serie di gag in cui mimica, gestualità e battute sferzanti contribuiscono a creare il ritmo giusto per lo show.
The Kominsky Method si gioca tutto sull’umanità dei propri personaggi calata in un contesto particolare che rende ogni situazione surreale e famigliare allo stesso tempo. Sicuramente uno dei prodotti migliori (non sarebbe esagerato definire “il capolavoro”) di Chuck Lorre.
Non rimane che proseguire nella visione e scoprire quali altre perle di saggezza recitativa è in grado di offrire Sandy Kominsky alla sua sgangherata classe.

“Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti.”
(William Shakespeare)

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutto
  • Niente

 

Un dramedy fresco e genuino firmato Chuck Lorre. Cast eccezionale e ritmo sostenuto condito da battute acide e black humour. La risposta di Netflix a Kidding!

 

Chapter 1. An Actor Avoids 1×01 ND milioni – ND rating

 

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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