The Lady 2×09 – Episodio NoveTEMPO DI LETTURA 3 min

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“Qualcun’altro sapeva dell’operazione Miami?” 
“Solo Vito” 
“Ma chi è Vito?”

Ce lo siamo chiesti anche noi. Ma non perché avessimo perso il filo della trama, sempre più sinonimo di chiarezza, ma semplicemente perché i nostri occhi erano talmente concentrati sugli eventi da accantonare per un attimo i personaggi in sé. Ma andiamo con ordine.
Come detto nella scorsa recensione, la nostra Lory Del Santo si è fatta furba e, armata delle migliori tecniche cinematografiche, costruisce sapientemente un arazzo di inquadrature che possono anche essere apprezzate singolarmente, esportandole quindi dal proprio contesto originario per ammirarle come vere e proprie opere pittoriche mozzafiato, le quali potrebbero essere percepite, da coloro che guardano, come mero “trash”. In realtà, però, sarebbe più giusto parlare di “trash onesto”, che sa di essere trash perché vuole esserlo. Un trash pregno di quadri, dove non è importante cosa l’artista realizza materialmente, ma bensì quello che vuole rappresentare. Perché il materiale, il non-etereo, è solo un mero strumentuccio per veicolare tematiche molto più importanti. Lucio Fontana aveva il celeberrimo taglio nella tela. Lory Nazionale ha The Lady.
Qualche esempio per capire meglio? Prendete l’inquadratura che abbiamo scelto come immagine d’apertura e accompagnamento di questa recensione. Un frame del genere potrebbe essere tranquillamente scambiato per un quadro post-neorealista/pre-fantascientifico, dove il progresso (la donna in tanga) incontra il regresso (le megere sui gradini), in quella che è la rappresentazione minuto per minuto di uno squarcio spazio-temporale che mette a confronto due generazioni. Le vecchie e la giovane: due insiemi che vivono costantemente in epoche che non sentono come loro; il trio d’attempate, imprigionato in quello che percepiscono come futuro, ma che non accettano; la nostra giovane sculettante, invece, intrappolata in quello che percepisce come passato, che non vede di buon occhio lo sventolar delle proprie grazie, così, per gentile concessione e gaio giubilo del pubblico maschile. Parliamo comunque di un mondo dove esiste l’indecente filosofia del “essere amici solo da vestiti”. Bah. Ma tornando a noi, questo frame, che potrebbe essere un quadro di Teomondo Scrofalo intolato “La Donzelletta Vien Dalla Campagna: XXI Century Revival“, è l’avatar di quello che ha voluto fare Lory: dopo aver rifatto la filosofia, rifà anche il cinema, prendendo alla lettera le parole del regista Jean-Luc Godard: “un film deve avere un inizio, un centro e una fine, ma non necessariamente in quest’ordine“. Quello a cui assistiamo è quindi un insieme volutamente sconclusionato e sconnesso di parole ed eventi, eventi volutamente sparsi sulla linea temporale, ma contemporaneamente e fermamente connessi al presente: un po’ come la scrivania del vostro computer, con molte finestre sovrapposte e diversi pop-up sparsi qua e là per lo schermo. Siamo qui, non ci muoviamo, eppure abbiamo visioni di com’è e come andrà. O forse dobbiamo cambiare pusher, ma chissà.
Purtroppo, in cambio delle abilità che ci permettono lo scorrere degli eventi e la sovrapposizione di strati temporali, questo crea forse una narrazione che si fa davvero troppo sperimentale, che magari potevamo accettare qualche episodio fa ma, a un episodio di distanza dal season finale, ora no. Perdoniamo però Lory, talmente impegnata a rifare il cinema e la filosofia italiana, da dimenticarsi di seguire le regole della serialità rifatte dagli americani. Chissà, magari il finale di stagione rifarà anche quello. O forse la terza stagione?

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • The Lady rifà il cinema
  • La scrivania mobile
  • Mi baci? No, mi imbarazza
  • Vito bastardo infame
  • Regia, montaggio e recitazione degna dei migliori cinepanettoni di Caracas
  • Assenza di Chang e Chung
  • La fin troppo sperimentale natura dell’episodio compromette l’hype per il finale di stagione
The Lady prende il cinema di petto e lo rifà tutto da capo, stravolgendo le regole della timeline narrativa e della narrazione stessa, viaggiando addirittura nel tempo senza che voi ve ne accorgiate. Se siete spettatori che sviscerano i contenuti, saprete che in questo episodio c’è stato un silenzioso viaggio verso la rivoluzione del grande schermo: che, per essere ancora più alternativi, avviene su uno veramente piccolo. C’è qualche imprecisione, ma solo dovuto alla fredda accoglienza dell’avanguardia. Che ci volete fare? Non tutti sanno godersi un capolavoro davanti a un panuozzo.

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