Finalmente, dopo tante puntate dimenticabili, tante ipotesi, supposizioni e osservazioni, tutto acquista un senso. “In The Uncertain Hour Before The Morning” è una puntata spaccata in due dove al suo interno si osservano il progredire delle due trame che vedono protagonista Ragnar e Lagertha. Anche se l’episodio intervalla strategicamente la trama di Ragnar con quella di Lagertha (così da non appesantire troppo la visione) è chiaro che dei quaranta minuti di cui dispone la puntata, venti minuti a testa sono dedicate alle storyline dei due ex-coniugi.
La riconquista di Kattegat da parte di Lagertha mostra, ancora una volta, come Vikings sia tornato alle origini per sottolineare il concetto nietzschiano che vuole la storia come eterno ritorno dell’uguale. E infatti, anche se il modus operandi è diverso, la storia porta Kattegat ad ospitare nuovamente un rito di passaggio, cambiando la figura che siederà sul suo trono del paesello svedese. Lo scontro tra le due donne del protagonista non può che ricordare quello che Ragnar ebbe con Haraldson visto nella prima stagione, dove il secondo perì per mano del primo, cedendo così il titolo di conte di Kattegat. Ora, per motivi diversi e in modo diverso, Lagertha torna ad Auslag “richiamando” involontariamente quel momento. È un cerchio che si chiude, sancendo la conclusione di una crescita caratteriale nel personaggio di Lagertha che qui uccide quella che si potrebbe classificare come la sua nemesi, uscendo da questa parentesi più forte di prima. Forse qualcuno potrebbe lamentarsi della morte anti-climatica di Auslag. Anche se quel qualcuno ha ragione, l’anti-climax qui è usato a fin di bene, poiché Lagertha non avrebbe mai concesso alla donna che le ha tolto casa e marito una morte pulita e onorevole in battaglia; meritava una fine incline al suo comportamento infame, ed eccola qua.
Dopo aver deliziato con la morte di un personaggio così meschino, Vikings comincia a concentrarsi sulla storyline di Ragnar tornato a far visita a Re Ecbert; tutto quello che avviene dopo a Kattegat è solo un surplus, oltre che un modo per intervallare la conversazione tra Ecbert e Ragnar generando un continuo hype. Arrivati a questo punto, si vede in maniera palpabile che Michael Hirst ha puntato il tutto e per tutto sulla conversazione tra Ecbert e Ragnar, trasformando quel confronto non solo nel pezzo forte della puntata, ma anche in uno dei momenti più alti della serie. Vedendo lo scambio di battute, si nota come, dietro le brillanti ed incisive linee di dialogo, ci sia stato un ulteriore studio dei personaggi da parte di Hirst. L’abile sceneggiatore britannico prende i due e li analizza, in maniera sincera e schietta, per quello che sono: non sono amici, non sono nemici, non sono conoscenti, ma immagini speculari l’uno dell’altro, qualcuno potrebbe dire che sono due facce della stessa moneta ma invece sono molto più. Sono entrambi lo specchio e l’immagine riflessa, talmente simili e speculari, che non si capisce chi sia lo specchio e chi lo specchiato; ciò che li rende diversi è solamente il luogo in cui sono nati, cosa che ha finito per definire certe loro caratteristiche. Hirst fa infatti leva sulle loro similitudini e differenze, valorizzando i punti in comune ed accentuando le divergenze, sopratutto quelle etiche, religiose e comportamentali, differenze nate (per l’appunto) dalla formazione differente generata dal diverso luogo di nascita.
L’intera sequenza è densa di emozioni che raramente Vikings ha saputo tirare fuori dai loro interpreti. Con questo non si vuole dire che gli attori non sappiano recitare, si vuole solo sottolineare come, in questa occasione, la recitazione sia stata particolarmente curata e sentita, tanto da sembrare sincera e terribilmente umana. Si avverte l’inquietudine che suscita una persona come Ragnar, ormai ridotto l’ombra di sé stesso, mentre si muove con fare imprevedibile. Si avverte il cameratismo e la reciproca connessione che i due hanno, quell’intesa tipica di due persone dal carattere ed esperienze simili che non hanno bisogno di parole per capirsi. Ma nonostante ciò si avverte anche quell’amarezza e quella malinconia di un passato condiviso che non è andato come si è sperato, un passato che ha lasciato spazio alla rabbia e all’invidia. Si avverte inoltre quel dispiacere quasi tendente alla vergogna dell’essere così simili, eppure così diversi, tanto da non riuscire completamente a trovare la perfetta intesa, lasciando quel divario che separa così tanto. L’obiettivo di questa sequenza era quello di creare uno scambio di battute che fosse un groviglio di emozioni umane, magari anche volutamente confuso e contraddittorio, ma che “depotenziasse” figure così potenti come Ragnar e Ecbert, facendoli apparire come esseri umani troppo deboli per portare pesi così pesanti.
Missione compiuta.
THUMBS UP
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THUMBS DOWN
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Ora si spiegano tante cose, come la lunghezza della stagione di venti episodi, puntate necessarie per organizzare e motivare la caduta di Ragnar attraverso la sconfitta a Parigi. Una caduta così rovinosa, tanto da arrivare a questo preciso istante. Nell’ora più incerta ritorna Vikings come certezza del panorama televisivo odierno.
Finalmente.
Two Journeys 4×13 | 2.05 milioni – 0.6 rating |
In The Uncertain Hour Before The Morning 4×14 | 2.14 milioni – 0.6 rating |
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Una delle migliori puntata di tutta la serie, sia come scrittura che recitazione.
Tra l'altro una delle puntate che probnabilmente ha il compito di chiudere con il protagonista della serie e colonna portante.
Ciao Velester82! Grazie per il commento 🙂
Beh, poi non so se sei andato avanti con la serie, ma poi scoprirai che è esattamente come dici