Per recensire brutalmente, senza alcuna poesia e in pochissime righe questo episodio, si può semplicemente dire che Michael Hirst si è lasciato ispirare dalla moda dei remake e dei reboot del 2016. Per “All His Angels” lo sceneggiatore britannico non ha fatto altro che prendere il Miglio Verde e riscriverlo in chiave vichinga. Ma detta così non sarebbe nello stile di RecenSerie e, sopratutto, non renderebbe giustizia a quello che è inequivocabilmente uno degli episodi più belli di tutto Vikings. Gli aspetti da considerare in questa 4×15 sono tanti e necessitano tutti di un discorso a parte. Per rendere meno tediosa la recensione l’abbiamo divisa in paragrafi in cui analizzeranno singolarmente i vari concetti.
Vichingo morto sul miglio verde
A fine visione qualcuno potrebbe chiedersi se non fosse meglio evitare di mostrare la riconquista di Kattegat da parte di Lagertha e mostrare invece un unico episodio in cui Ragnar parla con Ecbert e poi va incontro alla sua morte. Osservazione decisamente mirata al risparmio di episodi e minutaggio ma comunque inaccettabile poiché l’elemento centrale di “All His Angels” è la morte del protagonista di Vikings. Non importa se una stagione ha a disposizione venti o cinque episodi, quando si parla della dipartita di un personaggio che diventa importante per l’economia della serie bisogna fare l’impossibile per garantire il giusto pathos e per far sì che questa sconvolga lo spettatore e rimanga impressa nella sua memoria. A maggior ragione, quando chi muore è il protagonista.
Ergo, già da come Hirst si è giocato la morte di Ragnar ritagliando attorno a questo momento un’intera puntata, si conferma la sua bravura visto che ha saputo destreggiarsi bene tra le puntate e fare in modo che la quindicesima fosse dedicata al trapasso di Ragnar Lothbrok. Inoltre, con questo episodio, si rafforza ulteriormente quanto detto in precedenza sulla costruzione dei venti episodi, scelta all’inizio non compresa pienamente ma che ora comincia a dare i suoi frutti.
Golgota
Sempre quel qualcuno potrebbe recriminare all’episodio il fatto che forse abbia tirato troppo per le lunghe la morte di Ragnar, trasformando il tutto in una prolissa tortura. A quel qualcuno, consigliamo di cambiare spacciatore. È vero che la quarta stagione di Vikings si è spesso contraddistinta per un lentezza di episodi e di eventi ma, a costo di essere noiosi e ripetitivi, si ripete che “All His Angels” sancisce la morte del protagonista della serie e che, quindi, bisognava mostrare verso questo evento tutto il riguardo possibile. In più, se si spoglia Ragnar della sua veste di protagonista e lo si analizza come semplice personaggio (come “uno dei tanti”, insomma) sulla sua morte è stato fatto un lavoro di autentica sartoria.
Ragnar Lothbrok si è dimostrato, nel corso di questi quarantaquattro episodi, come un personaggio complesso, pieno di sfaccettature e sfumature, oltre che character dalla mente così affilata e dal carattere così magnetico da risultare spesso indecifrabile (basti vedere il modo in cui conquista Parigi per la prima volta in “The Dead”). Questo l’ha reso un personaggio, piaccia o non piaccia, carismatico e in grado di dividere le masse tanto per le sue lungimiranti scelte, quanto per le discutibili prese di posizione. E come tutte le grandi figure storiche di imponente influenza, la sua fine è stata orchestrata in rapporto all’importanza del nome che si è costruito, che qui si può paragonare alla morte di icone come Giulio Cesare. Pertanto ben venga la lentezza e ben vengano scene di tortura, di scherno e di ripicca da parte dei nemici e quant’altro possa rendere le sevizie di Ragnar tanto drammatiche quanto il viaggio di Gesù Cristo al Monte Calvario.
Come tocco di classe, disseminati nell’episodio ci sono diversi richiami agli episodi delle stagioni precedenti rilasciati sotto forma di rapido ricordo, citando alcuni dei momenti che hanno aiutato il personaggio nel suo processo di formazione. E qui sta il tocco di classe: non veloci sequenze importanti per lo spettatore ma solo per Ragnar.
E anche se mi sentivo al caldo e al sicuro, sapevo che doveva finire
E qui arriviamo forse punto più delicato di tutta la recensione perché la dipartita del personaggio di Travis Fimmel si ritaglia un posto tutto suo nelle diversi tipologie di morte. Ragnar Lothbrok, come è ormai risaputo, è un personaggio semi-leggendario, caratteristica che ha promulgato la fortuna della serie e che ha permesso a Michael Hirst di bilanciare egregiamente l’attinenza storica con trame inventate di sana pianta per il puro intrattenimento dello spettatore. Proprio per questo motivo, alcune delle fonti biografiche del personaggio sono infatti reperibili su Wikipedia perché storicamente certificate; tra questi è possibile leggere uno stralcio sulla sua morte, breve ma comunque esaustivo. Alla luce di ciò, chiunque sia un minimo fan della serie o un curioso compulsivo, sicuramente sarà incappato in questa informazione. Non importa se lo spettatore è in pari con la serie o la sta recuperando, e non importa a che punto del serial quest’ultimo abbia reperito l’informazione. L’importante è che, ad un certo punto, si viene a scoprire che Ragnar morirà prima del tempo. Questo dovrebbe far sentire tutti più “preparati” a vederlo andarsene via? Dipende dallo sceneggiatore.
Anche qui, da quella che può sembrare un’inezia, si vede comunque l’abilità di Michael Hirst come showrunner, meritandosi a pieno titolo l’appellativo di masterplotter. Uno sceneggiatore capace, che ritorna più e più volte sulla sua opera per analizzarla ulteriormente e tirare fuori il meglio da essa, avrebbe realizzato che il punto di forza della serie è anche il suo punto più debole. Non importa quanto semi-leggendario possa essere Ragnar Lothbrok, perché alla fine il personaggio non è inventato di sana pianta e presenta all’interno della sua biografia degli “appuntamenti” che vanno comunque rispettati, in quanto storicamente documentati. Fosse stato Ragnar un personaggio inventato da Hirst stesso non saremmo qua a fare questo discorso ma essendo un personaggio le cui informazioni sono di dominio pubblico, chiunque può incorrere nello “spoiler” della sua morte, rovinandosi quella che poteva essere una potenziale sorpresa. Non potendo ovviamente controllare tutto e non potendo mentire ai propri spettatori, Hirst si fa furbo e onesto, facendo morire Ragnar come dicevano le testimonianze ma lavorando su tutto quello che c’era prima, aggiungendo quell’atmosfera epica e pregna di pathos. Presi due piccioni con una fava. Ragnar muore nel modo conosciuto dalle fonti documentate ma anche con grande impatto scenico.
Ed è qui che torna la domanda di prima: questo dovrebbe far sentire più “preparati” a vederlo andarsene via? In questo caso la risposta è no, poiché Hirst non ha mai trattato il suo prodotto con sufficienza, lavorando dove le fonti non arrivavano.
Anche se il futuro sembra lontano, in realtà comincia proprio adesso
“E ora?”. È la domanda che si è fatto ogni spettatore alla fine di “All His Angels”. E adesso che il protagonista è morto, cosa farà Vikings? Come si comporterà, considerando sopratutto la quinta stagione di venti episodi già confermata? La risposta la troviamo nella sigla. “After the night when I wake up, I’ll see what tomorrow brings“.
THUMBS UP
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THUMBS DOWN
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Buia come un abisso che va da un polo all’altro,
Ringrazio qualsiasi dio esista
Per la mia indomabile anima.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e di lacrime
Incombe solo l’Orrore delle ombre,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.»
“Invictus” di William Ernest Henley (1888)
In The Uncertain Hour Before The Morning 4×14 | 2.14 milioni – 0.6 rating |
All His Angels 4×15 | 2.25 milioni – 0.6 rating |
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Uno degli episodi migliori, anche se sapevo da tempo come sarebbe finita mi ha lo stesso sconvolto. Un grande plauso secondo me va fatto a Travis Fimmel, che ha reso questo personaggio unico, spesso più con le espressioni del corpo che a parole. Ho due rimpianti:
1) Non aver dato una chiusura al rapporto ragnar-lagherta, avrebbe meritato qualcosa in più a mio parere
2) Il rapporto ragnar-ivarr, sarebbe stato interessante vedere la sua evoluzione in un numero maggiore di episodi.
Grazie come sempre per le vostre recensioni!
Ciao Mala e grazie per i complimenti, sempre bene accetti 🙂 per quanto riguarda le tue osservazioni:
0) Travis Fimmel ha dato tutto sé stesso per questo personaggio. I complimenti li abbiamo addirittura dovuti inventare perché ne eravamo a corto, visto che quasi ogni recensione ci trovavamo a spargerli come margherite. Qui non ne abbiamo fatti ulteriormente per concentrarci sulla morte del suo personaggio.
1) Una sorta di "conclusione" c'è stata in "The Outsider" (4×11), dove Ragnar la saluta con un bacio. All'epoca non si poteva capire come scena, ma ripensandola a posteriori dopo la 4×15, ha tutto più senso. Chiaro che rimane comunque un senso di vuoto, di poca completezza. Però a volte la morte è così, lascia dei rimpianti.
2) Indubbiamente si. Ma magari proprio questa mancata relazione sarà uno dei leitmotiv di Ivar, chi lo sa? 😉
Un prego per le nostre recensioni, ma sopratutto grazie a te per la tua lettura e il tuo commento!